Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine633-642

Page 633

@CORTE COSTITUZIONALE Ord. 16 giugno 2005, n. 236. Pres. Capotosti - Est. Neppi Modona - Ric. Tribunale di Monza ed altri.

Giudizio penale di primo grado - Dibattimento - Nuove contestazioni - Contestazione derivante da una sopravvenuta modifica normativa - Modifica dell'imputazione - Facoltà dell'imputato di richiedere il giudizio abbreviato - Mancata previsione - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta inammissibilità. Giudizio penale di primo grado - Dibattimento - Nuove contestazioni - Contestazione concernente un fatto già risultante dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penaleModifica dell'imputazione - Facoltà dell'imputato di richiedere il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in udienzaMancata previsione - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta inammissibilità. Giudizio penale di primo grado - Dibattimento - Nuove contestazioni - Contestazione di un reato concorrente in relazione a fatti già risultanti dagli atti di indagine - Reato attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica - Trasmissione degli atti al P.M. - Mancata previsione - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta inammissibilità.

È manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 516 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la definizione del procedimento con il rito abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in udienza, quando la novità della contestazione discende da modifica legislativa che innova la struttura della fattispecie astratta originariamente contestata. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 516).

È manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 516 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la definizione del procedimento con il rito abbreviato relativamente al fatto diverso contestato in udienza, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 516).

È manifestamente inammissibile, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 521 bis, comma 1, c.p.p., nella parte in cui non prevede la trasmissione degli atti al pubblico ministero quando, a seguito della contestazione di un fatto diverso o di un reato concorrente in relazione a fatti che già risultavano dagli atti di indagine, il reato è attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 521 bis).

(Omissis). - Ritenuto che il Tribunale di Monza (r.o. n. 881 del 2003) ha sollevato su eccezione della difesa degli imputati, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui «non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la definizione del procedimento ai sensi degli artt. 438 e seguenti c.p.p. relativamente al fatto diverso contestato in udienza, quando la novità della contestazione discende da modifica legislativa che innova la struttura della fattispecie astratta originariamente contestata, sulla cui base il pubblico ministero abbia proceduto a nuova contestazione in udienza»; che il tribunale premette che nel corso del dibattimento per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all'art. 223, secondo comma, della legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) l'originaria imputazione era stata modificata in conseguenza dell'entrata in vigore del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, che ha sostituito il secondo comma, numero 1, del medesimo articolo; che gli imputati avevano formulato richiesta di giudizio abbreviato, sostenendo che l'eventuale rigetto di tale istanza, benché conforme all'attuale disposto dell'art. 516 c.p.p., si sarebbe posto in contrasto con l'art. 24 Cost.;

che il rimettente richiama la sentenza n. 265 del 1994, con la quale questa Corte ha affermato che «qualora non possa rimproverarsi alcuna inerzia all'imputato, ossia nessuna addebitabilità al medesimo delle conseguenze della mancata instaurazione dei riti alternativi al dibattimento, sarebbe molto difficile negare che la impossibilità di ottenere i relativi benefici concretizzi un'ingiustificata compressione del diritto di difesa», e rileva che la Corte, con la citata decisione, ha introdotto una «sostanziale rimessione in termini» per consentire l'accesso ai riti alternativi, in quanto «la libera determinazione dell'imputato verso tali riti» era stata «sviata da aspetti di anomalia caratterizzanti la condotta processuale del pubblico ministero», quali l'imcompletezza dell'imputazione a fronte di elementi già emergenti dagli atti di indagine preliminare;

Page 634

che il tribunale soggiunge che nel caso in esame la norma censurata, pur risultando l'originaria imputazione correttamente formulata in base alla fattispecie incriminatrice all'epoca vigente, si pone comunque in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto priva irragionevolmente l'imputato della possibilità di accedere al giudizio abbreviato a fronte della contestazione «di un fatto radicalmente diverso da quello originariamente descritto nel capo d'imputazione», non prevedibile nell'udienza preliminare;

che, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata in quanto, contrariamente alla situazione presa in considerazione dalla Corte con la sentenza n. 265 del 1994, nel caso di specie la modifica dell'imputazione trae origine da una sopravvenuta modifica legislativa e cioè da un «accadimento esterno al processo ed estraneo al comportamento delle parti»;

che ad avviso dell'Avvocatura in tali casi l'ordinamento dispone, sul piano del diritto sostanziale, di specifiche regole per la successione delle leggi penali, «mentre sul piano processuale non sembra irragionevole che venga lasciato un margine di scelta in ordine alla creazione di una eventuale specifica disciplina transitoria»;

che il Tribunale di Salerno (r.o. n. 582 del 2004) ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 516 c.p.p., «nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento la definizione del procedimento ai sensi degli artt. 438 e seguenti c.p.p. relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale»;

che il rimettente premette che in dibattimento, dopo la richiesta delle prove, il pubblico ministero aveva modificato il capo di imputazione, contestando all'imputato, «sulla base di emergenze processuali che erano già in suo possesso all'atto dell'esercizio dell'azione penale»,

che l'autovettura oggetto del reato di...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT