Sul distacco dall'impianto di riscaldamento

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine570-572

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Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione ha affermato che relativamente al potere del singolo condomino di rinunciare a servirsi del riscaldamento centralizzato ed alla facoltà di distaccarsi dall'impianto, la giurisprudenza di legittimità ha ormai maturato un orientamento stabile.

Precedentemente, la Suprema Corte non ammetteva la rinuncia ed il distacco, considerando che l'impianto centrale era normalmente progettato, dimensionato e costruito in funzione dei complessivi volumi dell'edificio, cui doveva assicurare un equilibrio termico di base. Conseguentemente, riteneva che il distacco dall'impianto centrale delle diramazioni relative ad uno e più appartamenti doveva ritenersi vietato, in quanto incideva negativamente sulla obiettiva destinazione dell'impianto, determinando uno squilibrio termico, che poteva essere eliminato solo con un aggravio delle spese di esercizio e di conservazione per i condomini, i quali continuavano a servirsi dell'impianto medesimo.

La modifica dell'orientamento è scaturita da una più attenta considerazione della funzione dell'impianto di riscaldamento centrale, in relazione al precetto fissato dall'art. 1118 comma 2 c.c., che contempla le spese per la conservazione delle cose comuni, ma non fa menzione di quelle per l'uso. A norma dell'art. 1118 comma 2 cit., infatti, il condomino non può, rinunciando al diritto sulle parti comuni, sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione. Secondo l'interpretazione dominante, la norma esclude la validità della rinunzia perché le parti comuni - necessarie per l'esistenza o per l'uso delle unità immobiliari in proprietà solitaria, ovvero destinate al loro uso o servizio - anche dopo la rinunzia continuerebbero ad essere necessarie o comunque a servire l'immobile.

È risaputo che, a norma dell'art. 1117 c.c., le cose, gli impianti ed i servizi elencati o richiamati per relationem - con una elencazione e con un richiamo non tassativi, ma meramente esemplificativi - in tanto appartengono in comune ai proprietari degli immobili siti nel fabbricato, in quanto sono necessari per l'esistenza o per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano.

Per quanto attiene al dato materiale, vale a dire al collegamento strutturale o funzionale tra i beni propri e comuni, relativamente al carattere della essenzialità viene riconosciuto dall'ordinamento un differente spessore. Conviene premettere che il collegamento si considera essenziale se le cose, gli impianti ed i servizi, incorporati o congiunti stabilmente con i piani o con le porzioni di piano, sono indispensabili per l'esistenza o per l'uso di essi, per cui senza queste parti o le porzioni di piano non esisterebbero o non potrebbero essere utilizzati; che pertanto le parti di Page 571 uso comune si considerano indispensabili quando la loro utilità non può essere surrogata (per esempio, il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i portoni d'ingresso); che, per contro, il requisito della essenzialità non si riscontra quando il collegamento attiene a parti comuni non indispensabili, in quanto la loro utilità può essere sostituita da un'altra parte comune identica o consimile (per esempio, l'ingresso secondario).

Ciò premesso, sussistono parti comuni indispensabili solo per certi aspetti, perché all'edificio prestano una utilità, che in parte può essere sostituita.

In...

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