Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 12 marzo 2009, n. 10822 (ud. 29 gennaio 2009). Pres. Onorato - Est. Marini - P.M. Salzano (conf.) - Ric. Guizzardi

Reato - Estinzione (Cause di) - Prescrizione - Sospensione - Impedimento a comparire del difensore - Impedimento di uno solo dei due difensori - Erroneo accoglimento dell’istanza - Sospensione del corso della prescrizione - Esclusione.

Il legittimo impedimento di uno solo dei due difensori di fiducia dell’imputato, non consentendo il rinvio dell’udienza ex art. 420 ter, comma quinto, c.p.p., non comporta in caso di erroneo accoglimento dell’istanza da parte del giudice la sospensione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 159, comma primo, lett. c), c.p. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 420 ter; c.p., art. 159) (1).

    (1) Nulla in termini.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – La Sig.ra Guizzardi, quale legale rappresentante della ditta “Gennari soluzioni ambientali” è stata tratta a giudizio per rispondere di plurime violazioni di legge conseguenti alla gestione dell’impianto di smaltimento rifiuti situato in Fano e soggetto alla specifica autorizzazione della Regione Marche, n. 157/AMB/SR.

I reati contestati all’odierna ricorrente concernevano:

  1. l’art. 51, comma secondo D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22 per avere abbandonato, depositato in modo incontrollato e comunque scaricato al suolo e in acque superficiali e sotterranee, rifiuti liquidi (ammoniaca, zinco, percolato di discarica ed altro) in concentrazioni superiori a quanto previsto dalle tabelle allegate al D.L.vo n. 152 del 1999;

  2. l’art. 674 c.p., per avere emesso gas, vapori e fumo atti ad offendere i cittadini della frazione di Carrara;

  3. l’art. 51, comma quarto D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22 per non avere osservato le prescrizioni dell’autorizzazione regionale, omettendo di procedere alla caratterizzazione delle acque, di impedire la produzione di percolato e di raccoglierlo, di impedire che i rifiuti venissero a contatto con le acque, di realizzare il previsto pozzetto fiscale, di sospendere i conferimenti nonostante gli elevati valori di solfati riscontrati nelle acque da caratterizzare;

  4. l’art. 51, primo comma D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22 per avere messo a dimora rifiuti diversi da quelli consentiti, provveduto alla loro miscelazione al fine di impedire i controlli, modificato i documenti concernenti l’attività della discarica.

    In esito a complessa attività istruttoria in sede dibattimentale, con la sentenza impugnata il Tribunale ha accertato che la ditta “Gennari soluzioni ambientali” è stata incaricata dalla ditta “Fornaci Laterizi Sollazzi” di svolgere le attività di messa in riserva e spandimento di rifiuti speciali nella cava d’argilla sita in Carrara di Fano, giusta autorizzazione regionale n. 157 del 30 aprile 2002, e che sia l’autorizzazione sia il pregresso provvedimento regionale di compatibilità ambientale contenevano prescrizioni vincolanti.

    Sulla base di tali prescrizioni doveva, dunque, essere valutata la regolarità delle attività svolte dalla ditta Gennari, così che, ritenute accertate le situazioni di fatto e le condotte esposte nei capi di imputazione, il Tribunale ha ritenuto la penale responsabilità dell’imputata e la ha condannata alla pena di 100,00 euro di ammenda in ordine al reato b) della rubrica, alla pena di 3.000,00 euro di ammenda in ordine al capo c), in esso assorbito il reato sub a), ed alla pena di 4.000,00 euro di ammenda in ordine al capo d), limitatamente la conferimento del giorno 21 novembre 2002; pene interamente condonate; ha altresì dichiarato non doversi procedere per prescrizione in ordine a tutti i restanti episodi contestati al capo d).

    La sentenza del Tribunale è oggetto di ricorso per cassazione presentato dall’imputata e dal suo Difensore. L’impugnazione si dirige, altresì, avverso l’ordinanza pronunciata all’udienza dell’8 marzo 2005, che ha respinto le eccezioni concernenti la validità dei prelievi e degli accertamenti irripetibili effettuati dalla polizia giudiziaria in data 7 novembre 2002 e quindi fino alla data del 10 dicembre 2002; nonché avverso l’ordinanza pronunciata all’udienza del 15 dicembre 2006, con la quale è stata disposta la sospensione dei termini prescrizionali a seguito dell’astensione dalla udienze di uno solo dei due difensori di fiducia.

    Con primo motivo si lamenta il mancato accoglimento, nell’ordinanza dell’8 marzo 2005, delle eccezioni ritualmente presentate all’udienza del 25 gennaio 2005 circa la nullità delle operazioni di accertamento tecnico effettuate dai verbalizzanti.

  5. In primo luogo si contesta la legittimità delle attività effettuate dall’ARPAM e dagli organi comunali il 7 novembre 2002, lamentando violazione del disposto dell’art. 220 disp. att. c.p.p. In particolare, essendo i controlli iniziati e proseguiti a seguito di esposto presentato dai cittadini ed in circostanze che palesemente facevano ipotizzare l’esistenza di illeciti penali, sia i prelievi di campioni sia le analisi avrebbero dovuto essere effettuate secondo le forme e con le garanzie previste dall’art. 360 c.p.p.

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  6. Tali cautele avrebbero dovuto, a fortiori, essere adottate in occasione degli accertamenti effettuati in data 10 dicembre 2002 su delega del Pubblico Ministero dopo che vi era stata iscrizione della ricorrente nel registro degli indagati e si era proceduto a sequestro dell’area interessata.

  7. Erroneamente il Tribunale ha respinto le diverse eccezioni, affermando, nel primo caso, che nessuna ipotesi di reato sussisteva al momento del primo intervento e, nel secondo caso, che l’indagata aveva ricevuto rituali avvisi e che il carattere di irripetibilità si riferisce alla sola attività di prelevamento dei campioni e non certo a quella di loro analisi.

    Con secondo motivo, relativo al capo c) della rubrica come assorbente anche il reato sub a), si lamenta violazione dell’art. 606, lett. b) c.p.p. per erronea applicazione di legge e violazione dell’art. 606, lett. e) c.p.p. per vizio di motivazione. I profili di censura sono molteplici e possono così sintetizzarsi:

  8. la affermazione di responsabilità concernente la mancata preventiva caratterizzazione delle acque (pag. 17 sentenza) non trova riscontro nell’autorizzazione, che al punto f) non prevede in alcun modo che tale attività debba precedere l’inizio del conferimento dei rifiuti;

  9. la affermazione di responsabilità concernente la formazione del percolato e la sua mancata captazione (pag. 19) si fonda sui risultati dei prelievi effettuati il 7 novembre 2002, ma si pone in contrasto con le dichiarazioni del teste Mariani (ARPAM) e dei consulenti di parte Calcinari e Stante, secondo i quali all’atto dei controlli non risultavano reflui né flussi di acque, con la conseguenza che non vi è traccia di “scarico” in atto;

  10. quanto alla mancata apposizione del pozzetto nella collocazione prevista, la sentenza (pag. 21) fa riferimento alle sole dichiarazioni del teste Mariani, ma non offre alcun elemento da cui possa ritenersi certo che il pozzetto, certamente presente come si ricava dal prelevamento dei campioni, non fosse correttamente posizionato;

  11. quanto, infine, alla affermazione di responsabilità per il superamento del parametro COD, erroneamente il Tribunale ha omesso di considerare che si tratta di valore concernente i rifiuti al momento del conferimento, e che i suoi valori successivi sono soggetti a modificazioni inevitabili che escludono la rilevanza penale degli eventuali superamenti di soglia.

    Con terzo motivo si lamenta violazione dell’art. 606, lett. b) c.p.p. per errata applicazione dell’art. 674 c.p. e dell’art. 606, lett. e) c.p.p. per vizio di motivazione.

    Sotto il primo profilo erroneamente il Tribunale ha omesso di considerare che le condotte contestate si collocano in relazione ad un’attività imprenditoriale regolarmente autorizzata, così che non è sufficiente l’astratta idoneità delle emissioni a recare disturbo, ma occorre la dimostrazione che sono stati superati specifici parametri previsti dall’ordinamento; ove il superamento non avvenga, eventuali disturbi arrecati alla collettività potranno comportare esclusivamente conseguenze civilistiche, ai sensi dell’art. 844 c.c.

    Sotto il secondo profilo, il Tribunale ha fatto cattivo governo del materiale probatorio, fondando il giudizio di responsabilità su testimonianze che, in modo non condivisibile sul piano logico, hanno fatto coincidere la cessazione delle emissioni fastidiose con l’epoca del sequestro dell’impianto.

    Con quarto motivo si lamenta, relativamente al capo d) della rubrica, violazione dell’art. 606, lett. e) c.p.p. Erroneamente il Tribunale avrebbe desunto la prova del conferimento di rifiuti con codice CER, non autorizzato, dalla missiva che la ricorrente in data 25 luglio 2003 inviò all’ente provincia, omettendo di considerare che il teste Borgogelli in dibattimento escluse che sui rifiuti in parola fossero state fatte specifiche verifiche ed accertamenti.

    Con quinto motivo si lamenta la mancata dichiarazione di estinzione di tutti i reati per intervenuta prescrizione in epoca anteriore alla decisione oggi impugnata. Afferma il ricorrente che nel corso del processo si sono verificati solo due rinvii per ragioni addebitabili alla difesa e che il rinvio del dibattimento disposto in data 15 dicembre 2006 ebbe origine nell’astensione dalle udienze di uno solo dei due difensori, cosi che, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quinto c.p.p., non sussisteva ragione per rinviare l’udienza e disporre la sospensione della prescrizione: il relativo termine di sessanta giorni non può, dunque, essere conteggiato nel termine complessivo previsto dagli artt. 157 ss. c.p. In ogni caso, anche sommando centoventi giorni al termine ordinario di prescrizione, che decorre dal lº dicembre 2002, la prescrizione risulta maturata per tutti i reati nel mese di settembre 2007, e quindi anteriormente alla sentenza impugnata.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. – Ritiene la Corte che il ricorso, invero molto...

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