Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1053-1084

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 21 agosto 2003, n. 34621 (ud. 27 maggio 2003). Pres. Fattori - Est. Iacopino - P.M. (conf.) - Ric. Campisi

Obblighi del conducente in caso di incidente - Obbligo di fermarsi - Inottemperanza - Fattispecie in tema di breve sosta insufficiente per prestare soccorso.

L'obbligo, penalmente sanzionato, a carico del conducente di un veicolo che abbia dato luogo ad un incidente con danno alle persone, di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente (art. 189, commi 1 e 5 c.s.), non può dirsi osservato quando il conducente si limiti ad una breve sosta che non gli consenta di rendersi conto delle condizioni fisiche della persona ferita e della eventuale necessità di prestarle soccorso, né consenta la propria identificazione e la ricostruzione, ad opera degli organi di P.G., della ricostruzione del sinistro. (Nella specie, in applicazione di tale principio, è stato respinto il ricorso dell'imputato il quale sosteneva che, essendosi egli fermato, sia pure per pochi minuti, per poi allontanarsi senza fornire le proprie generalità, avrebbe dovuto rispondere solo dell'illecito amministrativo costituito dalla violazione dell'art. 189, comma 4, c.s.). (Mass. Redaz.). (Nuovo c.s., art. 189) (1).

    (1) Nulla relativamente alla fattispecie in epigrafe. Per utili riferimenti dottrinari, v. A. CARNABUCI, La violazione degli obblighi di fermarsi e di prestare assistenza a coloro che abbiano subito danno alla persona in caso di incidente, in Riv. giur. circ. e trasp. 2002, 200.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - In data 22 maggio 2002 la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del 9 aprile 2001 con la quale il tribunale della stessa città aveva condannato Campisi Pasquale alla pena di lire 1.500.000 di multa, sostitutiva di quella di giorni venti di reclusione, con la sospensione della patente di guida per mesi tre, avendolo riconosciuto responsabile del reato di cui all'art. 189, comma 6, D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 per essersi allontanato, dopo avere causato un incidente nel quale Tumminello Carlo aveva riportato lesioni personali.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore del Campisi deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 189, comma 6, D.L.vo detto. Si rilevava nell'atto di impugnazione che il Campisi si era fermato, così ottemperando al disposto della norma, e che l'obbligo di fermarsi non ricomprendeva pure quello di fornire dati per la propria identificazione, anche ai fini risarcitori, dal momento che quest'ultimo comportamento era contemplato dal comma 4 dell'art. 189 citato e sanzionato in via amministrativa dal successivo comma 9 del medesimo articolo. Nel ricorso, altresì, si evidenziava manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il gravame è infondato e va rigettato.

Secondo la ricostruzione fatta dai giudici del merito, anche sulla base della testimonianza del Tumminello, il Campisi, alla guida di una vettura Fiat Panda, su cui si trovava la moglie, aveva compiuto una manovra azzardata a seguito della quale il Tumminello aveva perso il controllo della moto da lui condotta ed era caduto a terra. L'imputato, accortosi di ciò, si era fermato ed era sceso dal mezzo per verificare le condizioni del motociclista.

Dopo pochi istanti, però, si era allontanato dal luogo dell'incidente senza fornire le proprie generalità. Erano state alcune persone presenti all'accaduto ad accompagnare in ospedale il Tumminello il quale, per effetto della caduta, aveva riportato lesioni personali. Per il collegio, era provato il coinvolgimento del prevenuto nell'incidente così come era fuori discussione che costui era consapevole di quanto avvenuto ed era subito ripartito, dopo una breve sosta. Tale accertamento dei fatti, in quanto frutto di una disamina dei dati acquisiti e di un apprezzamento degli stessi, giustificato in maniera congrua e logica, non è sindacabile in sede di legittimità. Pertanto, non ha ragione di essere la doglianza mossa dal ricorrente in ordine alla affermazione che non era estraneo all'incidente e che si era reso conto di esservi implicato. Alla luce delle modalità acclarate, quindi, correttamente la corte di appello ha concluso che, essendosi verificato un incidente nel quale una persona era rimasta ferita, il prevenuto, consapevole di essere coinvolto nello stesso e delle lesioni subite dal Tumminello, non si sarebbe dovuto limitare ad una breve sosta ma sarebbe dovuto rimanere sul posto il tempo necessario per consentire la sua identificazione e l'accertamento della dinamica dell'incidente, con la messa a disposizione di tutti i dati necessari relativi alla vettura da lui condotta, oltre che alla sua persona. Il Campisi, pertanto, andando via dopo pochi minuti, senza preoccuparsi di sollecitare o, comunque, di attendere l'arrivo degli organi di polizia per la ricostruzione delle modalità del sinistro, aveva tenuto, un comportamento integrante gli estremi del reato contestato. Non può essere condiviso l'assunto difensivo secondo cui il reato non sussisterebbe in quanto il Campisi si era fermato e, quindi, aveva ottemperato all'obbligo di cui al comma 1 dell'art. 189 D.L.vo 1992 n. 285, nel quale non era compreso anche quello di fornire le proprie generalità nonché le altre informazioni utili alle persone danneggiate. Secondo il ricorrente, quest'ultimo obbligo sarebbe previsto in via autonoma e distinta dall'art. 189, comma 4, e la sua inosservanza, a norma dal successivo comma 9, sarebbe soggetta alla sola sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro. L'art. 189, dopo avere stabilito al primo comma che l'utente della strada, in caso d'incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l'obbligo di fermarsi e di prestare l'assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danni alla persona, prescrive al successivo comma 4 che, in ogni caso, i conducenti devono, altresì, fornire le proprie generalità nonché le altre informazioni utili, anche ai fini risarcitori, alle persone danneggiate o, se queste nonPage 1054 sono presenti, comunicare loro nei modi possibili gli elementi sopra indicati. Dal tenore letterale dei commi 1 e 4 dell'art. 189, considerati nel loro insieme, si evince chiaramente che il conducente, coinvolto in un incidente con danni alle persone, si deve fermare e deve pure (altresì) dare i propri dati personali e quelli relativi alla propria auto. L'osservanza dell'obbligo di fermarsi, quindi, necessariamente implica una sosta sul luogo dell'incidente che non deve essere momentanea e breve. Occorre, infatti, che sia tale da consentire al conducente di rendersi conto delle condizioni fisiche di chi ha riportato danni alla persona e di prestare il soccorso necessario, ove altri soggetti presenti sul posto non vi provvedano, (come nella specie avvenuto), nonché di consentire la sua identificazione e quant'altro necessario ai fini della ricostruzione delle modalità dell'incidente. La fermata che si deve obbligatoriamente effettuare ha, quindi, una duplice finalità, delle quali l'una è strettamente collegata con l'altra. Pertanto, una fermata di pochi minuti, che non consenta lo scambio delle notizie specificate nel comma 4 dell'art. 189 D.L.vo n. 285 del 1992, non può non integrare gi estremi del reato di cui ai commi 1 e 6. Il comportamento è sanzionato, oltre che penalmente, anche in via amministrativa per l'inottemperanza alla prescrizione del comma 4 di fornire le generalità e le altre informazioni utili alle persone danneggiate.

Al rigetto del gravame consegue la condanna del Campisi al pagamento delle spese processuali. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. I, 1 agosto 2003, n. 11714. Pres. Grieco - Est. Genovese - P.M. Golia (conf.) - Venica (avv. Beltrame) c. Prefetto della Provincia di Udine

Patente - Revoca e sospensione - Sospensione - Disposta provvisoriamente dal prefetto - Computabilità del relativo periodo nella durata della sospensione disposta dal giudice - Esclusione - Cumulo dei periodi di sospensione - Esclusione - Detrazione del periodo di sospensione provvisoria da quello della sospensione giudiziale - Necessità - Organo preposto.

In tema di applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida ai sensi dell'art. 224 c.s., la differenza di finalità e presupposti tra il provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria della patente di guida e la sanzione accessoria della sospensione della patente applicata dal giudice penale, all'esito dell'accertamento di violazione del codice stradale, rende impossibile computare il periodo di sospensione provvisoria nella determinazione della durata della sanzione amministrativa definitivamente applicabile dal giudice. Tuttavia, ciò non comporta che i due periodi di sospensione siano cumulabili, giacché essi sono, invece, complementari. Ed invero, la sospensione provvisoria disposta dal prefetto e quella definitiva disposta dal giudice incidono sull'autore della violazione per il medesimo fatto, per il quale il codice della strada prevede, come sanzione amministrativa accessoria, una sola sospensione della patente di guida per un periodo che va da un minimo a un massimo, anche se l'applicazione, prima di essere definitiva, può essere provvisoria e anche se all'applicazione provvisoria e a quella definitiva procedono distinte autorità. Ne consegue che è il prefetto, organo di esecuzione della sanzione amministrativa accessoria, a dover provvedere alla detrazione, obbligatoria, del periodo di sospensione eventualmente presofferto, e senza che vi sia bisogno di esplicita dichiarazione al riguardo da parte dell'autorità giudiziaria procedente. (Nuovo c.s., art. 223; nuovo c.s., art. 224) (1).

    (1) Il principio de quo è già stato espresso negli stessi termini da Cass. pen., Sez. Un., 13 novembre 2000, Cerboni, in questa Rivista 2001, 385. A questa pronuncia sono seguite: Cass. pen., sez. IV, 20 novembre 2001, P.M. in proc. Pirocchi,...

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