La costituzione di parte civile nei processi di accertamento della responsabilità dell'ente

AutoreElisa Ceccarelli
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@1. La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

- Il Tribunale di Milano ritorna sul nodo problematico della possibilità per il soggetto danneggiato dal reato di costituirsi parte civile nel processo di accertamento della responsabilità amministrativa dell'ente per illecito penale commesso a suo vantaggio dai propri dipendenti.

L'ordinanza in esame rifiuta la possibilità di esperire tale azione negando l'interpretazione estensiva dell'art. 185 c.p. sulla scorta dell'impossibilità di identificare la responsabilità dell'ente come penale.

I giudici di merito ritengono, inoltre, assente nell'ordinamento italiano un «principio superiore» dal quale desumere una qualsivoglia competenza del giudice penale a conoscere dei danni derivanti dall'illecito amministrativo dell'ente.

Così argomentando alimentano il contrasto sussistente nella giurisprudenza di merito in ordine alla questione e rendono opportuna l'analisi puntuale di alcuni dei problemi derivanti dalla nuova previsione di responsabilità.

L'introduzione nel nostro ordinamento di una responsabilità a carico degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ha rappresentato un vero e proprio punto di rottura rispetto al passato.

Il D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231 viene emanato in attuazione dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 di ratifica ed esecuzione di alcune convenzioni internazionali relative alla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali di funzionari degli Stati membri dell'U.E. e della tutela delle finanze comunitarie 1.

Il provvedimento si inserisce nel più ampio disegno di lotta alla corruzione internazionale, volto a garantire una più omogenea disciplina tra gli Stati ed una maggiore sicurezza dei mercati, ma, con riguardo alla realtà italiana, la previsione di un'autonoma responsabilità a carico degli enti collettivi, aggiuntiva rispetto a quella della persona fisica autrice dell'illecito penalmente rilevante, ha costituito una precisa volontà di contrasto alla criminalità d'impresa, nell'ottica più ampia di garantire una potestà punitiva statuale veramente efficace.

La ricerca di un criterio idoneo per l'introduzione di forme di imputazione della responsabilità a soggetti diversi dalle persone fisiche ha dovuto scontrarsi con il principio solitamente riassunto dal brocardo societas delinquere non potest che sino a poco tempo fa assurgeva a dogma inattaccabile 2, trovando fondamento nell'art. 27 della Carta costituzionale.

Con il passare del tempo, però, è apparsa sempre più evidente l'imputabilità alle società di alcuni reati ed al tempo stesso l'insufficienza del ricorso alle sanzioni civili quale unico strumento di contrasto degli stessi.

Il superamento dell'empasse dettato dall'assodata incapacità naturalistica di azione dell'ente collettivo è passato attraverso il diritto di un'applicazione estensiva dei principi di imputazione della persona fisica orientandosi, invece, verso il bilanciamento tra l'efficacia preventiva e l'esigenza di costruzione di un diritto sanzionatorio unitario in materia economica.

Il legislatore, preso atto delle peculiarità ontologiche dell'ente collettivo ha modellato una colpevolezza sui generis 3 per poi definirla formalmente come responsabilità «amministrativa dipendente da reato».

La scelta nominalistica sembra quasi unificare i due settori, ma nell'applicazione pratica può apprezzarsi come in realtà tale forma di responsabilità viva di punti di contatto tra l'illiceità penale e quella amministrativa, per poi far nascere ulteriori interessanti ricostruzioni sulla sua natura.

Già nella Relazione governativa 4 si parlava di «nascita di un tertium genus 5 che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo, nel tentativo di contemperare le ragioni dell'efficacia preventiva, con quelle, ancora più ineludibili della massima garanzia» oppure si è autorevolmente opinato nel senso di una sua qualificazione come responsabilità da rischio di esercizio dell'impresa 6.

Secondo il dato normativo, la responsabilità dell'ente sorge con la realizzazione di un reato da parte di una persona fisica legata da un rapporto funzionale con l'ente stesso.

Oltre a questo criterio di collegamento occorre la finalizzazione del reato commesso a vantaggio o nell'interesse della persona giuridica. In aggiunta, vi sono due ulteriori presupposti: uno oggettivo che consiste nella violazione di una regola prudenziale da parte dell'ente stesso ed uno soggettivo di appartenenza dell'autore del reato ad una determinata categoria di individui. Quest'ultima condizione sembra avere grande rilevanza in quanto il tipo di rapporto funzionale che lega l'autore del reato alla persona giuridica è determinante per individuare il criterio di imputazione soggettiva della responsabilità stessa dell'ente: da un lato infatti, si configura un rapporto di rappresentanza, instaurato dall'ente con i soggetti in posizione apicale, per i quali la societas vive un rapporto di immedesimazione organica assoluta (esiste una sorta di presunzione di coincidenza volitiva traPage 94 l'ente ed il soggetto di vertice); in questo caso per esimersi da responsabilità l'ente dovrà provare il carattere fraudolento del reato, ma si tratta comunque di una probatio diabolica. Dall'altro per i soggetti sottoposti all'altrui direzione, la responsabilità dell'ente è limitata solo alla colpa.

In ogni caso, si delinea con chiarezza la volontà del legislatore di far emergere la responsabilità dell'ente quando la violazione della norma avvenga non soltanto all'interno dell'impresa stessa ma anche funzionalmente ad essa.

Non più soltanto la persona fisica ma anche quella giuridica: la responsabilità del dipendente diventa quindi l'occasione per una responsabilità di riflesso da parte dell'ente.

Il D.L.vo 231/2001 costituisce quindi il punto di arrivo di un percorso lungo e complesso a causa del superamento dell'impossibilità di imputazione diretta di responsabilità alle societas, ma, come tutti i provvedimenti innovativi, è fonte diretta di ulteriori ed interessanti problematiche.

Al di là dei dubbi nominalistici, può realizzarsi, sin da una prima lettura del decreto, di come siano prevalenti i caratteri più propri del sistema penale 7, in una responsabilità definita come amministrativa.

Questa conclusione è desumibile da vari elementi. Nell'incipit del testo normativo si rende subito evidente la scelta di campo a favore del sistema penale, dando ampio spazio al principio di legalità, con riferimento alle fonti, all'interpretazione ed alla successione delle leggi penali nel tempo.

L'apparato sanzionatorio predisposto, pur definito come amministrativo, ha connotati di forte afflittività e si articola sia su sanzioni pecuniarie che interdittive.

Ma la parte più rilevante ai nostri fini è il Capo III rubricato «Procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative». L'art. 34 sancisce che «Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

La norma consente quindi l'applicazione per relationem, mediante un rinvio di carattere generale alle norme del codice di procedura penale previa verifica della loro compatibilità con la particolare categoria de qua. In conseguenza di questo, il processo penale viene a svolgere una duplice funzione atipica: sede di accertamento di un illecito classificato come (unicamente) amministrativo e di un giudicato applicativo di sanzioni che, dal punto di vista formale, non sono penali. L'illecito dell'ente non è ontologicamente un reato, dipende certamente dal reato del soggetto legato ad un rapporto funzionale con la societas stessa, ma resta un fatto non penalmente rilevante.

L'assimilazione sul piano processuale viene peraltro pienamente confermata anche dalle disposizioni successive 8.

Chiaramente l'aver esteso l'applicazione delle norme del codice di procedura penale ad un procedimento per l'accertamento di un illecito non reato può comportare diversi problemi in ordine alla precisa definizione delle norme realmente compatibili, con notevole sforzo per l'interprete, il quale dovrà cercare di dare un senso a quello che è...

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