Diniego di rinnovazione del contratto ad uso di abitazione alla prima scadenza: l'ipotesi prevista dall'art. 3, Lett. G), della legge 431/98 (intenzione di vendita dell'immobile da parte del locatore e diritto di prelazione in favore del conduttore)

AutoreAntonio Mazzeo
Pagine635-637

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    Intervento svolto al Convegno del Coordinamento dei legali della Confedilizia tenutosi a Piacenza l'8 settembre 2001.

@1. L'intenzione del locatore di alienare l'immobile a terzi

Trattasi dell'unica vera novità introdotta dall'art. 3 della legge di riforma a proposito dei motivi di diniego di rinnovo, contenuta nella lettera g) del suddetto articolo.

Secondo tale disposizione, il locatore può legittimamente esercitare la facoltà di recesso anticipato allorché il medesimo «intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo, oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392».

La fattispecie, totalmente sconosciuta alla legislazione vincolistica e alla legge dell'equo canone, mira a contemperare l'interesse del locatore, che si trovi costretto ad alienare l'immobile concesso in locazione (non avendone a disposizione altri) - liberandolo dal conduttore ed offrendogli, quindi, la possibilità di effettuare la cessione senza subire la rilevante decurtazione sul prezzo di vendita derivante dallo stato di occupazione dell'immobile medesimo - con l'esigenza abitativa del conduttore, cui viene riconosciuto, a fronte della facoltà di recesso anticipato, il diritto di prelazione sull'acquisto del bene.

Vanno, quindi, individuati i limiti relativi all'ambito di operatività della disposizione in esame.

Innanzitutto, la norma, facendo riferimento all'intenzione del locatore di vendere l'immobile, presuppone necessariamente che quest'ultimo abbia il potere di concludere la vendita e sia, quindi, titolare della proprietà sul bene.

La disposizione non opera, invece, nei casi in cui non vi sia identità tra la persona del proprietario e il soggetto - locatore (ad es. nel caso di locazione stipulata dall'usufruttuario) 1.

Altra limitazione è costituita dal (tipo di) predicato verbale adoperato dal legislatore per definire la cessione dell'immobile locato da parte del locatore.

In particolare la norma prevede l'ipotesi che il locatore intenda «vendere» (e non già «trasferire», secondo la diversa terminologia adottata dall'art. 38 della legge 392/78) l'immobile a terzi (espressione, quest'ultima, assolutamente inutile, atteso che l'istituto non ha alcuno spazio applicativo nel caso di vendita allo stesso conduttore), sicché è lecito escludere la possibilità di esercitare il diniego nelle ipotesi di cessione dell'immobile per una causa diversa da quella tipica del negozio di vendita (ad es. nelle ipotesi di permuta, transazione, dazione in pagamento, cessione di beni ai creditori, etc.).

Altro importante presupposto applicativo della norma, derivante dalla formulazione del dettato di essa, è relativo alla carenza, in capo al locatore, del diritto di proprietà su altri immobili ad uso abitativo (diversi dal bene locato), «oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione».

Il testo della disposizione sembra chiaro, nel senso che essa si applichi nei confronti di quei locatori che siano proprietari di un solo immobile ad uso abitativo (e, cioé, di quello locato che intendono liberare alla prima scadenza contrattuale per venderlo) ovvero che siano proprietari di due immobili ad uso abitativo, di cui uno coincidente con quello locato (da liberare e vendere) e l'altro adibito ad abitazione dello stesso locatore.

Non pare, quindi, possibile applicare la norma in esame allorché il locatore sia proprietario, oltre che del bene locato, di più immobili ad uso abitativo o anche di un solo immobile abitativo, che però non sia destinato ad abitazione dello stesso locatore (perché, ad es., anch'esso locato o tenuto libero) 2.

Con riguardo a siffatta limitazione, si è posto l'ulteriore problema della possibilità di applicazione dell'istituto nel caso in cui il secondo immobile di proprietà del locatore sia adibito ad abitazione secondaria dello stesso ovvero di un suo familiare.

Ci sembra di potere aderire all'interpretazione dottrinale che esclude una siffatta possibilità, in conformità al dato testuale della norma con riguardo alla destinazione dell'immobile ad abitazione di un familiare del locatore, ed alla ratio della norma medesima, chiaramente indirizzata a comprimere l'interesse del conduttore alla stabilità del rapporto locativo solo in presenza di esigenze primarie del locatore, con riferimento alla destinazione dell'immobile a residenza secondaria di quest'ultimo 3.

Resta da esaminare, sempre con riguardo all'ambito di applicazione della norma, se essa sia riferibile anche alle ipotesi di locatore non persona fisica.

Il dato testuale induce ad escludere una tale possibilità di applicazione della disposizione in oggetto.

Il requisito della destinazione dell'eventuale secondo immobile ad abitazione del locatore appare, infatti, incompatibile con l'inclusione nella sfera applicativa della norma della fattispecie del locatore persona giuridica; e ciò anche nel caso di locatore proprietario del solo immobile locato, attesa l'incompatibilità logica e sistematica tra la costruzione sintattica della disposizione (che, comunque, prevede la possibilità teorica di un locatore che sia proprietario di un secondo immobile adibito a sua abitazione) e l'ipotesi in cui il locatore sia soggetto diverso dalla persona fisica 4.

Non manca, peraltro, chi sostiene un'interpretazione adeguatrice della norma nel senso di estendere il campo di operatività anche nei confronti del locatore persona giuridica (ad es. società locatrice che sia proprietaria di un secondo appartamento destinato a propria sede) 5.

Non v'é dubbio, infine, che la lettera della norma porta a considerare irrilevante, ai fini del legittimo esercizio della facoltà di recesso in ipotesi di intenzione di vendita dell'immobile locato, la circostanza della proprietà, in capo al locatore, anche di una pluralità di immobili ad uso diverso (che potrebbero avere un rilevante valore economico), con tutta una serie di incongruenze che è facile immaginare so-Page 636 prattutto per il conduttore, il quale vedrà dipendere il suo diritto alla protrazione del vincolo locatizio da fatti assolutamente estranei alla sua sfera giuridico-economica 6.

D'altra...

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