Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine69-90

Page 69

@CORTE DI APPELLO DI FIRENZE Sez. II, 11 luglio 2007, n. 1244. Pres. ed est. Cappelli - Ministero dell'interno ed altro (Avv. gen. Stato) c. Saccomanno Rocchi Burlamacchi M. ed altro (avv.ti Scripelliti e Bellandi).

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Sfratto - Assistenza della forza pubblica - Mancata o tardiva esecuzione dello sfratto - Risarcimento del danno - Onere probatorio della P.A. - Individuazione.

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Sfratto - Mancata o tardiva esecuzione - Risarcimento del danno.

Il privato portatore di un titolo esecutivo giudiziario ha un diritto soggettivo pieno ad ottenere dallo Stato le attività necessarie all'esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle relative all'uso della forza pubblica e nel giudizio promosso per il risarcimento del danno derivatogli dalla mancata o tardiva esecuzione dello sfratto, non è qui tenuto a dimostrare come il diniego fosse ingiustificato, quanto la P.A. convenuta è onerata della prova che l'autorità di P.S., richiesta dell'assistenza, era impossibilitata a prestarle per causa di forza maggiore o per ineludibili esigenze di servizi. (C.c., art. 2930; c.p.c., art. 475; c.p.c., art. 608) (1).

In tema di risarcimento del danno conseguente all'ingiustificato procrastinarsi dell'esecuzione dello sfratto, il danno risarcibile è solo quello realizzato nel periodo compreso tra la prima e l'ultima data fissate per l'esecuzione in cui sarebbe dovuta essere fornita la forza pubblica, escludendosi il periodo successivo in cui si è soprasseduto all'esecuzione o in conseguenza di accordi tra le parti (se non proprio di cause di forza maggiore) o a seguito di provvedimento giudiziale di sospensione dello sfratto, ragioni tutte che avrebbero comunque reso indifferente la presenza o meno della forza pubblica. (C.c., art. 2930; c.p.c., art. 475; c.p.c., art. 608) (2).

    (1) In tal senso anche Cass. 26 febbraio 2004, n. 3873, in questa Rivista 2004, 312.


    (2) Per utili riferimenti, v. App. Trento, sez. II, 15 marzo 2005, n. 40, in questa Rivista 2005, 435.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato l'11 luglio 2002 il Ministero dell'interno e il Ministero della giustizia convenivano innanzi alla Corte d'appello di Firenze Maria e Pietro Saccomanno Rocchi Burlamacchi, impugnando la sentenza n. 628/ 02, con la quale il Tribunale di Firenze li aveva condannati, in solido, a pagare la somma di lire 12.470.000 (pari a Euro 6.440,22), oltre interessi legali dalla scadenza delle singole mensilità alla data di pubblicazione della sentenza, a titolo di risarcimento dei danni conseguenti alla ritardata richiesta e messa a disposizione della forza pubblica per dare esecuzione allo sfratto intimato alla conduttrice Maria Grazia Fabrizzi.

Con i primi due motivi deducevano l'errata interpretazione delle disposizioni in materia, vigenti all'epoca della vicenda (segnatamente il D.L. 81/96), relativamente al potere discrezionale conferito al Prefetto nel determinare i tempi, le condizioni e le modalità dell'impiego della forza pubblica, con la conseguenza che, seppure l'ufficiale giudiziario avesse richiesto l'intervento della forza pubblica, nulla garantiva il suo automatico e immediato impiego.

Con il terzo motivo assumevano l'eccessiva quantificazione del danno, fatta decorrere, con riferimento al valore locativo del bene, dal 22 maggio 1996, non avendo considerato che in occasione dei primi accessi lo sfratto non aveva potuto essere eseguito per assenza della conduttrice.

Con un ultimo motivo lamentavano l'errata condanna del Ministero della giustizia, in quanto l'ufficiale giudiziario si era attivato a richiedere la forza pubblica per tutti gli accessi successivi al 22 maggio 1996, mentre la condanna riguardava anche il successivo periodo, a partire dall'11 novembre 1996.

Resistono entrambi gli appellati. Formulate le conclusioni all'udienza del 7 marzo 2007 e decorsi i termini per il deposito delle memorie finali, la causa era decisa nell'odierna camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - L'appello è solo parzialmente fondato.

È fortemente dubbio che le disposizioni in materia di poteri prefettizi in merito all'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili urbani adibiti ad abitazione, al fine di inferirne l'esistenza di un potere discrezionale di determinazione dei tempi, delle condizioni e delle modalità di concessione della forza pubblica, siano applicabili al caso concreto in cui lo sfratto era stato disposto per morosità e non per cessazione del contratto alla scadenza.

Invero, attraverso il riferimento, contenuto nell'art. 2 D.L. 81/96 (che reiterava il D.L. 546/95, non convertito) all'art. 3 D.L. 551/88 (conv. in L. 61/89), che a sua volta richiama le ipotesi di cui all'art. 1 stesso D.L., la disciplina invocata dalle appellanti amministrazioni sembrerebbe trovare applicazione solo relativamente all'esecuzione «... delle sentenze di condanna al rilascio di immobili urbani... per cessazionePage 70 del contratto alla scadenza, nonché l'esecuzione delle ordinanze di licenza o di sfratto... per finita locazione...».

  1. - Tuttavia, anche ad ammettere l'applicabilità della c.d. graduazione dello sfratto, sta di fatto che non è stata assolutamente fornita la prova dell'impossibilità dell'autorità di P.S. di prestare la propria assistenza per causa di forza maggiore o per ineludibili esigenze di servizio.

    Il privato portatore di un titolo esecutivo giudiziario ha un diritto soggettivo pieno ad ottenere dallo Stato le attività necessarie all'esecuzione forzata del provvedimento, comprese quelle relative all'uso della forza pubblica e nel giudizio promosso per il risarcimento del danno derivatogli dalla mancata o tardiva esecuzione dello sfratto, non è lui tenuto a dimostrare come il diniego fosse ingiustificato, quanto la P.A. convenuta è onerata della prova che l'autorità di P.S., richiesta dell'assistenza, era impossibilitata di prestarla (C. 04/ 3873).

    2.1. Va al riguardo rilevato che il concorso della forza pubblica costituisce uno strumento per realizzare il fine specifico della procedura esecutiva, che non si consegue con la semplice offerta di cooperazione da parte degli organi competenti, ma con l'effettiva attuazione del titolo esecutivo.

    Trattasi di un dovere primario, giacché se fosse riconosciuto all'autorità amministrativa (al di là delle ipotesi di reale e giustificata indisponibilità) un potere di apprestare o non apprestare la forza pubblica quando legittimamente richiesta per la concreta attuazione del provvedimento del giudice, tutta l'attività giurisdizionale ne risulterebbe sostanzialmente vanificata. Di un dovere dei pubblici poteri al quale corrisponde un diritto di altri soggetti, come può ricavarsi dalla formulazione degli artt. 475 e 608 c.p.c., la cui portata è quella di conferire non un generico vantaggio all'esecutante, ma un vantaggio espressamente finalizzato all'attuazione del titolo esecutivo e quindi concesso a protezione dell'interesse in esso riconosciuto, interesse che assume una propria peculiare individualità e riceve diretta tutela attraverso l'imposizione di una particolare prestazione.

  2. - È principio incontestato che spetta all'ufficiale giudiziario incaricato dell'esecuzione richiedere, quando occorre, l'assistenza della forza pubblica. Nel caso in esame risulta, per dichiarazione del teste Golini, dirigente dell'ufficio esecuzioni, che fin dall'11 novembre 1996 era stata sempre richiesta la forza pubblica in vista dei futuri tentativi di reintegrazione dei locatori nel possesso dell'immobile.

    È peraltro altrettanto pacifico (perché risultante documentalmente) che dopo la notifica del precetto (6 marzo 1996) e la comunicazione del preavviso, l'ufficiale giudiziario procedette a quattro accessi (17 aprile, 22 maggio, 11 novembre 1996 e 13 febbraio 1997) senza che sia mai comparsa la forza pubblica nonostante che in ciascuno dei verbali si dia atto del rinvio «... dovendosi disporre della forza pubblica...»; questa poi risulta intervenuta, per la prima volta, in occasione del successivo accesso del 16 maggio 1997.

    Per completezza è necessario rilevare che in tale ultima data lo sfratto, con il consenso del procuratore dei locatori, veniva differito al 20 giugno 1997, in quanto la Fabrizzi si trovava a letto ammalata; il verbale di accesso in tale ultima data non risulta prodotto; risulta invece un nuovo tentativo di esecuzione il 24 luglio 1997, risoltosi in un rinvio concordato tra le parti all'1 agosto 1997; in quell'occasione fu effettuato un ennesimo rinvio, motivato con l'esistenza di un provvedimento giudiziale di sospensione dello sfratto fino al 15 settembre 1997; infine l'esecuzione avveniva il 18 settembre 1997.

    3.1. Da quanto precede risulta come l'ingiustificato procrastinarsi dell'esecuzione dello sfratto sia imputabile, in parte, al ritardo con cui l'ufficiale giudiziario richiese, l'assistenza della forza pubblica, e in parte a quello dell'autorità di P.S. per non aver messo tempestivamente a disposizione personale dipendente per coadiuvare l'attività dell'organo giudiziario.

    Né può valere a giustificare la non necessaria presenza della forza pubblica, la circostanza che in occasione dei primi due accessi lo sfratto non potè eseguirsi per assenza della conduttrice, poiché, al contrario, il rilievo aggrava la colpa dell'ufficiale giudiziario, abilitato a far uso di tutti i poteri consentiti dall'art. 513 c.p.c. Va, pertanto, confermato il diritto degli appellati al risarcimento dei danni conseguenti al ritardo con cui sono stati messi in condizione di disporre dell'immobile.

    3.2. Quanto all'ammontare del danno, consistente nella mancata percezione del reddito che i proprietari avrebbero potuto ritrarre dalla locazione del bene, pur condividendosi l'opinione del tribunale, secondo cui, anche in assenza di concrete trattative (essendo difficile pervenire ad accordi in presenza di un'occupazione abusiva) può ben ritenersi, in via...

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