Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine535-540

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@CORTE DI APPELLO DI CATANZARO Sez. I, ord. 20 febbraio 2006. Pres. ed est. Zampi - Imp. Grande Aracri.

Misure cautelari personali - Estinzione - Termini di durata massima della custodia cautelare - Scarcerazione - Applicazione di altre misure cautelari ex art. 307, comma 1 bis, c.p.p. - Necessità - Esclusione.

In caso di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare ex art. 303 comma 4 c.p.p., non può trovare applicazione il disposto di cui all'art. 307 comma 1 bis c.p.p. nella parte in cui prevede la obbligatoria applicazione di misure cautelari minori per gli imputati dei reati elencati dall'art. 407 comma 2, lettera a)c.p.p.: infatti, l'art. 307 comma 2 c.p.p. prevede che, in caso di dolosa trasgressione delle prescrizioni imposte a norma del precedente primo comma, debba essere ripristinata la custodia cautelare (ricorrendo le esigenze di cui all'art. 274 c.p.p.), ma tale sanzione è inapplicabile al caso in esame a causa dello sbarramento previsto dal successivo comma 3 che, ponendo in ogni caso come limite invalicabile il termine massimo di durata previsto dall'art. 303 comma 4 c.p.p., esclude in limine ogni ipotesi di ripristino della custodia che ha già interamente assorbito l'intera durata possibile della fase cautelare. Ne deriva che la citata disciplina è applicabile soltanto in ipotesi di scarcerazione per decorrenza del termine di fase, essendo irragionevole, in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi, imporre l'applicazione di misure che l'imputato può poi liberamente trasgredire senza alcuna conseguenza. (C.p.p., art. 307; c.p.p., art. 407) (1).

    (1) Nulla risulta edito negli esatti termini.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. - La Corte, letti gli atti del procedimento penale a carico di Grande Aracri Ernesto; ritenuta la propria competenza in quanto il procedimento, definito in grado di appello con sentenza del 6 giugno 2005, è attualmente pendente a seguito di ricorso per cassazione presentato da vari imputati; vista l'istanza presentata dall'imputato e letto il parere del P.G.; rilevato che l'imputato, condannato in primo e in secondo grado per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso, è stato scarcerato per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare in data 18 gennaio 2006 con vari obblighi; osserva: l'art. 307 c.p.p. prevede che, in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare agli imputati dei delitti di cui all'art. 407 comma 2 lettera a) c.p.p. debbano essere applicate le misure alternative di cui agli artt. 282, 283 e 284 c.p.p.

Non vi sono dubbi che la imputazione per la quale il Grande Aracri ha riportato condanna nei due gradi di giudizio sin qui celebrati (art. 416 bis c.p.) rientri tra quelle alle quali sia applicabile la predetta disciplina: da un lato, infatti, l'art. 307 comma 1 bis c.p.p. non attribuisce alcun potere discrezionale al giudice - a differenza di quanto avviene per gli altri reati con il primo comma della medesima disposizione - e dall'altro lato sussiste una oggettiva pericolosità dell'imputato, desumibile in concreto anche dalle recenti note dei carabinieri che segnalano come il prevenuto abbia immediatamente ripreso i contatti con soggetti sospettati di appartenere al medesimo sodalizio mafioso, tale da palesare la concretezza e la necessità attuale delle esigenze cautelari.

Va però osservato che il Grande Aracri non è stato scarcerato per la decorrenza dei termini di fase, bensì per la decorrenza dei termini massimi di custodia previsti dall'art. 303 comma 4 c.p.p.

Orbene, sebbene l'art. 307 comma 1 e 1 bis c.p.p. non operi una distinzione tra le due ipotesi, tuttavia il successivo comma terzo prevede che, qualora l'imputato trasgredisca dolosamente gli obblighi impostigli all'atto della scarcerazione e sussistano le esigenze cautelari, debba essere ripristinata la custodia cautelare, ma che «con il ripristino della custodia... ai fini del computo del termine di cui all'art. 303 comma 4 si tiene conto anche della custodia anteriormente subìta».

Appare evidente, allora, che ai fini che qui interessano l'art. 303 comma 4 c.p.p. detta un termine invalicabile ed offre il parametro interpretativo della disposizione, dovendosi argomentare, peraltro in armonia con il dettato di cui all'art. 13 Cost. e con i principi generali dettati in materia di durata delle misure custodiali, che qualunque siano gli accadimenti processuali e le esigenze cautelari, la custodia non possa mai andare oltre quei limiti.

Inevitabile corollario di tale ermeneusi è, quindi, la conclusione che l'applicazione delle misure di cui agli artt. 281, 282 e 283 c.p.p. in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia ex art. 307 c.p.p. sia possibile soltanto se si tratti dei termini di fase e non anche dei termini massimi, poiché in questa ultima ipotesi sarebbe poi impossibile ripristinare la misura in caso di violazione: ed è appena il caso di rilevare che sarebbe del tutto illogico e contraddittorio - dunque in contrasto con l'art. 3 Cost. - ritenere che sia possibile applicare lePage 536 misure «minori» e sia poi impossibile, in caso di loro violazione, ripristinare la custodia cautelare, vanificando di fatto ogni efficacia di dette misure.

L'unica soluzione alternativa offerta dal sistema è quella di legare l'art. 307 c.p.p. non all'art. 303 comma 4 c.p.p., bensì all'art. 304 comma 6 c.p.p., ovvero all'unica norma che consente delle deroghe ai termini di cui all'art. 303 comma 4 c.p.p.: non ritiene la Corte tuttavia che tale soluzione sia praticabile, poiché l'art. 304 comma 6 c.p.p. è dettato per alcune ipotesi specifiche e peculiari, legate tassativamente ai casi di sospensione della decorrenza della custodia cautelare, e, trattandosi di norma a carattere eccezionale di deroga al generale sistema delineato dall'art. 303 c.p.p., insuscettibile di applicazione analogica a sfavore dell'imputato, ed inoltre poiché l'art. 307 c.p.p., operando un espresso richiamo al solo art. 303 comma 4 c.p.p., mostra chiaramente l'intento del legislatore di impedire un richiamo anche all'art. 304 comma 6 c.p.p. ai fini ivi delineati.

Ne deriva, in definitiva, la necessità di accogliere l'istanza del Grande Aracri e di revocare gli obblighi imposti con le ordinanze del 16 dicembre 2005 e del 3 febbraio 2006.

Osserva ancora la Corte che analoga determinazione deve essere adottata nei confronti di Lazzarini Domenico, scarcerato con obblighi nell'ambito del medesimo procedimento con l'ordinanza del 16 dicembre 2005 per decorrenza dei termini massimi di custodia: sebbene non siano pervenute istanze da parte dell'imputato, la decisione adottata in relazione alla speculare posizione del Grande Aracri evidenzia la...

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