La capacità dell’amministratore di stare in giudizio

AutoreRodolfo Cusano

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1. Premessa

L’art. 75, ultimo comma, c.p.c. prevede che «Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto. Le associazioni e i comitati, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli articoli 36 e seguenti del codice civile». Tale normativa non prevede la figura dell’amministratore del condominio cui la rappresentanza del condominio è attribuita ex art. 1131 c.c.

2. La rappresentanza dal lato attivo

È infatti tale ultima norma a stabilire che: “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 c.c., o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi”.

La norma è da considerarsi inderogabile in virtù dell’espressa previsione di cui all’art. 1138, ultimo comma, sicché né l’assemblea dei condòmini, né il regolamento di condominio potrebbero legittimamente ridurre i poteri di rappresentanza attribuiti all’amministratore dalla legge.

Secondo la giurisprudenza, ricorrerebbe, nella fatti- specie, un’ipotesi di rappresentanza volontaria originata dal mandato conferito all’amministratore dal condominio. La dottrina, invece, è divisa: per alcuni la rappresentanza è legale perché ha fonte nella legge; per altri è volontaria in quanto fondata sul mandato; per altri ancora non è né legale né volontaria, trattandosi piuttosto di un rapporto sui generis; per chi, infine, qualifica l’amministratore come organo del condominio trattasi di rappresentanza organica.

In ogni caso, l’amministratore del condominio è dunque legittimato senza la necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condòmini e dei terzi al fine di:

  1. eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condò- mini;

  2. disciplinare l’uso delle cose comuni così da assicurare il godimento a tutti i partecipanti al condominio;

  3. riscuotere dai condòmini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea;

  4. compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Tale indirizzo1 è da considerarsi consolidato con il recente pronunciamento della Suprema Corte con le sentenze 18331 e 18332 del 6 agosto 2010.

Per cui possiamo dire che, dal combinato disposto dagli artt. 1130 e 1131 primo comma del c.c. si evince che, al di fuori delle ipotesi di maggiori poteri attribuitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministra- tore può agire in giudizio senza che occorra una apposita autorizzazione solo nell’ambito delle attribuzioni conferitegli dalla legge - e propriamente dall’art. 1130 - le quali concernono in generale l’amministrazione ordinaria e, per quanto attiene specificamente ai lavori e...

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