Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine411-449

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. IV, 26 febbraio 2009, n. 8805 (ud. 11 febbraio 2009). Pres. Campanato - Est. Marzano - P.M. Meloni (conf.) - Ric. Martelli

Guida in stato di ebbrezza - Accertamento - Modalità - Screening veloci con apparecchi portatili - Legittimità.

Ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza, gli accertamenti qualitativi non invasivi, non danno necessariamente luogo, quando abbiano esito positivo, ad accompagnamento del soggetto al più vicino ufficio o comando, onde effettuare, come previsto dal successivo comma 4 dello stesso art. 186, l’ulteriore accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento”, dovendosi invece ritenere consentito che tale ulteriore accertamento sia effettuato anche sul posto, purché con apparecchi quali l’etilometro previsto e disciplinato dall’art. 379 del Regolamento del C.d.S., fermo restando che lo stato di ebbrezza può essere comunque desunto anche da circostanze sintomatiche, in presenza delle quali ed in mancanza di altri decisivi elementi, deve ritenersi sussistente, per il principio del favor rei, l’ipotesi di minore gravità, prevista dall’art. 186, comma 2, lett. a), C.d.S. (Nuovo c.s., art. 186; D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 379) (1).

    (1) La Circolare (Min. trasp.) 29 dicembre 2005, n. 300/A/1/42175/109/42 (artt. 186 e 187 del codice della strada come modificati dalla legge 1 agosto 2003, n. 214. Direttive circa l’impiego di strumenti di accertamento finalizzati alla verifica dello stato di ebbrezza alcolica e di alterazione psico-fisica correlata all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope), menzionata in parte motiva, trovasi pubblicata in questa Rivista 2006, n. 341.

    Si vedano, inoltre Cass. pen., sez. IV, 30 giugno 2008, P.G. in proc. Ouhda, in questa Rivista 2009, 317 e Cass. pen., sez. IV, 15 maggio 2008, P.M. in proc. Scanziani, ivi 2008, 730 e 832 con nota di M. DE BELLIS, Guida in stato di ebbrezza: bastano i soli indici sintomatici per la condanna?, nel senso che il giudice, per accertare la sussistenza dello stato di ebbrezza può avvalersi delle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori unicamente con riguardo alla fattispecie meno grave di cui all’art. 186, comma secondo, lett. a) c.s., laddove per le fattispecie più gravi di cui alle lettere b) e c) della stessa norma è necessario l’accertamento tecnico del livello effettivo di alcool nel sangue.

    In dottrina, v. L. BENINI, G.A. DI BIASE, La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti, Tribuna Juris, Ed. La Tribuna, Piacenza 2009.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. – Il 29 maggio 2008 il G.I.P. del Tribunale di Firenze – cui gli atti erano stati rimessi a seguito di richiesta, alla quale il P.M. aveva espresso parere favorevole, da parte dell’indagata di definizione del procedimento ex art. 162 c.p. – assolveva Martelli Jany Laurence da imputazione di cui all’art. 186 c.d.s., perché il fatto non sussiste.

Rilevava il giudice che:

– nella specie, era stato accertato un tasso di alcolemia di 0,8 mg./l., con «misurazione mediante etilometro sul posto, cioè sulla strada»;

– «tale forma, che corrisponde a quella regolata dal terzo comma dell’art. 186 c.d.s. non costituisce prova valida dell’esistenza del reato», giacché il sesto comma della stessa disposizione di legge prescrive che, «qualora dall’accertamento di cui ai commi 4 e 5 (quindi non del comma terzo) risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro (g/l), l’interessato è considerato in stato di ebbrezza ...»;

– dopo la novella legislativa di cui al D.L. 3 agosto 2007, n. 117, convertito in L. 2 ottobre 2007, n. 160, «non ha più efficacia probatoria il ricorso ai c.d. elementi sintomatici esteriori dello stato di ebbrezza ...»;

– in tal senso indurrebbe anche il testo della Raccomandazione 2201/115/CE, alla cui attuazione obbediva la normativa nazionale;

– «... quanto considerato trova applicazione ex art. 2, secondo comma, c.p., in quanto l’accertamento mediante etilometro sul posto è avvenuto prima delle modifiche legislative» e «impone di assolvere ex art. 129 c.p.p. l’imputata perché il fatto non sussiste, essendo mancata la prova dell’elemento costitutivo del tasso alcolemico».

2.0. – Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, denunziando il vizio di violazione di legge.

Deduce che «il G.I.P. cade nell’equivoco di considerare l’etilometro tra gli apparecchi di cui al comma 3». In realtà, «il comma 4 prevede la facoltà di effettuare l’accertamento “con strumenti e procedure determinati dal regolamento”, anche mediante accompagnamento del conducente del veicolo presso l’ufficio o comando più vicino: ciò ove ricorra una delle ipotesi alternativamente enunciate: a) gli accertamenti di cui al comma 3 abbiano dato esito positivo; b) in ogni caso di incidente; c) “quando si abbia altrimenti motivo di ritenere” lo stato di ebbrezza», sicché «gli accertamenti strumentali di cui al comma 3 sono utili ma non indispensabili per sottoporre il conducente a quelli previsti dal comma 4» e «questi ultimi possono essere eseguiti anche laddove lo stato di ebbrezza risulti al-Page 412trimenti ...»; inoltre, «gli stessi accertamenti di cui al comma 4 possono essere eseguiti sul posto, la conduzione nell’ufficio o comando essendo solo eventuale (“anche accompagnandolo”)» e «gli strumenti e le procedure per l’esecuzione di essi sono determinati dal Regolamento»: quest’ultimo, all’art. 379, prevede, appunto, l’uso dell’etilometro, che «è cosa diversa dagli apparecchi portatili previsti dal comma 3 ...».

2.1. – Il P.G. in questa sede requirente, dopo aver ritenuto «corrette e condivisibili» le argomentazioni del ricorrente, ha dedotto che, «peraltro, l’annullamento deve essere disposto perché la sentenza, pronunciata a norma dell’art. 129 c.p.p. nel corso delle indagini preliminari e precisamente del procedimento disciplinato dall’art. 141 att. c.p.p., presenta indubbi profili di abnormità», avendo il giudice, in sostanza, fatto governo dell’art. 129 c.p.p., che «riguarda il vero e proprio processo», nel corso del procedimento, «durante le indagini preliminari, che appartengono alla fase anteriore» al processo stesso.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 3.0. – Tale ultimo rilievo del P.G. requirente (che è d’uopo esaminare per primo, per l’evidente carattere di pregiudizialità che l’investe) è fondato.

Invero, il momento applicativo dell’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità è fissato dall’art. 129 c.p.p. in «ogni stato e grado del processo», non del procedimento: esso, quindi, si colloca nel vero e proprio processo, quale esercizio della giurisdizione, non anche nel corso delle indagini preliminari, che riguardano, invece, la fase anteriore al processo, nella quale trova applicazione il diverso istituto dell’archiviazione (così già Cass., sez. I, 1 febbraio 1991, n. 5755, in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella che qui occupa, cioè di richiesta al G.I.P. di accoglimento della domanda di oblazione proposta dall’imputato e di proscioglimento di quest’ultimo per uno dei motivi di merito di cui all’art. 129 c.p.p.; cfr. anche Cass., sez. V, 12 gennaio 2000, n. 111; id., sez. V, 12 novembre 1996, n. 4903; id., sez. VI, 19 ottobre 1990, n. 2702).

Deve, perciò, convenirsi che la sentenza impugnata «presenta indubbi profili di abnormità», che ne impongono l’annullamento, come deduce il requirente: è consolidato indirizzo di questa Suprema Corte, difatti, che è affetto da abnormità, tra l’altro, il provvedimento che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti dalla legge, al di là di ogni ragionevole limite.

3.1. – Tanto rende assorbito l’esame del merito del ricorso, peraltro egualmente fondato. Può, invero, al riguardo, ancorché ultroneamente, osservarsi che la voluntas legis appare certamente evincibile dal dettato della norma nel senso indicato dal ricorrente. Infatti – come fondatamente quest’ultimo deduce –, dopo aver genericamente evocato al terzo comma dell’art. 186 c.d.s. la possibilità di sottoporre i conducenti «ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili», il quarto comma della stessa norma richiama espressamente la possibilità «di effettuare l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento», «quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo» (nonché «in ogni caso di incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool ...»). Poiché, dunque, gli accertamenti di cui al quarto comma, da eseguire «con strumenti e procedure determinati dal regolamento», possono intervenire «dopo gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3», tra gli strumenti relativi ai distinti accertamenti non può esservi un rapporto di identificazione, ma solo di preliminarietà (dei primi rispetto ai secondi) e viceversa di successività, o di alternatività. In sostanza, una volta che si sia proceduto ad accertamenti qualitativi non invasivi anche «attraverso apparecchi portatili» (3º comma), è possibile, poi, il successivo accertamento quantitativo «con strumenti e procedure determinati dal regolamento» (4º comma): e dunque gli «apparecchi portatili» di certo non si identificano tout court con gli «strumenti e procedure determinati dal regolamento». Sorregge tale divisamento anche la considerazione che il terzo comma della norma prevede solo «la facoltà» per gli organi di Polizia stradale di procedere a quei preliminari accertamenti qualitativi non invasivi; ed il quarto comma prevede «l’accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento» non solo nel caso che gli accertamenti di cui al terzo comma abbiano dato esito positivo, ma...

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