Linee evolutive della disciplina civilistica degli spazi di parcheggio negli edifici e profili costituzionali di tutela del bene abitazione

AutoreCataldo De Sinno
Pagine235-239

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@1. Nozione, funzione ed evoluzione delle norme in tema di spazi di parcheggio nelle costruzioni

La norma di cui all'articolo 41 sexies della legge urbanistica, introdotta dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha imposto nelle nuove costruzioni la realizzazione di spazi di parcheggio - pena il diniego del provvedimento autorizzativo - proporzionati alla cubatura dell'edificio da realizzare. Nella versione iniziale del testo di legge era stabilita la misura di un metro quadrato di spazio da destinare a parcheggio per ogni venti metri cubi. Successivamente tale criterio è stato modificato e portato ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi 1. È chiara la finalità che il legislatore ha voluto perseguire: liberare, per quanto possibile, le strade pubbliche dai veicoli in sosta, facendo in modo che quanto meno i residenti dei nuovi edifici sistemino tali veicoli in spazi privati ricavati negli edifici o in aree di pertinenza degli stessi 2.

La norma aveva inizialmente dato luogo a differenti interpretazioni 3 e a contrasti 4.

Si è dovuta registrare infatti, da un lato la pretesa dei costruttori di edifici di non alienare necessariamente tali spazi di parcheggio insieme all'unità immobiliare cui ineriscono, ma, all'occorrente, alienarli anche separatamente a terzi non proprietari di unità comprese nell'edificio, quando non addirittura di alienare o di concedere in godimento a terzi l'intero spazio di parcheggio dell'edificio; dall'altro la pretesa dei proprietari delle singole unità immobiliari costituenti il condominio dell'edificio costruito dopo l'entrata in vigore del predetto articolo 41 sexies, di utilizzare direttamente 5 lo spazio di parcheggio di cui l'edificio stesso doveva essere obbligatoriamente dotato. Decisamente a favore della fondatezza della seconda pretesa si è schierata ormai costantemente la Cassazione 6, nonostante il contrario avviso di parte della dottrina 7 e, soprattutto, il tentativo del legislatore di ridimensionare gli effetti del nuovo orientamento giurisprudenziale dapprima con l'attribuzione della qualifica di pertinenze agli spazi di parcheggio che peraltro non sorti gli effetti voluti 8 e, da ultimo, con lo strano secondo comma aggiunto a sorpresa alla norma, che invece nega la natura pertinenziale e qualunque diritto reale di uso 9.

La vicenda legislativa degli spazi di parcheggio continua quindi ad essere caratterizzata purtroppo da interventi contraddittori che potrebbero essere definiti degli autentici colpi di scena. Non si comprende, d'altronde, il motivo di tanta ostinazione nel riproporre una disciplina che crea ulteriore confusione (determinando diverse discipline per lo stesso bene-parcheggio) e che molto probabilmente provocherà ulteriore contenzioso. Ma occorre ora procedere ad una ricostruzione degli interventi legislativi che si sono susseguiti nel tempo. Dopo un primo intervento (l'ultimo comma agginto all'articolo 26 della legge sul condono edilizio, n. 47/85) tendente a consentire l'alienabilità separata degli spazi di parcheggio mediante l'affermazione della natura di pertinenze in senso civilistico, il legislatore, con una serie di decreti legge, aveva manifestato l'intenzione di abrogare quella norma 10. Si trattava di un provvedimento teso ad eliminare (anche) quella disposizione che aveva cercato di rimettere in discussione il consolidato indirizzo giurisprudenziale - anche se con scarsi risultati concreti - e che comunque si poneva in oggettivo contrasto con un'altra norma di legge in tema di spazi di parcheggio (l'art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122, detta legge-Tognoli) che affermava invece l'opposto principio della indissolubilità del rapporto tra spazio di parcheggio e appartamento 11. Sicché si registrava una discrasia - ora, come si vedrà, inopinatamente riproposta per il futuro - tra la disciplina che sembrava considerare possibile l'alienazione separata degli spazi di parcheggio dalle unità immobiliari con riferimento alle costruzioni eseguite dopo il 1º settembre 1967 12, e quella che, invece, afferma esplicitamente l'impossibilità giuridica di un'alienazione separata degli spazi di parcheggio realizzati con le modalità della cd. legge Tognoli (cioè dei posti auto realizzati negli edifici che essendo stati costruiti precedentemente all'entrata in vigore della legge ponte ne erano inizialmente sprovvisti). A queste anomalie (illogica creazione di diversi tipi di posti auto con disciplina giuridica diversa), il legislatore aveva cercato di porre rimedio, non è dato sapere con quanta intenzionalità (considerato che l'oggetto principale dell'articolo in questione era costituito dalla regolamentazione delle opere interne), manifestando l'intenzione di abrogare l'articolo 26 della legge n. 47 del 1985, mediante una apposita disposizione contenuta in vari decreti legge reiterati. Sennonché il testo di legge entrato in vigore dopo la caducazione dei vari decreti legge non convertiti (l'art. 2, commi 43-62, della legge 23 dicembre 1996, n. Page 236 662), non conteneva a differenza di questi, la esplicita abrogazione dell'articolo 26 della legge n. 47 del 1985. La norma di cui all'ultimo comma del suddetto articolo è stata quindi in vigore fino all'abrogazione stabilita dall'art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

Con una recente iniziativa, come si è accennato, sorprendentemente, il legislatore ha ora cercato nuovamente di rimettere in discussione tale principio e ha emanato ancora una volta una disciplina differenziata per gli spazi di parcheggio. Infatti l'art. 12, comma 9, della legge 28 novembre 2005, n. 246 ha aggiunto all'art. 41 sexies il seguente comma: «Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse». Tale norma non può che suscitare ampie perplessità. Va peraltro chiarito che essa non potrà che disporre per l'avvenire in quanto non ha natura (né pretesa) di interpretazione autentica, posto che non esistevano più - e da oltre un ventennio! - i presupposti di un contrasto interpretativo giurisprudenziale perché fosse eventualmente emanata una norma interpretativa, e che, in ogni caso potrà avere una applicazione limitata in quanto, secondo il chiarissimo indirizzo della Corte costituzionale il legislatore quando si avvale del potere di interpretazione autentica non può incidere non solo sui giudicati già formatisi ma nemmeno sui giudizi in corso allo scopo di indirizzare gli esiti 13.

@2. La tutela costituzionale del bene abitazione e del parcheggio indispensabile suo accessorio

Esaminando la norma di cui al comma aggiunto, va osservato che a parte il discutibile (e inelegante) riferimento a vincoli pertinenziali «di sorta» 14 - e tralasciando pure ogni considerazione circa lo strano contesto normativo in cui è inserita (la legge sulla «Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005»: non si capisce infatti perché e cosa semplifichi la negazione del diritto reale d'uso sul parcheggio a favore di chi acquista un immobile!) 15 - emerge l'intento di favorire ancora una volta, dopo i tentativi falliti in precedenza, la circolazione giuridica degli spazi di parcheggio separatamente dalle unità immobiliari cui ineriscono. L'esplicita negazione della sussistenza di «diritti d'uso» sembra inoltre operata in risposta alla qualificazione giuridica delle fattispecie che costantemente la giurisprudenza aveva fatto nel suo legittimo e doveroso potere interpretativo delle norme giuridiche. Si tratta allora - dovendo necessariamente escludere la valenza di interpretazione autentica - di un esempio ancora una volta di sovrapposizione delle funzioni legislative a quelle giurisdizionali. Ma tale intento difficilmente potrà essere realizzato anche questa volta, perché la norma appare ambigua e probabilmente presenta profili di incostituzionalità. Quanto al primo aspetto, il riferimento ai proprietari di «altre» unità immobiliari è ambiguo perché non si comprende rispetto a quale unità si riferisce il termine «altre».

Probabilmente, nelle intenzioni dei compilatori, si voleva contrapporre proprio alle unità immobiliari principali, nel tentativo di fissare il principio della indipendenza tra i due beni. Ma si dà il caso che il comma aggiunto contraddica allora quanto stabilito nel primo comma, perché la pretesa di considerare come un bene a sè stante lo spazio di parcheggio, deve confrontarsi con quanto stabilito nella prima parte della norma. Infatti non solo è previsto il legame oggettivo con l'unità immobiliare principale (che è dimostrato proprio dal rapporto proporzionale di un metro quadrato di spazio di parcheggio per ogni dieci metri cubi realizzati) ma anche la collocazione di tali spazi «nelle costruzioni o in aree di pertinenza delle stesse». Pertanto nè il criterio proporzionale né la collocazione degli spazi di parcheggio avrebbero significato se i beni che compongono la nuova costruzione (unità immobiliari e spazi di parcheggio) fossero da considerare indipendenti. In definitiva - per ragioni logiche e, per ciò che concerne le abitazioni, anche giuridico-costituzionali - le unità immobiliari non possono affatto essere considerate «altre» rispetto agli spazi di parcheggio, nonostante la nuova norma così, in maniera forzosa, voglia intenderle.

Quanto al secondo aspetto va altresì rilevato come la norma - che oltretutto appare di dubbia utilità al fine della realizzazione dell'intento voluto dai suoi ispiratori, considerato che non potrà essere retroattiva 16 - potrebbe essere tacciata di incostituzionalità in quanto lesiva di un bene - l'abitazione - che è costituzionalmente protetto. Si tratta, infatti, di un esempio di proprietà oggetto di favor costituzionale che si concretizza mediante l'attribuzione di un «diritto sociale fondamentale» 17, espressione di collegamento tra proprietà ed esigenze della persona, che si realizzano...

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