Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI GENOVA Sez. III, decr. 14 giugno 2006. Pres. Rovelli - Est. Bonavia - Li Voti (avv.ti Scripelliti, Bellandi e Nasini) c. Ministero della Giustizia (Avv. distr. Stato).

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Esecuzione - Sfratto per morosità - Equa riparazione per eccessiva durata del procedimento - Legge Pinto - ApplicabilitàDurata ragionevole per immobile abitativo - Individuazione. Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Esecuzione - Sfratto per morosità - Equa riparazione per eccessiva durata del procedimento - Legge Pinto - Danno non patrimoniale - Liquidazione.

Ai fini dell'applicabilità dell'istituto dell'equa riparazione di cui alla c.d. legge Pinto, la durata ragionevole di un procedimento di esecuzione di sfratto per morosità relativo ad immobile abitativo può valutarsi in mesi otto. (L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2) (1). In tema di equa riparazione di cui alla L. n. 89/ 2001, il danno non patrimoniale dato dalla situazione di disagio psicologico e frustrazioni subiti dal proprietario a causa dell'ingiustificato protrarsi del procedimento di esecuzione forzata di un provvedimento di rilascio di immobile ad uso abitativo, danno insito nel disporre del titolo che riconosce il diritto senza poterne ottenere l'attuazione, può essere equitativamente liquidato in euro 1.200,00 per ogni anno di durata del processo eccedente il termine ragionevole. (L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2) (2).

    (1) Con riferimento alla diversa ipotesi dello sfratto per finita locazione, v. App. Trento 15 marzo 2005, in questa Rivista 2005, 435, che fissa in un anno la durata ragionevole del relativo procedimento.

(2) Cfr. sull'argomento SFORZA FOGLIANI CORRADO, Problemi di locazione e di condominio, paragrafo 6, in questa Rivista 2006, 479.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Vittorio Li Voti, con ricorso depositato il 4 aprile 2006, formulava richiesta di equa riparazione, ai sensi degli artt. 2 ss. della legge n. 89 del 24 marzo 2001, sostenendo di avere subito pregiudizio per l'eccessiva durata dell'esecuzione del provvedimento di convalida di sfratto per morosità, emesso dal Tribunale di Firenze all'udienza del 17 febbraio 2005 con fissazione del termine per il rilascio alla data del 19 marzo 2005, procedimento tuttora in corso, deducendo: che esso ricorrente, conseguita l'8 marzo 2005 la apposizione della formula esecutiva, aveva provveduto in data 31 marzo 2005 alla notificazione del precetto per rilascio; che in data 20 aprile 2005 era stato richiesto all'Ufficio esecuzione della Corte di appello di Firenze di procedere all'esecuzione forzata per rilascio, essendo stato altresì consegnato all'Ufficio il preavviso di rilascio ex art. 608 c.p.c., destinato ad essere completato dall'ufficiale giudiziario con la data e la sottoscrizione, per essere, poi, notificato all'esecutato con l'indicazione del giorno dell'esecuzione; che l'Ufficio aveva indicato la data dell'esecuzione nel giorno 16 giugno 2005, a quasi due mesi dalla richiesta; che esso ricorrente con lettera del 3 giugno 2005 aveva richiesto espressamente all'Ufficio esecuzioni di disporre l'assistenza della forza pubblica; che in data 16 giugno 2005 l'ufficiale giudiziario aveva proceduto al primo accesso, verbalizzando l'impossibilità di eseguire lo sfratto per l'assenza della forza pubblica e rinviando l'esecuzione alla data del 26 settembre 2006, ossia a quindici mesi dal primo accesso ed a diciotto mesi dalla richiesta di esecuzione; che frattanto l'occupante abusivo dell'immobile di proprietà di esso ricorrente perseverava nella morosità relativa al pagamento del canone di locazione, pattuito con contratto del 27 maggio 2002 nell'importo mensile di euro 810,27, morosità risalente a far data dal giugno 2004; che la durata di oltre venti mesi dalla procedura di sfratto per morosità in questione non risultava conforme al dettato dell'art. 6.1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, specie in considerazione dei caratteri dello sfratto per morosità, non implicante la necessità di contemperare le contrapposte esigenze del proprietario e del conduttore, presente, invece, nella fattispecie della finita locazione; che, infatti, esso ricorrente, oltre all'indisponibilità dell'appartamento di sua proprietà, risentiva il danno emergente, consistente nella mancata percezione dei canoni, ammontanti, compreso il rateo del mese di aprile 2006, ad euro 18.636,21 - importo, destinato ad incrementarsi al settembre 2006 ad euro 22.687,56 - nonché oneri condominiali per ulteriori euro 4- 5.000,00, somme che in considerazione delle condizioni patrimoniali dello sfrattato andavano considerate del tutto irrecuperabili, salvo la dimostrazione del contrario da parte della amministrazione; che veniva reclamato siffatto danno patrimoniale nonché il danno non patrimoniale, indicati nell'importo complessivo di euro 12.000,00 ovvero in quello diverso ritenuto di giustizia.

Disposta l'acquisizione d'ufficio degli atti del citato procedimento civile, il Ministero della giustizia, costituendosi con memoria depositata il 12 maggio Page 664 2006, resisteva, eccepiva l'inammissibilità del ricorso per l'inapplicabilità dell'istituto dell'equa riparazione, di cui alla legge n. 89/2001, al procedimento esecutivo, specie in riferimento al richiamo effettuato dall'art. 6 della Convenzione alla sentenza, atto esclusivamente pertinente al processo di cognizione, concretando una forzatura del quadro di riferimento normativo l'indirizzo giurisprudenziale che, trascurando il dettato legislativo e le regole di ermeneutica, considerava l'esecuzione dello sfratto una necessaria appendice della procedura di convalida, in subordine, osservava che la procedura esecutiva, iniziata il 20 aprile 2005 e rinviata al 26 settembre 2006, era coerente con i criteri di ragionevole durata suggeriti dai principi in materia, sembrando il termine di poco più di un anno accettabile per l'esecuzione di uno sfratto con l'assistenza della forza pubblica, e, in ulteriore subordine, allegava che la violazione dedotta non era ascrivibile in senso stretto all'Amministrazione della giustizia né riconducibile allo Stato-Amministrazione, ma che, come era dato evincere dalle stesse asserzioni del ricorrente, nella durata del procedimento esecutivo determinante era la resistenza opposta dalla parte esecutata, la quale erasi avvalsa dei mezzi previsti dalla legislazione, ferma restando, quanto al danno patrimoniale - in ordine al quale venivano contestati, comunque, i conteggi unilateralmente effettuati dal ricorrente in carenza di supporto probatorio - la palese inammissibilità della pretesa di conseguire un risarcimento in realtà esigibile esclusivamente dalla parte intimata ed inadempiente.

All'udienza di comparizione in camera di consiglio le parti insistevano come nei rispettivi atti e la Corte si riservava di decidere.

A scioglimento della riserva, alla trattazione delle questioni poste dal presente procedimento occorre premettere che l'applicabilità della legge n. 89/2001 al procedimento esecutivo è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 11046 del 2002; Cass. n. 13768 del 2002; Cass. n. 14885 del 2002) la quale, segnatamente, ha evidenziato che scopo della tutela giurisdizionale e del processo è rendere concreto il comando astratto di legge, «dare per quanto è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello che è proprio quello che egli ha diritto di conseguire» alla stregua della legge sostanziale - come posto in luce in dottrina - sicché un sistema di tutela giurisdizionale deve provvedere non soltanto all'accertamento di chi ha ragione e di chi ha torto, ma anche alla soddisfazione concreta dei diritti, essendo finalizzati a tale risultato i processi di esecuzione forzata (artt. 474 ss. c.p.c. e, quanto all'esecuzione per consegna o rilascio, artt.605 e ss. di detto codice), appartenenti anch'essi alla giurisdizione e condotti sotto la direzione o con la vigilanza del giudice a garanzia della legittimità del loro svolgimento.

Invero, in tale prospettiva, proprio in tema di esecuzione degli sfratti, la Suprema Corte aveva già indicato il collegamento tra procedimento esecutivo e momento realizzativo del diritto, avendo chiarito che la concessione della forza pubblica da parte del Prefetto, su richiesta dell'ufficiale giudiziario, va intesa come di ausilio al provvedimento esecutivo dell'autorità giudiziaria ordinaria, vale a dire di prestazione di mezzi per l'attuazione in concreto del diritto sancito dal titolo esecutivo, allo scopo di dare attuazione alla funzione giurisdizionale (cfr. Cass., S.U., n. 5894 del 1996).

Con l'indirizzo giurisprudenziale, sopra menzionato, la Suprema Corte ha, altresì, affermato che ai fini del diritto ad un'equa riparazione, ai sensi della legge n. 89 del 2001, il giudice, nell'accertare la durata del procedimento esecutivo di sfratto onde verificarne la ragionevolezza, è tenuto a considerare anche il ritardo conseguente all'applicazione di atti legislativi o comunque normativi, ovvero di provvedimenti discrezionali dell'autorità amministrativa. Ciò in quanto già il dato letterale della norma di cui all'art. 2 L. n. 89 del 2001, nella sua ampia formulazione non ne consente una interpretazione restrittiva, circoscritta al riferimento agli ausiliari del giudice o ad altre autorità amministrative, ed al di là del dato testuale, il contesto nel quale la legge in argomento è stata emanata - poiché introdotta nell'ordinamento interno per dotare l'Italia di un rimedio contro la violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, secondo gli orientamenti emersi in sede europea (non altro significato potendosi attribuire all'univoco richiamo all'art. 6, par. 1, della Convenzione) - rendono palese che un'interpretazione della norma che escludesse dal suo ambito applicativo tutte le violazioni «di sistema», cioè le...

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