Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine281-308

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 11 febbraio 2005, n. 2855. Pres. Nicastro - Est. Segreto - P.M. Pivetti (conf.)Dell'Isola c. Abbruzzese.

Obbligazioni del locatore - Esecuzione in buona fede del contratto - Parziale inutilizzabilità dell'immobile per vizi imputabili al locatore - Mancato pagamento dell'intero canone - Eccezione di inadempimento ex art. 1460, comma 2, c.c.Proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti di locatore e conduttore - Riduzione del canone proporzionata all'entità del mancato godimento.

In tema di locazione di immobili, laddove - nonostante la presenza di vizi della cosa locata imputabili al locatore - residui pur sempre un godimento dei locali da parte del conduttore, non è giustificabile, a norma dell'art. 1460, comma secondo, c.c., il rifiuto di prestazione dell'intero canone, potendo ammettersi solo una riduzione dello stesso, proporzionata all'entità del mancato godimento. (C.c., art. 1375; c.c., art. 1460; c.c., art. 1584) (1).

    (1) Nel senso che l'exceptio non rite adimpleti contractus cui la sentenza ritiene applicabile l'art. 1460 c.c. postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, v. le segnalate Cass., 20 giugno 1996, n. 5694, in Giur. bollettino legisl. tecnica 1997, 4010; Cass., 22 gennaio 1985, n. 250, in Giust. civ., Mass. 1985, fasc. 1 e Cass., 9 agosto 1982, n. 4457, ivi, fasc. 8.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto notificato il 24 ottobre 2000, Abbruzzese Franco Giovanni, premesso di aver concesso in locazione ad uso commerciale a Dell'Isola Gennaro l'immobile sito in via Vespucci 54 di Pisticci per il canone mensile di lire 110.000 e che il conduttore, benché diffidato, non aveva corrisposto i canoni relativi ai mesi di settembre ed ottobre 2000, intimava al Dell'Isola sfratto per morosità, nel contempo convenendolo davanti al tribunale di Matera, sez. distaccata di Pisticci, al fine di sentire convalidare lo sfratto ed emettere decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di lire 220.000.

Si costituiva il Dell'Isola, che chiedeva il termine di grazia per il pagamento dei canoni non versati ed assumeva che, a seguito di reintegrazione nella detenzione dell'immobile da lui ottenuta nei confronti dell'Abbruzzese, aveva ivi trovato sei bare con i relativi paramenti funebri, di cui era stato nominato custode dall'Ufficiale giudiziario; che tanto aveva impedito il godimento del locale, che risultava inagibile ed occupato dalle casse da morto di proprietà dell'Abbruzzese. Esibiva, altresì, richiesta al G.E. di trasferire le sei bare nel cimitero di Pisticci ed autorizzazione dell'autorità cimiteriale, in questo senso, del 29 gennaio 2001 a fronte del corrispettivo di lire 10.000 giornaliere.

Il tribunale, con sentenza del 13 giugno 2002, dichiarava la risoluzione del contratto di locazione e condannava il convenuto al rilascio dell'immobile ed al pagamento di euro 113,62, per canoni ancora dovuti.

Avverso questa sentenza proponeva appello il Dell'Isola.

La Corte di appello di Potenza, con sentenza depositata il 18 luglio 2003, rigettava l'appello.

Riteneva la Corte di merito che con l'appello il conduttore si doleva di non aver potuto utilizzare il locale non solo per la presenza delle sei bare con i paramenti funebri, ma anche per la sottrazione degli attrezzi e dei pezzi necessari per la sua attività di elettrauto e per avere il conduttore rimosso i servizi igienici, la qual cosa aveva comportato la sospensione della licenza commerciale da parte del Comune di Pisticci; che tale ultima eccezione era nuova e quindi non ammissibile in appello, a norma dell'art. 437 c.p.c.

Quanto alla presenza delle sei bare, postevi dal locatore, successivamente alla originaria consegna del locale, riteneva la Corte di merito che non erano stati acquisiti elementi tali da far ritenere l'inidoneità del locale ad essere adibito all'uso convenuto; che il conduttore ben avrebbe potuto accantonare e coprire le bare, in modo da non costituire ostacolo all'attività; che il Dell'Isola avrebbe potuto custodire altrove le bare, prima di quanto ebbe a fare.

Riteneva la Corte territoriale che, poiché la morosità era pari certamente almeno a due mensilità, doveva ritenersi grave l'inadempimento, e dichiarare risolto il contratto di locazione.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione Dell'Isola Gennaro.

Resiste con controricorso Abbruzzese Franco Giovanni.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1.1. - Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1455 e dell'art. 437 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, e violazione dell'art. 112 c.p.c.

Lamenta il ricorrente che erratamente la sentenza impugnata abbia ritenuto che l'assunta inagibilità del locale fosse limitata solo alla presenza delle bare, mentre essa atteneva anche alla rimozione dei serviziPage 282 igienici da parte del locatore ed alla rimozione degli strumenti di lavoro e dei pezzi di ricambio; che tale eccezione di inadempimento era stata allegata già nel giudizio di primo grado, assumendosi l'inagibilità dell'immobile; che conseguentemente vi era stata violazione dell'art. 437 c.p.c. e dell'art. 112 c.p.c.

1.2. - Con il terzo motivo di ricorso (riservando questa Corte al prosieguo l'esame del secondo) il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 437 c.p.c., per non aver la Corte ammesso le prove testimoniali dedotte, che erano indispensabili, eventualmente anche avvalendosi dei poteri officiosi.

2.1. - Ritiene questa Corte che i suddetti motivi, essendo strettamente connessi, vadano esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati e vanno rigettati.

Va preliminarmente osservato che nelle controversie assoggettate al rito del lavoro, come quelle di locazione, l'inammissibilità di nuove eccezioni nel giudizio d'appello stabilita dall'art. 437, comma 2 c.p.c., riguarda oltre le eccezioni in senso proprio, le contestazioni della fondatezza della domanda che si risolvono nella deduzione di elementi di fatto già conosciuti nel corso dell'istruttoria di primo grado ed ivi non dedotti, essendo precluso all'appellante di ampliare il tema del dibattito in relazione alle sue esigenze difensive. Infatti va considerata nuova l'eccezione fondata su elementi e circostanze non prospettate in precedenza, che introduca nel processo un nuovo tema di indagine e che alteri l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, introducendo l'esame di fatti nuovi (Cass., 27 gennaio 1995, n. 983; Cass., 11 novembre 1994, n. 9457; Cass., 30 maggio 2003, n. 8739).

2.2. - Nella fattispecie in primo grado si era genericamente eccepita la non agibilità del locale per la presenza delle sei bare, senza alcun riferimento alla mancanza del bagno, del servizio idrico e delle attrezzature di lavoro.

Ne consegue che correttamente il giudice di appello, al quale - in quanto giudice di merito - è riservata l'interpretazione della domanda o delle eccezioni proposte dalle parti, ha ritenuto che solo in relazione alla presenza di dette bare andava valutata l'inagibilità del locale, mentre l'assunta inagibilità per rimozione del bagno e degli strumenti di lavoro ad opera del locatore, costituiva l'introduzione di una nuova eccezione, perché fondata su fatti nuovi, che non erano stati oggetto del primo giudizio.

2.3. - Il rigetto del primo motivo di impugnazione comporta anche il rigetto del terzo motivo, in quanto, come rilevato dalla Corte di appello, la prova testimoniale dedotta aveva ad oggetto essenzialmente al suddetto profilo fattuale.

Inoltre va osservato che il comma 2 dell'art. 437 c.p.c., nello stabilire che il collegio può ammettere, anche di ufficio, i mezzi istruttori ritenuti indispensabili ai fini della decisione della causa, attribuisce al giudice di appello un potere discrezionale il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità anche nell'ipotesi in cui manchi un'espressa motivazione della mancata ammissione di ulteriori mezzi di prova, atteso che l'omessa motivazione - lungi dal configurare un omesso esame - configura un'implicita negazione della indispensabilità, costituente presupposto giustificativo dell'esercizio del potere discrezionale (Cass., 5 marzo 2001, n. 3200).

3.1. - Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c., in relazione all'art. 115 c.p.c.

Secondo il ricorrente, per poter affermare l'idoneità del locale all'esercizio dell'attività di elettrauto, anche in presenza delle sei bare, si sarebbe dovuto dimostrare la dimensione del locale, che, invece, era di circa 50 mq. Inoltre la presenza di sei bare con i paramenti funebri distoglieva l'afflusso della clientela.

3.2. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c. ed il mancato esame di documenti.

Si duole il ricorrente che la Corte territoriale non abbia tenuto conto dei documenti prodotti con l'atto di appello, tra cui quelli relativi alle autorizzazioni a rimuovere le bare ed a depositarle presso il Cimitero di Pisticci.

3.3. - Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 1455 c.c. in relazione all'art. 5 della legge n. 392/1978, nonché il vizio motivazionale dell'impugnata sentenza che ha ritenuto che il mancato pagamento di due mensilità costituisse inadempimento di maggiore gravità rispetto a quello del locatore, mentre il primo era di gravità al più pari ed inoltre cronologicamente successivo e da esso dipendente.

3.4. - Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 1455 c.c., in relazione all'art. 1227 c.c.

Il ricorrente censura l'impugnata sentenza nella parte in cui ritiene che il conduttore avrebbe dovuto operarsi prima per custodire altrove le bare; che ciò integra un comportamento colposo del creditore, a norma dell'art. 1227, comma 2, c.c., per non avere evitato il danno, usando l'ordinaria diligenza; che nella fattispecie questa operazione non era di lieve sforzo (essendo...

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