L’attuazione del principio del giudice naturale con particolare riferimento al processo penale

AutoreIvan Borasi
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1. Premessa

La presente disamina intende effettuare uno sguardo d’insieme sul c.d. “diritto tabellare”, come attuazione del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, ma anche come espressione di un’organizzazione efficiente del servizio giustizia, senza dimenticare il connesso profilo processuale, in particolare penale, legato alle violazioni tabellari.

Parcours obligé per un’analisi compiuta sul punto è rappresentato dall’esegesi delle principali fonti paranormative del C.S.M. in tema di organizzazione degli uffici in senso lato, da leggersi in combinato disposto con le fonti primarie legislative e costituzionali in materia.

2. Le fonti e la Corte Costituzionale

Il principio del giudice naturale precostituito per legge1 è contenuto nell’art. 25 Cost. nella parte relativa ai diritti e doveri, e rappresenta un diritto fondamentale del singolo.

Il suddetto principio è strettamente connesso a quelli di autonomia e indipendenza del giudice contenuti agli artt. 101, comma 2, e 104, comma 1, Cost.,2 di cui ne rappresenta un rafforzativo, ed è speculare rispetto alla figura del giudice straordinario, di cui ne è vietata l’istituzione all’art. 102, comma 2, Cost..

Il giudice naturale ha un significato organizzativo per l’ufficio e per il singolo giudice, corollario dell’imparzialità di cui all’art. 111, comma 2, Cost..

Il principio ha due momenti attuativi: da un lato le regole in ordine alla competenza, profilo statico-astratto, d’altro lato la disciplina tabellare, profilo dinamico-concreto. La precostituzione non è stabilita affinché il cittadino sappia che a giudicare sia un giudice ordinario e non un giudice speciale, bensì quale fra giudici ordinari,3 anche se il primo profilo è prodromico al secondo, che è a sua volta consequenziale e subordinato al primo.

Il principio succitato riguarda la previa individuazione, in base a criteri generali prefissati, vale a dire ex ante facto, con riserva di legge assoluta, del giudice ordinario competente a decidere su una controversia. Sussiste quindi un divieto di istituire un giudice ex post facto.4

Tale riserva di legge assoluta riguarda il primo momento attuativo astratto, ma non incide sul secondo momento dinamico, lasciato alla concretizzazione della normativa secondaria all’interno di una cornice legislativa, in particolare attraverso il potere paranormativo che concretizza nell’emanazione di circolari vincolanti a pena di responsabilità disciplinare.

Il buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost. investe l’amministrazione della giustizia principalmente sotto il profilo dell’organizzazione del servizio, e solo in rapporto alle funzioni direttive e semidirettive in ordine all’esercizio della giurisdizione in senso stretto.

Sul presupposto che tra i magistrati non vi può essere alcun rapporto di dipendenza gerarchica ai sensi dell’art. 107, comma 3, Cost., il principio del giudice naturale viene teleologicamente orientato ad assicurare l’imparzialità della funzione giudiziaria attraverso il sistema tabellare ai sensi degli artt. 7 bis e ter O.G..5

La competenza degli organi giudiziari deve essere sottratta ad ogni possibile arbitrio attraverso la precostituzione del giudice.6

Le garanzie sottese al principio sono rappresentate dalla riserva assoluta di legge e dalla indicazione del giudice pro futuro.7

In materia impera il principio di tassatività soprattutto in relazione ai criteri distributivi della competenza,8 salva una limitata discrezionalità dei capi degli uffici per motivate esigenze di servizio.9

L’art. 25 Cost. non si applica al magistrato del p.m. in quanto non emette provvedimenti decisori,10 mentre si applica a tutti i giudici speciali.11

Vexata quaestio riguarda la portata soggettiva del principio, vale a dire se inerisca esclusivamente l’ufficio organo oppure la persona fisica.

Sul punto mette conto osservare la posizione ondivaga della Corte Costituzionale, anche se l’opzione mista ufficio-persona 12 sembra maggiormente coerente con il sistema complessivo.13

Indispensabile precisazione riguarda l’estraneità dal concetto di competenza delle questioni inerenti alla sferadi ripartizione dei giudici agli uffici e alla singola causa.14

Il principio del giudice naturale non può essere considerato un valore assoluto tout court ma deve contemperarsi con le esigenze dell’efficienza ed adeguata organizzazione degli uffici nella prestazione del servizio giustizia.15

Tale contemperamento, o bilanciamento degli interessi di cui sopra, è da registrare nel sistema tabellare.16

Importanti per l’attuazione del principio del giudice naturale sono l’art. 7 bis O.G.,17 riguardante la destinazione dei vari magistrati alle sezioni, e l’art. 7 ter O.G.,18 che riguarda l’assegnazione degli affari ai vari giudici, che

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seppur non imposto costituzionalmente risulta comunque opportuno.

I criteri di assegnazione ex art. 7 ter O.G. esulano dalla nozione di capacità del giudice come chiarito dagli artt. 50 quater c.p.c. e 33, comma 2, c.p.p..19

3. L’attuazione dell’art. 25 Cost.: la competenza

Preliminare per l’argomento de quo è l’analisi generale della disciplina della competenza nel processo penale. La competenza (per territorio) è la misura della giurisdizione che spetta a ciascun ufficio giudiziario, e rappresenta il primo momento attuativo del principio del giudice naturale precostituito per legge.

La giurisdizione rappresenta la sommatoria delle competenze che spettano per legge a ciascun giudice speciale o ordinario che sia.

Le norme in materia di giurisdizione sono un corollario del primo momento attuativo dell’art. 25 Cost., un presupposto fondamentale.

Nel processo penale la competenza per territorio è disciplinata dagli artt. 8-11 bis c.p.p. ma, per quanto interessa l’analisi de qua, ciò che rileva è il fatto che l’art. 21, comma 2, c.p.p. individui un termine preclusivo (a pena di decadenza) per rilevare o eccepire tale incompetenza.

L’ordinamento individua regole di sanatoria le quali implicitamente ammettono la deroga al giudice naturale precostituito per legge. Questo significa che il principio de quo non può avere un valore assoluto ma, sulla base di predeterminate regole, può essere derogato. Tutto ciò è valevole anche, seppur in minor misura, per la competenza per materia, le disposizioni sulla composizione del tribunale, e i profili di giurisdizione.

Importante istituto processuale da richiamare sul punto è quello previsto all’art. 54 quater c.p.p., norma che permette all’indagato di chiedere ed ottenere, nella fase delle indagini preliminari, il trasferimento del procedimento penale al giudice effettivamente competente sul piano territoriale. Anch’esso rappresenta un tassello attuativo fondamentale, soprattutto in una fase precedente al processo, di attuazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, che in tale fase è il g.i.p. per tutte le decisioni di propria competenza.

4. L’attuazione dell’art. 25 Cost.: le tabelle

Il secondo momento attuativo del principio del giudice naturale precostituito per legge è rappresentato dalle regole per l’individuazione del giudice persona fisica competente a decidere il caso concreto.

Le tabelle costituiscono essenziale atto organizzativo degli uffici giudiziari, stabilendo l’organigramma dell’ufficio, la ripartizione in sezioni, l’assegnazione dei magistrati alle sezioni e i criteri di assegnazione degli affari, in modo da permettere anche un’attività di controllo dall’esterno.

La funzione principale, oltre alla già citata questione organizzativa, è quella della gestione partecipata degli uffici giudiziari con sbocco nella decisione finale dell’organo di autogoverno di rilievo costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura, sia sotto il profilo del controllo sulle proposte di tabelle, sia sotto il profilo della produzione paranormativa di circolari.

Tale attività è anche attuazione di un altro principio fondamentale, quello dell’indipendenza interna dei magistrati, che si differenziano solamente per funzioni e non in base ad una struttura gerarchica, anche se la sempre maggiore specializzazione auspicata dei ruoli direttivi e semidirettivi dovrà portare ad una rivalutazione di una sorta di primato in alcune scelte dei dirigenti degli uffici come controbilanciamento alla sempre maggiore responsabilità nelle scelte e alla temporaneità degli incarichi.

4.1. Il procedimento di formazione delle tabelle

Fondamentale in tema di tabelle è il portato della circolare del C.S.M. dell’organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2009-2011 ed allegata relazione esplicativa, dalla cui analisi esegetica si svilupperà in gran parte la seguente disamina.

Le tabelle sono articolate in due momenti, il primo denominato documento organizzativo generale (D.O.G.) e il secondo denominato progetto tabellare (P.T.). Il D.O.G. rappresenta un documento che riassume lo status quo ante sul piano statistico e personalistico, che può essere paragonato ad una relazione illustrativa di un bilancio di un ente.

Il P.T. rappresenta invece la proposta per il futuro dell’assetto dell’ufficio giudiziario.

Primo atto di tale organizzazione è la segnalazione del dirigente al Presidente della Corte d’Appello, dopo aver consultato i magistrati dell’ufficio ed avere trovato una sintesi coerente.

Possibili osservazioni possono essere proposte dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati territorialmente competente oppure dai magistrati interessati dalla procedura.

Il P.T. assieme alle osservazioni ed eventuali controdeduzioni di cui sopra viene quindi presentato al Consiglio Giudiziario competente, il quale nel procedimento tabellare, come portato dalla circolare del C.S.M. n. 5520 del 1977, svolge in via generale un ruolo consultivo del C.S.M..

Il Consiglio Giudiziario ha autonomo potere istruttorio in relazione alla valutazione della coerenza della proposta tabellare rispetto alle norme e agli obiettivi da perseguire...

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