Corte costituzionale 21 maggio 2014, n. 135 (c.c. 12 febbraio 2014)

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Arch. nuova proc. pen. 4/2014
Corte costituzionale
CORTE COSTITUZIONALE
21 MAGGIO 2014, N. 135
(C.C. 12 FEBBRAIO 2014)
PRES. SILVESTRI – REL. FRIGO – RIC. MAG. SORV. NAPOLI IN PROC. Z.U.
Misure di sicurezza y Procedimento y Su istanza
degli interessati y Nelle forme dell’udienza pubblica
y Esclusione y Illegittimità costituzionale parziale.
. Sono costituzionalmente illegittimi, in riferimento
agli artt. 111, primo comma, e 117, primo comma, Cost.,
gli artt. 666, comma 3, 678, comma 1, e 679, comma 1,
c.p.p., nella parte in cui non consentono che la proce-
dura di applicazione delle misure di sicurezza si svolga,
su istanza degli interessati, nelle forme della pubblica
udienza. (c.p.p., art. 666; c.p.p., art. 678; c.p.p., art.
679) (1)
(1) Si rimanda, per utili riferimenti, alla sentenza Corte cost. 12
marzo 2010, n. 93, in questa Rivista 2010, 297, che perviene alle me-
desime conclusioni della pronuncia in epigrafe pur con riferimento
al procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione.
RITENUTO IN FATTO
1.– Con ordinanza depositata il 29 novembre 2012, il
Magistrato di sorveglianza di Napoli ha sollevato, in rife-
rimento agli artt. 111, primo comma, e 117, primo comma,
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
degli artt. 666, comma 3, 678, comma 1, e 679, comma 1,
del codice di procedura penale, «nella parte in cui non
consentono che la procedura di applicazione delle misure
di sicurezza si svolga, su istanza degli interessati, nelle
forme della pubblica udienza».
Il giudice a quo – investito di un procedimento, pro-
mosso d’uff‌icio, per la dichiarazione di abitualità nel reato
– riferisce che il difensore dell’interessato aveva chiesto
che la procedura fosse trattata «in forma pubblica».
Il rimettente rileva che, in base alla normativa vigente,
la richiesta non potrebbe essere accolta. L’art. 679, comma
1, cod. proc. pen. demanda la competenza in materia al
magistrato di sorveglianza, stabilendo che «Quando una
misura di sicurezza diversa dalla conf‌isca è stata, fuori
dei casi previsti dall’articolo 312, ordinata con sentenza,
o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di
sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di uff‌i-
cio, accerta se l’interessato è persona socialmente perico-
losa e adotta i provvedimenti conseguenti, premessa, ove
occorra, la dichiarazione di abitualità o professionalità nel
reato». Quanto al rito, l’art. 678, comma 1, cod. proc. pen.
dispone che il magistrato di sorveglianza, nelle materie
attinenti alle misure di sicurezza e alla dichiarazione di
abitualità o professionalità nel reato, procede «a norma
dell’articolo 666», il cui comma 3 a sua volta prevede che
«il giudice […], designato il difensore di uff‌icio all’interes-
sato che ne sia privo, f‌issa la data dell’udienza in camera
di consiglio».
Il dato normativo risulterebbe, pertanto, inequivoco
nello stabilire che il procedimento per l’applicazione delle
misure di sicurezza abbia luogo «in camera di consiglio»:
formula che – alla luce di un consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimità – implica un rinvio alla
disciplina generale dettata dall’art. 127 cod. proc. pen., il
cui comma 6 dispone espressamente che l’udienza si svol-
ge «senza la presenza del pubblico».
La pubblicità dell’udienza non potrebbe essere, d’altra
parte, “recuperata” neppure in sede di appello avverso
la decisione del magistrato di sorveglianza, posto che, in
forza del citato art. 678, comma 1, cod. proc. pen., anche
il tribunale di sorveglianza – cui l’appello è devoluto (art.
680, comma 1, cod. proc. pen.) – procede nelle materie di
sua competenza a norma dell’art. 666.
Ad avviso del giudice a quo, le norme censurate viole-
rebbero, per questo verso, l’art. 117, primo comma, Cost.,
ponendosi in contrasto – non superabile in via di interpre-
tazione – con il principio di pubblicità dei procedimenti
giudiziari, sancito dall’art. 6, paragrafo 1, della Conven-
zione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liber-
tà fondamentali (CEDU), f‌irmata a Roma il 4 novembre
1950, ratif‌icata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n.
848, così come interpretato dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo.
In recenti pronunce nei confronti dello Stato italiano,
attinenti ad altre materie (sentenza 13 novembre 2007, Bo-
cellari e Rizza contro Italia; sentenza 8 luglio 2008, Perre e
altri contro Italia; sentenza 10 aprile 2012, Lorenzetti con-
tro Italia), la Corte di Strasburgo ha in effetti ritenuto che
la procedura «in camera di consiglio» – e, dunque, senza
l’intervento del pubblico – sia incompatibile con l’indicata
garanzia convenzionale. Ciò è avvenuto, in particolare, con
riguardo al procedimento per l’applicazione delle misure
di prevenzione (cui si riferiscono le prime due pronunce
dianzi citate). La Corte europea ha, infatti, osservato che
– pur a fronte dell’elevato «grado di tecnicismo» di dette
procedure e delle esigenze di protezione della vita privata
di terzi indirettamente interessati, in esse spesso riscon-
trabili – l’entità della «posta in gioco» e gli effetti che le
procedure stesse possono produrre impongono di ritenere
che il controllo del pubblico sull’esercizio della giuri-
sdizione rappresenti una condizione necessaria ai f‌ini del

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