Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA Sez. II, 2 marzo 2005, n. 83. Pres. Agnoli - Est. Arcieri - Signorini (avv. Morri) c. Carlini G. ed altro (avv.ti Berti Arnoaldi Veli, Pennisi e Festa).

Obbligazioni del locatore - Vizi della cosa locata - Vizio inerente alla carenza dei requisiti amministrativi occorrenti all'uso convenuto - Onere di diligenza gravante sul conduttore - A meno di espressa garanzia fornita dal locatore.

Stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso commerciale (nella specie parrucchiere, manicure e pedicure), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche dei locali siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi, nonché per ottenere le prescritte autorizzazioni amministrative. Al contrario, analoga diligenza non può essere richiesta in capo al locatore, a meno che le parti non abbiano convenuto - come espressa obbligazione accessoria a suo carico - la garanzia che l'immobile presenti (o sia in potenziale condizione di acquisire) le condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative, non potendo a tal fine reputarsi sufficiente la semplice indicazione d'uso dei locali. (C.c., art. 1578) (1).

    (1) Si rinvia ai puntuali riferimenti citati in motivazione. In particolare, Cass., 8 marzo 2002, n. 3441, in Giust. civ. Mass. 2002, 429 e Cass., 11 aprile 2000, n. 4598, in Giust. it. 2000, 2232.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato in data 7 marzo 2002, Signorini Filippo - nella qualità di conduttore di un negozio con sottostante garage, siti nella Via Strapponi n. 9/c di Rimini - conveniva innanzi al Tribunale di quella città i locatori, Carlini Gigliola e Carlini Roberto, assumendo che:

- il contratto, concluso l'11 agosto 1998, prevedeva l'uso per l'esercizio di parrucchiere, manicure e pedicure;

- il prezzo della locazione ammontava a lire 25.800.000 annui, da corrispondersi in rate mensili anticipate;

- in occasione dei lavori necessari per l'esercizio dell'attività, aveva verificato la totale inadeguatezza dell'impianto elettrico, per il cui rifacimento aveva affrontato una spesa di lire 1.000.800;

- dopo la conclusione del contratto, da un'indagine tecnica del geom. Cialotti, era emerso che, dei 100 mq. di superficie del locale, solo 51 erano destinati ad uso negozio, ed i restanti ad uso magazzino.

Su tali basi l'attore - rilevando una sostanziale difformità tra l'uso autorizzato dai locatori e le reali condizioni dell'immobile, comportante una riduzione dello spazio da adibire all'attività commerciale - chiedeva:

- la riduzione del canone rispetto a quello convenuto, con conseguente condanna dei convenuti alla restituzione delle somme corrisposte in eccedenza;

- la condanna dei locatori al risarcimento del danno, da quantificarsi in via equitativa, correlato al minor guadagno conseguente alla riduzione dello spazio da adibire all'esercizio dell'attività commerciale;

- l'ulteriore loro condanna al risarcimento del danno consistito nelle spese per il rifacimento dell'impianto elettrico ed in quelle della perizia di parte redatta dal geom. Cialotti, per complessive lire 1.551.600.

I convenuti si costituivano rilevando l'irregolare introduzione del giudizio con citazione, anziché con ricorso, e, nel merito, l'infondatezza della avversa domanda, posto che:

- il Signorini, nello stesso contratto di locazione, aveva dichiarato di trovare l'immobile in buono stato di manutenzione ed idoneo all'uso, sicché non poteva dolersi delle pretese carenze dell'impianto elettrico, peraltro nemmeno provate;

- circa la parziale destinazione catastale del locale all'uso di esercizio di parrucchiere, nessuna garanzia di idoneità era stata assunta da essi locatari.

Dopo la trasformazione del rito ex artt. 447 bis e 426 c.p.c., la causa veniva portata in decisione all'udienza di discussione del 18 giugno 2003.

Con l'impugnata sentenza il Tribunale rigettava tutte le domande, e conseguentemente condannava il richiedente alla rifusione delle spese processuali sostenute dai convenuti. A sostegno di tale decisione rilevava che:

- 1. le domande di riduzione del canone, di restituzione delle somme asseritamente pagate in eccesso e di risarcimento in via equitativa del mancato guadagno conseguente alla riduzione degli spazi da adibire all'esercizio l'attività, erano priva di fondamento, in quanto:

- a. a norma dell'art. 1578 c.c., i vizi della cosa locata che consentono la risoluzione del contratto o la riduzione del canone sono quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa medesima, così da menomarne il godimento secondo la destinazione contrattuale: secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, tra tali vizi non rientrano la mancanza della licenza occorrente all'uso convenuto, e finanche dei requisiti necessari per il suo rilascio, a meno che ciò non abbiano formato oggetto di specifica pattuizione, con correlativa assunzione di una corrispondente obbligazione da parte del locatore (Cass. civ., 11 aprile 2000 n. 4598);

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- b. nella fattispecie concreta non sussisteva traccia di un simile accordo, non bastando, al riguardo, la semplice enunciazione dell'uso dell'immobile, finalizzata piuttosto a porre una limitazione alla facoltà d'utilizzo da parte del conduttore;

- 2. la domanda di risarcimento del danno per l'asserita inadeguatezza dell'impianto elettrico era parimenti destituita di fondamento, in quanto:

- a. con il consenso ad un determinato uso, il locatore non assume alcun obbligo circa l'idoneità del locale, e non è quindi tenuto alle trasformazioni relative (Cass. civ., 7 marzo 2001, n. 3341), spettando, invece, al solo conduttore la verificazione della suddetta idoneità;

- b. nella fattispecie concreta, al punto 6 delle condizioni contrattuali, il conduttore aveva dato atto di aver trovato i locali adatti al proprio uso, obbligandosi ad eseguire a proprio carico i lavori necessari alla destinazione convenuta;

- c. ad abundantiam, il conduttore non aveva fornito alcuna prova circa la dedotta inadeguatezza dell'impianto elettrico.

Avverso tale decisione interponeva rituale appello Signorini Filippo, esponendo motivi così riassumibili:

- I. erroneità dell'affermazione che la mancanza di particolari requisiti amministrativi possa rientrare nei vizi di cui all'art. 1578 c.c., a fronte del costante indirizzo giurisprudenziale di segno contrario (Cass. civ., 26 novembre 2002 n. 16677; 6 novembre 2002 n. 15558; 12 settembre 2000, n. 12030);

- II. erroneità dell'assunto che, nella fattispecie concreta, la specifica destinazione d'uso del negozio non valesse a costituire un preciso impegno, per il locatore, di sussistenza dei requisiti amministrativi, tanto alla stregua delle espressioni letterali usate quanto alla luce del generale principio di interpretazione secondo buona fede. Al riguardo, l'espressa indicazione dell'immobile come «un vano negozio di mq. 100» da adibire «ad uso esclusivo di salone da parrucchiere per signora, manicure, pedicure estetico» rendeva evidente che l'intera superficie dovesse avere quella destinazione;

- III. erroneo rigetto delle spese relative al rifacimento dell'impianto elettrico, in quanto:

- a. dette spese non concernevano le specifiche necessità dell'attività esercitata - come erroneamente ritenuto dal Tribunale - ma la semplice conformità alla normativa vigente per qualsiasi specie di esercizio;

- b. il rilievo circa la mancanza di prova delle spese in questione era del tutto privo di motivazione, a fronte della mancata ammissione delle istanze istruttorie formulate in primo grado (e, conseguentemente, riprodotte con l'atto di gravame).

Gli appellati si costituivano contestando ogni avversa deduzione e richiesta, sulla base di rilievi così riassumibili:

- A. per giurisprudenza costante (Cass. civ., 18 aprile 2001, n. 5682; 6 marzo 1995, n. 2605; 23 marzo 1980, n. 1951), i vizi rilevanti ex art. 1578 c.c. non rientrano quelli inerenti ad una destinazione catastale diversa da quella necessaria per l'uso convenuto; ciò in quanto, in assenza di specifica pattuizione, compete a chi voglia prendere in locazione un immobile verificarne, con l'ordinaria diligenza, l'idoneità dal punto di vista giuridicoamministrativo (Cass. civ., 8 marzo 2002, n. 3441);

- B. nella fattispecie concreta, i locatori non avevano assunto alcuna specifica obbligazione riguardo alla suddetta idoneità, in quanto la destinazione del locale «ad uso esclusivo di salone di parrucchiere per signora» aveva la semplice funzione di circoscrivere l'uso consentito al conduttore;

- C. quanto all'impianto elettrico preesistente nel locale:

- a. la sua idoneità risultava indirettamente provata dai precedenti rapporti di locazione;

- b. la richiesta di risarcimento era, comunque, destituita di fondamento, a fronte della dichiarazione del Signorini di accettare i locali nello stato di fatto e di diritto in cui si trovavano, di cui al punto 6 del contratto;

- c. difettava ogni prova circa la pretesa inidoneità dell'impianto ed i lavori eseguiti, in quanto la fattura prodotta ex adverso faceva riferimento ad una generica ristrutturazione.

All'udienza collegiale del 21 gennaio 2005 la causa veniva discussa e quindi decisa nei termini e per i motivi di seguito indicati.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Preliminarmente, occorre rilevare che non è pervenuto in atti il fascicolo d'ufficio di primo grado, ancorché tempestivamente richiesto. Tale mancanza, tuttavia, non pregiudica la possibilità di pervenire alla decisione, dal momento che lo svolgimento del fatto può essere adeguatamente ricostruito sulla base della sentenza di primo grado e della documentazione inserita nei fascicoli di parte; le questioni demandate al giudizio della Corte, peraltro, hanno esclusiva natura di diritto, sulla base di acquisizioni pacifiche tra le parti.

In sede espositiva è stata effettuata una elencazione dei motivi posti a sostegno della...

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