L'eccesso di potere nelle delibere condominiali ed I limiti del sindacato da parte dell'autorità giudiziaria

AutoreAlberto Celeste
Pagine769-772

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@1. Il controllo di legittimità

Risulta consolidato tra i giudici di legittimità il principio secondo cui, sulle delibere dell'assemblea di condominio, il sindacato dell'autorità giudiziaria non possa estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità (v., tra le tante, in motivazione, Cass. 11 febbraio 1999, n. 1165, in questa Rivista 1999, 824, annotata da DE TILLA M.), in quanto la facoltà di impugnativa è normativamente circoscritta alle sole ipotesi di violazioni delle disposizioni di legge o del regolamento di condominio.

Quindi, il controllo esercitato dal magistrato in sede di opposizione alla delibera condominiale non può mai inerire al merito di essa, nel senso che gli è preclusa la possibilità di interferire nella libera valutazione dell'assemblea nel giudizio di opportunità, convenienza, saggezza, o ponderatezza sotteso al contenuto della delibera medesima, che pertanto non può essere censurata ed invalidata per la semplice sua irrazionalità, che non si traduca in una violazione di specifiche norme legislative o regolamentari (sul versante dottrinale, favorevoli a che il potere di indagine del magistrato debba essere limitato alla legittimità dell'atto, v., tra gli altri, TERZAGO G., Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano 2003, 791; PERETTI GRIVA D.R., Il condominio di case divise in parti, Torino 1960, 353).

Al di fuori dei casi di nullità o annullabilità enucleati dalla giurisprudenza, non può mai essere dedotto e criticato l'apprezzamento di fatto da parte della maggioranza delle questioni trattate dall'assemblea (v. Cass. 9 luglio 1971, n. 2217, che ha ritenuto non affetta da vizi la delibera con cui l'assemblea condominiale, approvando un preventivo dispesa, aveva solo indicato la somma globale messa in bilancio, delegando l'amministratore a comunicare ai condomini la quota di contributi a carico di ciascuno in base alle tabelle millesimali annesse al regolamento di condominio; Cass. 11 giugno 1968, n. 1865, in Riv. giur. edil. 1968, I, 1327, secondo la quale non è passibile di annullamento la delibera assembleare con cui sia stato ritenuto opportuno revocare l'amministratore - peraltro, non condomino - neppure qualora si deduca che, mediante tale revoca, disponibile invero dall'assemblea in qualsiasi momento secondo quanto stabilito dall'art. 1129, secondo comma, c.c., siano state violate le norme che riguardano il rapporto sostanziale di mandato conferito dai condomini all'amministratore, ma che sono assolutamente estranee alla materia delle delibere assembleari).

Il giudice - lo si ripete - può pronunciare l'annullamento delle delibere assembleari solo per violazione di legge o del regolamento di condominio, sicché è da escludere che lo stesso possa sostituire la sua pronuncia di merito a quella illegittima dell'assemblea, dovendosi egli, invece, limitarsi a dichiarare la nullità o annullare la stessa (v. Cass. 2 agosto 1968, n. 2767, in Giust. civ. Mass. 1968, 1437; in dottrina, v., altresì, NICOLETTI A. - REDIVO R., Il regolamento e l'assemblea nel condominio degli edifici, Padova 1994, 240).

Peraltro, secondo Cass. 20 aprile 1994, n. 3747 (in Foro it. Rep. 1994, voce Comunione e condominio, n. 235), resta esclusa anche ogni diversa forma di invalidazione ex art. 1418 c.c., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera: questa è, quindi, considerata la modalità esclusiva di reazione anche per far valere i vizi implicanti la radicale inefficacia ab origine dell'atto collettivo.

Ne consegue che nessun potere sostitutivo è attribuito dalla legge all'autorità giudiziaria, nel senso di possibile emanazione da parte della stessa di provvedimenti che prendano il posto delle delibere illegittime, che, invece, restano di esclusiva competenza dell'assemblea dei condomini.

Il principio di cui sopra costituisce, dunque, il limite del sindacato del magistrato, non essendo ammesso alcun riesame sul merito da parte dell'interprete, in particolare sull'opportunità della decisione e sulla fondatezza dei motivi che hanno indotto l'assemblea alla delibera; pertanto, l'intervento del giudice è circoscritto alle sole questioni connesse al riscontro della legalità del provvedimento assembleare, dovendo questi esclusivamente accertare, in concreto, se vi sia contrasto tra il contenuto della delibera o le modalità di formazione della stessa e le norme (di legge o di regolamento) in materia, senza che possa farsi ricorso, per la decisione finale, a criteri di congruità o di equità sulle ragioni che l'hanno determinata.

Mette punto rammentare, però, che il sindacato di mera legittimità del magistrato non esclude la possibilità, anzi la necessità, di un...

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