La destatualizzazione delle garanzie nello spazio giudiziario europeo: reinserimento del condannato e mandato di arresto europeo

AutoreLorenzo pulito
Pagine594-599

Page 594

@1. Il mandato di arresto europeo e la protezione dei diritti fondamentali

Il nuovo modello di cooperazione giudiziaria interstatuale in ambito europeo si fonda sulla «pietra angolare»1 del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie in campo penale, la cui prima applicazione è rappresentata dalla decisione quadro adottata dal Consiglio dell’Unione europea n. 584 del 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri2.

L’estensione del summenzionato principio, tradizionalmente applicato per favorire l’attuazione e l’integrazione del mercato unico, ad una materia qualitativamente diversa e costituzionalmente sensibile, come quella penale, ha contribuito ad evocare il pericolo, derivante dall’applicazione del nuovo strumento di cooperazione, di compressioni dei diritti fondamentali.

Almeno due elementi hanno inciso sulla formulazione di tali prospettazioni critiche.

In primo luogo, la obliterazione della esigenza reale di una maggiore armonizzazione nei sistemi di delitti e pene e della individuazione di principi comuni di fondo sul piano processuale3 prima della introduzione del nuovo istituto, con il quale si è invece attualizzata una «fuga in avanti»4.

In secondo luogo, la constatazione della debolezza dell’apparato di garanzie apprestato dalla summenzionata decisione quadro5. Sicché si è avvertita la necessità di chiarire come, sebbene la prospettiva di un’armonizzazione delle legislazioni nazionali con riguardo alla giustizia penale risulti essere la strada più problematica da percorrere, la necessaria ed improrogabile semplificazione delle procedure non possa essere realizzata, in nome di pretese ragioni di efficienza, a scapito delle garanzie individuali e dei diritti fondamentali degli individui6.

In questa ottica si comprende la dirompente azione di implementazione della decisione quadro posta in essere dai legislatori nazionali, specie quello italiano, volta a colmare le lacune in punto di garanzie, ma che ha introdotto, come conseguenza negativa, una marcata disomogeneità tra le normative derivate.

Alle “manovre” attuative - più o meno ortodosse - poste in essere dal nostro legislatore7 non è sfuggito il motivo di rifiuto facoltativo previsto dall’art. 4, n. 6, della decisione quadro istitutiva del mandato di arresto europeo.

@2. Il quadro normativo di riferimento (art. 18, lett. r), l. n. 69 del 2005)

L’art. 18, lett. r), della l. n. 69 del 2005 traspone nel nostro ordinamento l’ipotesi di rifiuto facoltativo contenuta nell’art. 4, n. 6, della decisione quadro, riducendone sotto il profilo soggettivo l’ambito di operatività8.

Page 595

È agevole notare che, se per la fonte europea la consegna può essere negata qualora la persona ricercata sia cittadino, residente oppure dimori nello Stato membro di esecuzione, a condizione che tale Stato si impegni ad eseguire la pena o la misura di sicurezza conformemente al proprio diritto interno, di contro, in base all’art. 18, lett. r), della l. n. 69 del 2005, in caso di sentenza irrevocabile di condanna, solo quando la «pena» o la «misura di sicurezza privativa della libertà personale» riguardino un soggetto che sia «cittadino italiano», la richiesta di consegna della persona ricercata è rifiutata, «sempre che la Corte di appello disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».

Per completezza occorre ricordare che, secondo l’interpretazione della norma invalsa in fase applicativa, il cittadino sarebbe comunque tenuto a fare richiesta per espiare la pena nel proprio paese, mentre l’accoglimento di tale istanza sarebbe subordinato al potere, attribuito alla autorità giudiziaria, di scrutinare l’esistenza o meno di concrete possibilità di espiare la pena in Italia. Dubbi permangono, poi, intorno alle modalità attraverso le quali eseguire il provvedimento straniero di condanna nel nostro ordinamento, non essendo chiaro il tipo di vaglio che l’autorità giudiziaria è chiamata ad effettuare e non essendo facilmente individuabile la normativa in base alla quale far eseguire in Italia la pena inflitta all’estero9.

L’art. 18, lett. r), della l. n. 69 del 2005 trova applicazione limitatamente ai mandati di arresto europeo c.d. “esecutivi”, emessi per l’esecuzione di una sentenza o altro provvedimento di condanna, mentre per quelli c.d. “processuali”, emessi ai fini dell’esercizio dell’azione penale nei confronti del cittadino italiano, trova applicazione la norma di cui all’art. 19, lett. c), che disciplina l’ipotesi della consegna “condizionata”, in attuazione dell’art. 5, n. 3, della decisione quadro. La condizione prevista dall’art. 19, lett. c), rappresenta una garanzia obbligatoria, nel senso che non è rimessa alla decisione della Corte di appello, ed è estesa anche al residente, la cui nozione viene tuttavia individuata dalla giurisprudenza secondo parametri volti a dimostrare l’effettivo radicamento, reale e non estemporaneo, dello straniero in Italia, in linea con la definizione di residenza elaborata dalla Corte di giustizia delle comunità europee10.

Come è evidente, il legislatore italiano, attraverso l’introduzione dell’art. 18, lett. r), della l. n. 69 del 2005, ha reso obbligatorio il motivo che, secondo la fonte europea, era tra quelli facoltativi. La decisione quadro avrebbe voluto che neppure la cittadinanza rappresentasse un ostacolo per la consegna dei ricercati, ma è parso da subito evidente come la maggior parte degli Stati membri avrebbero gelosamente protetto i propri cittadini da consegne incondizionate. Qualche legislatore meno virtuoso nello sfruttare le potenzialità dell’art. 4 della decisione quadro è stato ben presto censurato dal proprio giudice delle leggi: in Germania, il Bundesverfassungsgericht11 ha annullato la legge federale del 21 luglio 2004, entrata in vigore il 23 agosto 200412, contenente modifiche alla legge sull’assistenza giudiziaria (IRG)13.

Tuttavia, nella summenzionata decisione la Corte costituzionale tedesca, dopo aver dedicato lunghe pagine alla descrizione dell’inscindibile rapporto che, attraverso la cittadinanza, s’instaura tra l’individuo ed il proprio ordinamento, ha corretto la prospettiva statualistica, finendo, attraverso il ricorso al giudizio di proporzionalità ed attraverso la distinzione tra «rilevante nesso interno» e «rilevante nesso esterno», con l’accettare la giurisdizione di un altro Stato membro per le fattispecie massgeblicher Auslandsbezug e quindi la estradabilità dei cittadini tedeschi, evenienza esclusa nella logica propria dello stato nazionale, in cui il divieto di estradizione assumeva valenza assoluta14.

Se la previsione, nelle normative derivate, del motivo di rifiuto legato alla cittadinanza potrebbe far pensare ad un duro contraccolpo per gli automatismi della decisione quadro e ad un certo svilimento del sentimento di «elevata fiducia», una corretta lettura consente di affermare che essa testimonia, piuttosto, l’evoluzione del divieto di estradizione del cittadino verso una forma di garanzia moderna, collegata alla protezione dei diritti fondamentali, come ricorda più esplicitamente la Corte costituzionale polacca15, che ne rende assai tollerabile ed opportuna [o perfino imposta16] la trasposizione.

Pare essere questo il corretto punto di partenza per analizzare la problematica sottesa al provvedimento esaminato.

@3. I termini della questione di legittimità costituzionale

Anche per effetto della ordinanza in commento, giunge dinanzi alla Corte costituzionale il quesito se sia legittimo l’art. 18, comma 1, lett. r), della l. n. 69 del 2005 nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna del residente non cittadino17, in cui la Corte ha osservato, in particolare, che nella prospettiva comunitaria non può ritenersi giustificata (a maggior ragione quando la richiesta di consegna riguardi il cittadino di uno Stato membro dell’U.E.) una disparità di trattamento tra cittadini e residenti, avuto riguardo al principio di individualizzazione del regime di (futura) esecuzione della pena, che non può che essere “indistintamente” preordinato ad accrescere le opportunità di reinserimento sociale del condannato, anche alla luce del principio della finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, comma 3, Cost..

Nel caso che ha determinato la rimessione degli atti alla Consulta il ricorrente aveva impugnato la sentenza emessa dalla Corte di appello di Brescia, con la quale ne era stata disposta la consegna all’autorità giudiziaria della Romania, paese di cui egli era cittadino, sulla scorta della motivazione che il particolare regime previsto dalla prefata norma si applicasse al solo cittadino italiano e non potesse estendersi in via interpretativa allo straniero residente in territorio italiano.La decisione impugnata dalPage 596 ricorrente si pone nel solco del consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la disposizione summenzionata non si porrebbe in contrasto con i principi della decisione quadro 2002/584/GAI, posto che quest’ultima enuncia ipotesi di rifiuto facoltative, senza obbligare gli Stati membri dell’Unione ad estendere le garanzie eventualmente riconosciute ai propri cittadini anche agli stranieri che risiedano o dimorino sul territorio18.

Nel prospettare la questione costituzionale, invece, i giudici di legittimità partono dal presupposto che la legislazione comunitaria prevede una facoltà rimessa sì alla discrezionalità ed alla autodeterminazione decisoria dei singoli legislatori nazionali, ma che non consentirebbe a questi di differenziare la posizione del cittadino rispetto a quella del residente non cittadino. Il ragionamento della suprema Corte remittente è imperniato sulla finalità della norma comunitaria, che si ritiene esser quella di consentire che l’esecuzione della pena corrisponda alle funzioni di risocializzazione e reinserimento del condannato, rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT