Reato e danno erariale: il problema del raccordo tra le giurisdizioni

AutoreFrancesco Prete
Pagine271-278

Page 271

@I. La notitia damni: fonti normative

- Nonostante la sensibilità mostrata dal legislatore negli ultimi anni sul tema delle ricadute economiche del reato, non può certo dirsi che altrettanta attenzione egli abbia dedicato al rapporto tra illecito penale e danno erariale.

La tematica che qui si vuole trattare è quella del rapporto tra gli organi della giurisdizione competenti a sanzionare il danno erariale derivante da reato, essendo intuitivo che l'efficacia dell'azione dipende dal funzionamento del sistema.

Gli organi in prima battuta chiamati in causa sono il pubblico ministero penale ed il suo omologo presso la Corte dei Conti, entrambi titolari di una potestà rivolta alla salvaguardia degli interessi economici pubblici lesi dal delitto.

A coinvolgere direttamente il P.M. penale è la norma contenuta nell'articolo 73 dell'ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941, non modificato in parte qua) che stabilisce che «il Pubblico Ministero veglia all'osservanza delle leggi... alla tutela dei diritti dello Stato...».

Da questa proposizione generale discende l'obbligo specifico per il P.M. ordinario di informare il procuratore presso la Corte dei Conti dell'esistenza di un danno erariale derivante da illecito penale, affinché questi possa opportunamente esercitare l'azione di danno nei confronti dell'obbligato.

Tale dovere è previsto dall'articolo 129 disposizioni di attuazione del c.p.p., al cui comma tre è stabilito che «quando esercita l'azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l'erario, il pubblico ministero informa il procuratore generale presso la Corte dei Conti, dando notizia della imputazione».

I commentatori e soprattutto la prassi hanno lamentato l'insufficienza di tale disposizione che appare lacunosa e per ciò stesso fonte di incerta applicazione.

Prima di esaminare i problemi applicativi connessi a tale norma, conviene però completare il quadro delle disposizioni che regolano il rapporto tra giudice penale e giudice contabile in presenza di un fatto-reato che generi conseguenze economiche per l'erario.

La norma sopra riportata dell'articolo 129, è preceduta da una disposizione contenuta nel primo comma, in base alla quale il P.M., quando esercita l'azione penale nei confronti di un impiegato dello

Stato o di altro ente pubblico, deve informare l'autorità da cui la persona dipende.

Il successivo comma tre bis, introdotto sempre nell'articolo 129 c.p.p. con D.L.vo n. 12 del 1991, stabilisce che il pubblico ministero invia la medesima informazione quando per il fatto per cui si procede l'impiegato dello Stato o di un altro ente pubblico sia stato arrestato o fermato o sottoposto a custodia cautelare.

Ancor più di recente è stato introdotto, con l'articolo 7 della legge n. 97 del 2001, l'obbligo di comunicare al competente procuratore regionale della Corte dei Conti le sentenze irrevocabili di condanna pronunciate nei confronti di dipendenti dello Stato o di altri enti pubblici, ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica, per i reati disciplinati nel capo I del titolo II del libro II del codice penale. Nei medesimi casi, l'articolo 6 della stessa legge prescrive la trasmissione delle sentenze di condanna non ancora definitive affinché il procuratore generale della Corte dei Conti proceda agli accertamenti patrimoniali a carico del condannato.

@II. I presupposti dell'informazione:

@@a) in particolare l'ambito dei soggetti rispetto ai quali è prevista

- Soffermandosi per il momento sull'analisi dell'articolo 129 - ma i problemi sono analoghi per gli articoli 6 e 7 L. 97/2001 - c'è da chiedersi quando in realtà scatti l'obbligo di informazione per il P.M. penale. In altri termini quali siano i presupposti in presenza dei quali va inviata la notitia damni al P.M. contabile.

In base al terzo comma l'informazione va data quando un reato abbia cagionato un danno per l'erario.

Detta così, la proposizione pecca per genericità perché vorrebbe dire che tutte le volte in cui un illecito penale ha cagionato danno erariale, scatta l'obbligo di notizia.

Se così fosse, si arriverebbe alla conseguenza di trasmettere le notizie anche quando queste riguardino privati che abbiano commesso reati fonte di danno erariale (si pensi alle truffe aggravate ex articoli 640 cpv. o 640 bis c.p., o ai reati fiscali) e la conclusione è giuridicamente insensata. Ci vuole quel tassello che incardini la giurisdizione del giudice contabile, rappresentato dal «rapporto di servizio» fra l'autore del danno e l'amministrazione pubblica che lo ha subìto.

Non è certo questa la sede per riepilogare gli approdi normativi e giurisprudenziali sulla nozione di «rapporto di servizio» e sui criteri di attribuzione della giurisdizione della Corte dei Conti, ma è evidente che la risposta alla domanda posta all'inizioPage 272 di questo paragrafo passa attraverso i vari approdi di quel dibattito.

Una prima conclusione è scontata: il danno erariale è solo uno dei presupposti della responsabilità amministrativa. Esso va integrato con quello del rapporto di servizio, in base al quale si individuano le categorie di persone soggette alla giurisdizione contabile.

In effetti il primo comma dell'articolo 129 disp. att. c.p.p. delinea un ambito soggettivo nella parte in cui prevede un dovere di informazione quando autori dell'illecito siano gli «impiegati» dello Stato e di altri enti pubblici, con ciò adottando la stessa terminologia usata nella fonte normativa primaria della giurisdizione della Corte dei Conti, ossia l'articolo 83, ultimo comma, del R.D. 18 novembre 1933 n. 2440.

Non è chiaro se il legislatore del c.p.p. abbia inteso fornire con i primi tre commi dell'articolo 120, letti in sequenza, un criterio integrato, muovendo dalla delimitazione dei soggetti per i quali è prevista l'informazione all'ente di appartenenza, per poi arrivare a dire che, se quegli stessi soggetti abbiano cagionato danno erariale, l'informazione va estesa al procuratore della Corte dei Conti.

Se così fosse, è certo che questa volta l'intero articolato peccherebbe per difetto, non essendo più attuale che il danno erariale fa scattare la giurisdizione della magistratura contabile solo quando a commettere il fatto generativo del danno sia un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico.

A consentire una tal proposizione vi è, quanto meno, l'articolo 1, comma 4, L. 14 gennaio 1994 n. 20 e successive modifiche che stabilisce che «la Corte dei Conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di appartenenza».

Non si farebbe un gran passo avanti neppure se si convenisse sull'opportunità di interpretare il termine «impiegato» come sinonimo di «dipendente».

È fuori discussione che oggi la giurisdizione della Corte dei Conti travalica l'angusto ambito del rapporto di servizio inteso come rapporto di dipendenza formale con l'ente di appartenenza, tanto che nella giurisprudenza di legittimità si è arrivati a parlare di rapporto di servizio in senso lato, per comprendere una platea di soggetti sganciati da un formale vincolo di subordinazione con l'ente.

In realtà, nel generalissimo settore dei servizi pubblici in un'economia avanzata è doveroso fare i conti con tutta una serie di fenomeni di immedesimazione più o meno organica del privato nella pubblica amministrazione per capire quante articolazioni nuove e di difficile inquadramento siano finora emerse. Da qui l'esigenza di confrontarsi con quella oramai vastissima giurisprudenza della Corte di Cassazione in funzione di Corte regolatrice della giurisdizione, del Consiglio di Stato, e della Corte dei Conti, che hanno sempre più allargato la giurisdizione di quest'ultima, pur in presenza del fenomeno della privatizzazione degli enti pubblici e del sempre più ampio coinvolgimento dei privati nell'azione della pubblica amministrazione1.

Perimetrare la nozione di pubblica amministrazione è compito sempre più arduo, anche per l'assenza - del tutto comprensibile - di un'appagante definizione normativa.

Un punto di partenza è tuttavia rappresentato da una norma contenuta nella legge cardine sull'azione amministrativa, la n. 241/1990 modificata ed integrata dalle leggi 11 febbraio 2005 n. 15 e 14 maggio 2005 n. 80. All'articolo 22 - intitolato «definizioni e principi in materia di accesso» - si individua il soggetto rispetto al quale il portatore di interesse può far valere il diritto di accesso ad atti e documenti amministrativi, e si fornisce una nozione di pubblica amministrazione tenuta a soddisfare le istanze del cittadino. Sono pubblica amministrazione «tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario».

Ai fini che qui interessano va sottolineata la precisa scelta di equiparare soggetti di diritto pubblico e di diritto privato, delineando l'ambito di questi ultimi mediante rinvio alla loro attività, che deve essere di pubblico interesse e...

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