Nullità delle locazioni non registrate nella legge finanziaria 2004: le incertezze interpretative

AutoreRoberto Masoni
Pagine27-35

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@1. Profili di illegittimità costituzionale

Nell’ordinamento giuridico l’omessa registrazione del contratto di locazione (e di comodato) determina nullità dell’atto. Dispone l’art. 1, comma 346, della l. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) che: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.

La disposizione normativa ha dato parecchio filo da torcere agli interpreti i quali hanno faticato ed ancor’oggi faticano non poco ad attribuirle un significato giuridico compiuto, oltre che a renderla compatibile con i principi del diritto comune. Perché, anzi, come emergerà in seguito, il tentativo d’inserzione della disposizione novellata all’interno del sistema ordinamentale costituisce strumento di verifica, oltre che di riscontro di talune categorie concettuali del diritto civile, non tutte note.

Segno della profonda inquietudine e dell’incertezza che la disposizione finanziaria ha suscitato tra gli interpreti è confermata dalle questioni di legittimità costituzionale che, su sollecitazione dottrinale1, nel limitato arco temporale di sua vigenza, l’hanno attinta mediante duplice rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. Per quanto le recenti pronunzie del giudice delle leggi non abbiano risolto i dubbi di incostituzionalità che affliggono la previsione normativa e neppure le incertezze interpretative che la stessa suscita tra gli studiosi.

Il dubbio è stato sollevato per primo da parte del Tribunale di Torino2, sotto il profilo della violazione della previsione del principio di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost.

La Corte Costituzionale ha però dichiarato la questione manifestamente infondata, rilevando l’inconferenza del parametro costituzionale invocato dato che la disposizione impugnata “non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale” e quindi “non attiene alla materia delle garanzie di tutela costituzionale”, ma si limita a sancire, sul piano del diritto sostanziale, la nullità dei contratti di locazione non registrati (in presenza di obbligo di registrazione), così elevando “la norma tributaria al rango di norma imperativa”3.

La questione è poi stata reiterata da parte del Tribunale di Napoli il quale l’ha focalizzata sulla violazione dei parametri di cui agli artt. 3, 24 e 41 Cost.4.

La Corte ha ritenuto però che la disposizione non si ponga in frizione con i parametri costituzionali di riferimento richiamati dal giudice remittente5.

La doglianza si articolava sotto un triplice profilo:

  1. violazione dell’art. 41 Cost., dato che la sanzione conseguente all’omessa registrazione costituirebbe un limite all’autonomia negoziale non giustificato da motivi superiori di carattere economico e sociale;

  2. violazione del parametro dell’eguaglianza, considerato che la previsione censurata risulterebbe irrazionale, oltre che discriminatoria, in quanto riferita ai soli contratti di locazione e non anche a tutti gli atti privati per i quali vige l’obbligo di registrazione;

  3. violazione dell’art. 24 Cost, non potendo lo Stato sanzionare il mancato pagamento del tributo con la perdita dell’esercizio del diritto, mentre la nullità impedirebbe al locatore l’accesso al procedimento per convalida di sfratto, potendo unicamente valersi per processo ordinario di cognizione a tutela delle sue ragioni.

La risposta della Corte è stata negativa.

Agevole il rigetto delle doglianze sub b) e c). La Corte ha precisato che, sotto il profilo dell’eguaglianza, il remittente si sarebbe limitato a porre a raffronto tipi negoziali affatto omogenei senza motivare sull’irragionevolezza della sanzione. Mentre il profilo di illegittimità sub c) era stato già rigettato dalla precedente ordinanza n. 407 del 2007, cui la Corte si è quindi richiamata. Con riferimento infine alla violazione del parametro di cui all’art. 41 Cost., la Corte ha argomentato dall’omessa indicazione della ripercussione della nullità sull’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione finanziaria sulla possibilità di trattenere somme versate a titolo di imposta di registro, pervenendo a declaratoria di inammissibilità della questione.

In seguito alle pronunzie di rigetto delle questioni di legittimità sollevate, la disposizione finanziaria in esame appare così pienamente vigente non solo per il precetto che pone, ma pure per la sanzione che commina, con conseguenza sotto il profilo giuridico, che l’omessa registrazione del contratto di locazione o di comodato immobiliare andrebbe misurata col metro della nullità del negozio. Tuttavia, come si avrà modo di argomentare nel prosieguo, non è questa l’unica plausibile interpretazione.

@2. Registrazione e locazione

Prima di chiarire le ragioni sottese alle incertezze dottrinali ed ai dubbi giurisprudenziali cui si è accennato, finPage 28 d’ora è utile evidenziare l’ambito applicativo della disposizione sull’obbligo di registrazione, precisando quando ne “ricorrano i presupposti”.

All’obbligo di registrazione sono tradizionalmente sottoposti i contratti di locazione (e loro cessioni, proroghe e risoluzioni; art. 17, 1° comma, d.p.r. 131 del 1986) di beni immobili formati per iscritto nel territorio dello Stato (art. 2 d.p.r. 26 aprile 1986, n. 130, in correlazione con l’art. 5 della tariffa allegata)6.

Soggiacciono a registrazione le locazioni di immobili abitativi e non abitativi, a prescindere dal loro valore economico, come pure contratti di sublocazione(che del contratto base riproducono la medesima causa ed i medesimi effetti, seppur in termini rovesciati7.

Vi sono esentate solo le locazioni di durata inferiore ai trenta giorni.

Identico obbligo attinge i contratti di locazione di immobili urbani conclusi verbalmente (art. 3 d.p.r. cit.), mentre non concerne i contratti verbali di comodato, dato che, argomentando a contrario, vi soggiacciono esclusivamente tali contratti se redatti in forma scritta, sempre che riguardino beni immobili (art. 2, lett. a, d.p.r. cit., in correlazione con l’art. 4, n. 4, della tariffa)8.

I contraenti sono obbligati in solido (art. 57 d.p.r. cit.) a richiedere la registrazione per le scritture private non autenticate, per gli atti pubblici che hanno sottoscritto e per i contratti verbali. Per gli atti pubblici vi sono tenuti pure i notai e i pubblici ufficiali “per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati” (art. 10 d.p.r. cit.).

L’imposta di registro per gli atti aventi durata pluriennale deve essere “assolta entro trenta giorni” (art. 17, primo comma, d.p.r. cit.) dalla data di conclusione dell’atto, ovverosia, “in termine fisso” (art. 5 d.p.r. cit.).

L’imposta va corrisposta “all’atto della richiesta di registrazione”, sul “corrispettivo pattuito sull’intera durata, ovvero annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascuna anno” (art. 17, comma 3, d.p.r. cit.). In tal caso, mediante pagamento rateale.

@3. temi prevale sul fisco

Prima dell’approvazione della legge finanziaria per l’anno 2005, l’omessa registrazione della locazione o del comodato di immobili determinava specifiche conseguenze giuridiche limitate esclusivamente al campo tributario, senza contaminazioni civilistiche; in particolare, sotto il profilo di sanzioni amministrative pecuniarie a carico del trasgressore (art. 69 d.p.r. cit.), come pure, di divieti posti a carico dei pubblici ufficiali di non menzionare, né allegare, ricevere in deposito, né assumere a base dei loro provvedimenti “atti soggetti a termine fisso non registrati” (art. 65, 1° co, d.p.r. cit.), con l’ulteriore divieto di non rilascio di originali, copie ed estratti di atti non registrati (art. 66 d.p.r. cit.).

La giurisprudenza è ferma nel ripetere la massima consolidata, secondo la quale l’inosservanza delle prescrizioni tributarie non dà luogo a nullità del negozio, dato che: “la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie sui trasferimenti dei beni, trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non è sanzione di nullità o di annullamento del negozio”9. Il principio è sintetizzato dalla celebre espressione di Andrioli che titola il §10.

In termini generali, il principio, a tal punto consolidato nella nostra tradizione giuridica, è stato trasfuso legislativamente nello “statuto dei diritti del contribuente”, nel quale si legge che: “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”11,

Tradizionalmente, l’unico momento di interferenza tra normativa tributaria sulla registrazione ed effetti iure civili si rinviene nella circostanza che il tributo di registro conferisce data certa alle scritture private di fronte ai terzi (art. 2704 c.c.).

@4. Precedenti storici; il regio decreto fascista del 1941

A questo punto sorge spontanea la seguente domanda. A fronte del granitico orientamento interpretativo riferito nel precedente §, è ipotizzabile che il legislatore finanziario del 2004, con un piccolo comma, il 346° dell’art. 1, mascherato tra le pieghe di un testo normativo arlecchinesco per contenuto e per tecnica legislativa, abbia inteso scientemente sovvertire un fondamentale principio civilistico, solo con riferimento al limitato settore locatizio ? È mai possibile che i conditores abbiano inteso replicare le orme del legislatore fascista, con riferimento alla previsione sul trasferimento di beni immobili o diritti immobiliari in difetto di registrazione ?

Disponeva l’art. 1 del r.d.l. 27 settembre 1941, n. 1105, che: “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli atti stipulati per scrittura privata non autenticata, sotto qualsiasi denominazione, aventi per oggetto trasferimenti di beni immobili o diritti immobiliari, compresi i conferimenti in società derivanti da costituzione o fusione di società, o promessa di vendita di detti beni o diritti, qualora non siano registrati entro...

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