Libertà di forma del contratto di trasporto di merci su strada tra consulta e legge-delega

AutoreClaudio Tagliaferri
CaricaAvvocato, Foro di Piacenza
Pagine454-457

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È arrivata la tanto sospirata pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art. 26, ultimo comma, della legge 6 giugno 1974 n. 298 (come modificato dall'art. 1 del decreto legge 29 marzo 1993 n. 82 convertito, con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993 n. 162, in combinato disposto con l'art. 3 del decretolegge 3 luglio 2001 n. 256 convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001 n. 334) nella parte in cui prevede, ove le parti abbiano scelto la forma scritta per la stipula del contratto di trasporto, la nullità del contratto stesso in caso di mancata annotazione sulla copia dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore 1.

Il contratto di trasporto ritorna così ad essere a tutti gli effetti un contratto a forma e contenuto liberi, potendo essere stipulato verbalmente o per iscritto e, in quest'ultimo caso, anche senza l'annotazione, sull'originale e/o sulle copie, degli estremi dell'iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione in capo al vettore: l'importante è che quest'ultimo abbia i requisiti richiesti ex lege per l'esercizio dell'attività di autotrasporto.

Prima di passare all'esame e al commento della sentenza della Consulta, è opportuno procedere ad un breve excursus storico-normativo sulla genesi della norma «incriminata» e sulle vicende che hanno portato alla sua declaratoria di incostituzionalità.

La legge 6 giugno 1974 n. 298 («Istituzione dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi, disciplina degli autotrasportatori di cose e istituzione di un sistema di tariffe a forcella per i trasporti di merci su strada») ha introdotto una disciplina organica degli autotrasporti, con la creazione dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi e con l'introduzione di un sistema di tariffe obbligatorie «a forcella» per i trasporti di merci su strada.

L'art. 26 di tale legge, nell'ottica di una ferma re pressione dell'abusivismo nel settore dell'autotrasporto, ha stabilito una serie di misure con l'irrogazione di sanzioni - inizialmente penali, poi depenalizzate - a carico dei trasgressori.

L'art. 1 del decreto-legge 29 marzo 1993 n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi») convertito dalla legge 27 maggio 1993 n. 162 ha aggiunto il seguente comma 4 al citato articolo 26 della L. 298/74: «ai fini di cui al presente articolo, al momento della conclusione del contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, a cura di chi effettua il trasporto, sono annotati nella copia del contratto di trasporto da consegnare al committente, pena la nullità del contratto stesso, i dati relativi agli estremi dell'attestazione d'iscrizione all'Albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi rilasciati dai competenti comitati provinciali dell'Albo nazionale degli autotrasportatori di cui alla presente legge, da cui risulti il possesso dei prescritti requisiti di legge».

A seguito dei problemi interpretativi e delle conseguenze devastanti scaturiti dalla previsione di tale nullità 2, è intervenuto il legislatore con l'articolo 3 del decreto legge 3 luglio 2001 n. 256 (convertito con modificazioni dalla legge 20 agosto 2001 n. 334) che contiene l'interpretazione autentica dell'ultimo comma dell'articolo 26, «nel senso che la prevista annotazione sulla copia del contratto di trasporto dei dati relativi agli estremi dell'iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto di terzi possedute dal vettore nonché la conseguente nullità del contratto privo di tali annotazioni, non comportano l'obbligato-Page 455 rietà della forma scritta del contratto di trasporto previsto dall'articolo 1678 del codice civile, ma rilevano soltanto nel caso in cui per la stipula di tale contratto le parti abbiano scelto la forma scritta». Tuttavia, neppure l'intervenuta interpretazione autentica, ad opera del legislatore, dell'ultimo comma dell'art. 26 della legge 298/74 è servita a frenare il contenzioso su tale norma 3, essendosi dubitato, da più parti, sia della natura interpretativa di siffatta norma sia della portata retroattiva della stessa sia, infine, dei presupposti (necessità ed urgenza) legittimanti il ricorso allo strumento del decreto legge. Proprio questi dubbi hanno determinato l'intervento della Corte costituzionale 4 e della Suprema Corte, con tre decisioni che hanno preceduto, per non dire traghettato, la pronuncia oggetto del presente commento.

In particolare, la Consulta è stata dapprima investita 5 della questione di legittimità costituzionale esclusivamente sotto il profilo della retroattività della norma. La Corte non ha ritenuto fondata la questione, non condividendo la premessa - fulcro delle ordinanze di rimessione - della assoluta univocità dell'interpretazione consentita dalla lettera e dalla ratio dell'art. 26, ultimo comma, della legge 298/74: «non lo è in fatto, dal momento che la tesi della necessità, a pena di nullità, della forma scritta del contratto de quo è certamente prevalente nella giurisprudenza di merito, ma altrettanto certamente, numerose sono le pronunce (anche del giudice di legittimità: cfr. Cass. 6 giugno 2002 n. 8256) che quella tesi prevalente contrastano; né lo è ove si consideri la ratio, dal momento che la sanzione della nullità avrebbe abnormemente colpito il contratto, anche se stipulato con vettore iscritto all'albo, per un vizio di forma non correlato ad una reale esigenza di tutela (neanche) della controparte contrattuale. In altre parole, la ratio (repressione dell'abusivismo) che si afferma sottesa alla norma interpretata implica un eccesso del mezzo (nullità per difetto di forma e di indicazione di taluni dati) rispetto al fine perseguito» 6.

Successivamente, al Giudice delle leggi è stata sottoposta 7 la questione di legittimità costituzionale della norma de qua sia sotto il profilo della violazione dell'art. 77, comma secondo, Cost. per l'assenza dei presupposti (necessità ed urgenza) legittimanti il ricorso al decreto legge sia sotto l'aspetto dell'ingiustificata disparità di trattamento tra chi aveva stipulato oralmente il contratto e chi, avendolo concluso in forma scritta, sarebbe stato soggetto al rischio di incorrere nella sanzione della nullità per l'omessa indicazione di dati non richiesti, invece, ai soggetti che avessero optato per la forma orale. Anche in questa occasione la Consulta si è espressa in senso negativo, ritenendo non fondata la questione di legittimità relativa al primo profilo nel rilievo che «questa Corte ha ripetutamente statuito che eventuali vizi attinenti ai presupposti della decretazione d'urgenza devono ritenersi sanati in linea di principio dalla conversione in legge (sentenze n. 29 e n. 16 del 2002, n. 398 del 1998 e n. 330 del 1996)... nella specie, non può certamente parlarsi di "evidente mancanza dei presupposti" di cui all'art. 77, comma secondo, Cost.; dai lavori parlamentari, infatti, risulta come la questione abbia formato oggetto di...

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