Fonti del diritto penale internazionale e dialogo fra le Corti internazionali e fra queste e le Corti nazionali

AutoreFausto Pocar
Pagine21-30

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Nell’argomentare sul tema del dialogo tra fonti del diritto e tra giurisdizioni, vorrei partire con una citazione di un non dimenticato illustre giurista e amico barese, Vincenzo Starace, a proposito del ruolo della convenzione europea dei diritti dell’uomo nell’ordinamento italiano. Scriveva Starace che “considerata dal punto di vista del nostro ordinamento, la Convenzione appare rilevante per il riconoscimento, accanto a diritti riconosciuti anche da norme italiane… di diritti nuovi perché non trovano riscontro in tali norme o perché, pur corrispondendo ad essi nominal-mente…, si differenziano da questi per contenuto e portata”. E aggiungeva che “poiché il nostro Stato è tra quelli che hanno reso la normativa convenzionale parte integrante dell’ordinamento interno in virtù degli ordini di esecuzione della Convenzione e dei Protocolli, i diritti in discorso dovrebbero fruire innanzitutto della tutela propria dei meccanismi che nell’ordinamento italiano operano, in genere, a garanzia dei diritti da esso riconosciuti. L’esperienza mostra, tuttavia, che la protezione dei diritti medesimi resta affidata in buona parte… al funzionamento del sistema di garanzia istituito dalla Convenzione”.

Con queste parole l’insigne giurista indicava l’esistenza di una duplicità di fonti del diritto concorrenti, la fonte di origine statale e la fonte di origine internazionale, a tutela dei diritti nell’ambito dell’ordinamento italiano, e quindi disegnava un problema di dialogo e di necessità di coordinamento tra le fonti stesse. Al tempo stesso, riferendosi ai meccanismi di garanzia, cioè alle procedure di tutela, ne indicava la duplicità: quelle dell’ordinamento interno rappresentate dai tribunali nazionali e quelle internazionali rappresentate dalla Corte di Strasburgo, e allora anche dalla Commissione europea dei diritti dell’uomo, a tutela degli stessi diritti. Si riferiva pertanto a un problema di concorrenza di giurisdizioni e di conseguenza all’esigenza di un dialogo tra corti, con le modalità previste dalla convenzione europea e dalla normativa interna.

Il dialogo era peraltro in quell’opera – dato il suo oggetto – delineato solo in parte, come dialogo tra una fonte esterna rappresentata dalla Convenzione e una fonte interna costituita dal diritto nazionale, e tra una corte esterna e i tribunali Page 22 nazionali; ma già allora era, in tema di diritti dell’uomo, più complicato e più ampio. Nelle fonti di origine internazionale, accanto alla Convenzione europea si collocano infatti i Patti internazionali del 1966, rispettivamente sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, oltre a una serie di altre convenzioni delle Nazioni Unite in materia di diritti umani elaborate nel corso degli ultimi decenni; non da ultimo, esistono norme di diritto internazionale consuetudinario. Né va trascurata la fonte rappresentata dal diritto dell’Unione europea, che, come è noto, ha espresso numerose norme sui diritti fondamentali in larga misura ricapitolate e raccolte nella nota Carta di Nizza.

Nell’ambito del diritto internazionale esiste pertanto una pluralità di fonti che devono essere coordinate fra di loro, che pongono le premesse di un dialogo fra di loro nello stesso ordinamento internazionale e vi opera anche una pluralità di giurisdizioni che si occupano dei medesimi diritti: accanto alla Corte di Strasburgo sono attive altre corti internazionali che pure trattano della materia dei diritti umani, compresa per alcuni aspetti la Corte internazionale di giustizia, nonché i Comitati previsti delle varie convenzioni sui diritti umani delle Nazioni Unite con carattere paragiurisdizionale, che in quanto trattano di casi individuali postulano anch’essi un dialogo con le corti internazionali e con le giurisdizioni interne.

Il panorama che si presenta con riferimento ai diritti umani, ma anche ad altre materie, è quindi caratterizzato non soltanto da un dialogo di fonti nell’ordinamento interno in seguito all’adattamento di questo al diritto internazionale, ma anche da un dialogo di fonti nello stesso ordinamento internazionale; dal punto di vista degli organi giurisdizionali, vi è non solo un dialogo tra corti interne e corti internazionali, ma anche e prima di tutto un dialogo di corti nell’ordinamento internazionale, in merito a norme che in larga misura si sovrappongono e hanno lo stesso contenuto.

Ne nascono una serie di intrecci complicati, che specie nel campo dei diritti fondamentali concorrono a definire la tutela dei diritti dei cittadini o ad arricchire, per usare di nuovo un’espressione di Starace, il patrimonio giuridico di ciascun cittadino, ma che richiedono un coordinamento a più livelli nell’ordinamento interno in seguito all’adattamento di questo alle norme internazionali. L’attività del giudice nazionale ne risulta estremamente complicata, e non consiste più solo nell’applicazione delle leggi dello Stato o, come avveniva in passato, di poche norme di adattamento ad alcune convenzioni internazionali, raramente contenenti norme confliggenti e ancora più raramente affidate a corti internazionali per la loro interpretazione e applicazione. Essa sempre più spesso deve tener conto di questi intrecci e consiste nel fornire un’applicazione razionale e coordinata delle norme che rispondono a fonti diverse, che tenga conto della giurisprudenza delle diverse giurisdizioni che hanno competenza a pronunciarsi in materia.

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Con queste premesse in tema di diritti dell’uomo vorrei entrare nel campo specifico del diritto penale internazionale, campo peraltro apparentato con quello dei diritti fondamentali della persona, nella misura in cui esso è inteso a fornire una ulteriore garanzia interna ed internazionale della loro tutela. Se infatti consideriamo i trattati e i meccanismi di garanzia internazionale dei diritti fondamentali, essi hanno sempre come destinatario lo Stato, anche quando le procedure internazionali possono essere attivate da individui, e sono rivolte ad accertare la conformità del comportamento dello Stato agli obblighi derivanti dai trattati internazionali di cui è parte contraente. Esse peraltro non prendono in considerazione direttamente l’agente statale che materialmente ha commesso una violazione...

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