A proposito dell'aggiornamento delle fasce di oscillazione dei canoni per le locazioni agevolate (o alternative)

AutorePaolo Scalettaris
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Alcune brevi riflessioni a proposito della possibilità dell'aggiornamento delle fasce di oscillazione del canone per le locazioni agevolate (o alternative) ex art. 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998.

  1. - Innanzitutto è necessario qualche breve cenno per ricordare il significato e la struttura del meccanismo diretto a determinare il canone per le locazioni del secondo binario. a) Il terzo comma dell'art. 2 della legge n. 431 prevede che - per le locazioni che chiameremo «alternative» - il canone sia fissato dalle parti private «sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale», da stipularsi da parte delle organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori.

    Tali accordi dovranno rispettare - prevede poi il primo comma dell'art. 4 della legge - i «criteri generali» per la definizione dei canoni fissati con la convenzione nazionale dalle organizzazioni rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori e recepiti nel decreto del Ministro dei lavori pubblici di cui al secondo comma dello stesso art. 4 (ovvero, nell'ipotesi di mancato raggiungimento dell'accordo tra le organizzazioni esponenziali, fissati d'ufficio dallo stesso Ministero dei lavori pubblici con decreto).

    L'art. 13 della legge prevede poi la nullità di ogni patto diretto ad attribuire al locatore - per le locazioni alternative - «un canone superiore a quello massimo definito, per gli immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale».

    Queste le previsioni in materia delle norme della legge n. 431. Come si vede, si tratta di indicazioni di principio, dirette a fornire solamente in via molto ampia e generale elementi atti a consentire la costruzione del meccanismo diretto alla determinazione dei canoni.

    b) Assai più preciso - con riguardo alla specifica struttura di un tale meccanismo - è invece il decreto che il Ministro dei lavori pubblici (d'intesa con il Ministro delle finanze) ha emanato il 5 marzo 1999 1. Tale decreto (che recepisce sul punto integralmente le indicazioni della convenzione nazionale sottoscritta dalle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori in data 8 febbraio 1999) prevede - a proposito delle modalità di determinazione del canone per le locazioni alternative - che gli accordi locali stabiliscano (sulla base di una serie di elementi) «fasce di oscillazione del canone» all'interno delle quali le parti private potranno (o dovranno) poi stabilire nel caso concreto la misura del canone per il singolo contratto di locazione. Le fasce in questione sono definite attraverso la fissazione di un valore minimo e di un valore massimo (espresso in lire/mq. utile o eventualmente con altro criterio).

    Il decreto ministeriale anzidetto prevede poi che i contratti-tipo (che sono destinati a costituire, a quanto prevede lo stesso decreto, l'unico strumento utilizzabile dalle parti private per la stipulazione dei contratti di locazione «alternativi») siano definiti dalla trattativa locale sulla base di una serie di condizioni e di elementi: tra questi va ricordata in particolare la «possibilità, in sede di accordi locali, di prevedere l'aggiornamento del canone in misura contrattata e comunque non superiore al 75% della variazione Istat».

    Al decreto ministeriale è infine allegato un modello di contratto-tipo (che è destinato a costituire la base per il contratto-tipo da definirsi in sede di trattativa locale): questo modello contiene appunto la clausola diretta a consentire alle parti l'aggiornamento del canone nella misura anzidetta. La clausola in questione è formulata come segue: «Nel caso in cui l'accordo territoriale di cui al presente punto lo preveda, il canone sarà aggiornato annualmente nella misura contrattata che comunque non potrà superare il 75% della variazione Istat».

    Va sottolineato che la clausola di aggiornamento in questione nella sostanza riproduce la previsione del decreto: essa infatti - esattamente così come il decreto - al fine di individuare la misura massima dell'aggiornamento consentito fa cenno solo e genericamente ai dati Istat senza precisare quali tra i dati pubblicati dall'Istat debbano essere presi nel caso in considerazione. Si noti in particolare che non è affatto richiamato - né dal decreto né dal modello del contratto-tipo - l'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (e cioè il dato «tradizionale» introdotto dalla legge n. 392 del 1978 ed utilizzato per oltre un ventennio per tutte le locazioni, abitative e non abitative: dato che peraltro a tutt'oggi - pur dopo l'abrogazione da parte dell'art. 14 della legge n. 431 del 1998 della disciplina sull'equo canone per le locazioni abitative dettata dalla legge n. 392 - è pienamente vigente ed operante, in virtù dellaprevisione dell'art. 32 della legge n. 392, per le locazioni non abitative).

    Ciò significa che - alla stregua del decreto - in sede di accordo territoriale le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori saranno pienamente libere (non soltanto di decidere se prevedere la possibilità dell'aggiornamento del canone, ma anche) di scegliere e concordare la misura di tale aggiornamento, con il solo limite del rispetto della percentuale del 75% della variazione degli indici Istat relativi a quei dati che le stesse organizzazioni saranno comunque pienamente libere di scegliere.

    Non solo: ove nell'accordo locale fosse stata bensì prevista la possibilità dell'aggiornamento, ma si fosse al riguardo solamente ripetuto il richiamo generico che, come sopra si è visto, è formulato nel decreto e nel modello del contrattotipo allo stesso allegato, saranno in questo caso le stesse parti private che - in sede di stipulazione del singolo contratto di locazione - potranno scegliere quale misura fissare per l'aggiornamento del canone e quali dati assumere ai fini dell'individuazione del «tetto» del 75% imposto dal decreto ministeriale.

    c) Quello ora tracciato è dunque il quadro complessivo della disciplina che la legge ed il decreto ministeriale dedicano al meccanismo per la determinazione dei canoni per le locazioni agevolate.

    Come si vede, nessun cenno (o quanto meno nessun cenno esplicito) viene fatto non soltanto dalla legge ma nemmeno dal decreto ministeriale alla possibilità dell'aggiornamento del valore delle fasce.

    Va bensì osservato che la previsione del decreto relativa alla possibilità di aggiornamento del canone sembra formulata in modo equivoco (la previsione - che già abbiamo ricordato - della «possibilità, in sede di accordi locali, di pre-Page 6vedere l'aggiornamento del canone in misura contrattata e comunque non superata al 75% della variazione Istat» sembrerebbe infatti diretta a disegnare più un meccanismo di aggiornamento dei canoni esterno al singolo contratto di locazione che un...

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