Costituzionale

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Corte costituzionale 11 marzo 2011, n. 88 (Ud. 25 Gennaio 2011)

Pres. De siervo – rel. De siervo – ric. Pres. Cons. Ministri c. Regione friuli-venezia giulia

Enti pubblici locali y regioni y friuli-venezia giulia y tutela delle minoranze linguistiche y utilizzo di dialetti per la cartellonistica stradale e non in aggiunta alla denominazione in lingua italiana y violazione degli artt. 6 E 117, comma 2, lett. H), cost. Y questione infondata di legittimità costituzionale.

Non sono fondate, con riferimento agli artt. 6 e 117, secondo comma, lettera h), Cost., le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, l.r. Friuli-Venezia Giulia 17 febbraio 2010, n. 5 (Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella Regione Friuli- Venezia Giulia) sollevate, con riferimento agli artt. 6 e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che «la Regione sostiene gli enti locali e i soggetti pubblici e privati che operano nei settori della cultura, dello sport, dell’economia e del sociale per l’utilizzo di cartellonistica, anche stradale, nei dialetti di cui all’articolo 2». (l.r Friuli-Venezia Giulia 17 febbraio 2010, n. 5, art. 8) (1)

(1) La giurisprudenza di questa Corte in tema di titolarità del potere normativo in materia di tutela delle minoranze linguistiche, dopo una fase nella quale era stata affermata «l’esclusiva potestà del legislatore statale» (sentenza n. 62 del 1960), in ragione di inderogabili «esigenze di unità e di eguaglianza», ha poi progressivamente riconosciuto anche un potere del legislatore regionale, sia pure entro limiti determinati (da ultimo, sentenza n. 159 del 2009). Questo riconoscimento può consentire un intervento del legislatore delle Regioni anche a statuto ordinario, e specialmente in connessione alle ragioni di convergenti tutele dell’identità culturale e del patrimonio storico delle proprie comunità, tuttavia, esso non attribuisce a quest’ultimo il potere autonomo e indiscriminato di identificare e tutelare una propria “lingua” regionale o altre proprie “lingue” minoritarie, anche al di là di quanto riconosciuto e stabilito dal legislatore statale. Si richiama, a questo proposito, la recente sentenza di questa Corte, citata in parte motiva, 13 maggio 2010, n. 170, su www.giurcost. org, secondo cui se una legge regionale non può «individuare come meritevole di tutela una lingua non riconosciuta come tale dal legislatore statale con la legge generale della materia», tuttavia non sono contrastanti con la Costituzione disposizioni legislative regionali che, «valorizzando il dato “storico” delle antiche denominazioni dei comuni anche in base alle parlate in uso nelle relative comunità», tutelino l’«originale patrimonio culturale e linguistico regionale e le sue espressioni considerate più significative».

Ritenuto in fatto

  1. - Con ricorso notificato il 23 aprile 2010 e depositato il successivo 27 aprile (iscritto al reg. ric. n. 63 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 6 e 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, nonché all’art. 37, comma 2 bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e alla legge 15 febbraio 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, della legge della Regione Friuli- Venezia Giulia 17 febbraio 2010, n. 5 (Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella Regione Friuli-Venezia Giulia).

    Il ricorrente premette che la Regione Friuli-Venezia Giulia ha emanato la legge regionale in esame in attuazione dell’art. 9 Cost., al fine di promuovere e sostenere «la valorizzazione culturale e la conoscenza dei dialetti di origine veneta parlati nel territorio regionale, elencati nel successivo articolo 2». L’impugnata disposizione, a sua volta, stabilisce che «la Regione sostiene gli enti locali e i soggetti pubblici e privati che operano nei settori della cultura, dello sport, dell’economia e del sociale per l’utilizzo di cartellonistica, anche stradale, nei dialetti di cui all’articolo 2».

  2. - Il ricorrente ricorda che, a livello nazionale, è stata adottata la legge n. 482 del 1999, che all’art. 2, comma 1, recita: «In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo»; ciò mentre all’art. 3 di questa legge individua i territori nei quali si applicano le disposizioni a tutela delle sopra citate minoranze linguistiche. Sempre in questa legge l’art. 10 prevede che «nei comuni di cui all’articolo 3, in aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono deliberare l’adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali».

  3. - Ciò premesso, l’Avvocatura generale dello Stato sottolinea come, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, la tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio fondamentale della Costituzione, da preservare in particolare alla luce «del principio pluralistico » riconosciuto dall’art. 2 Cost., oltre che «del principio di eguaglianza» ex art. 3 Cost.. La stessa giurisprudenza riconosce come il legislatore statale abbia inteso, altresì,

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    valorizzare, accanto alle culture minoritarie, il patrimonio culturale ed artistico della lingua italiana (sentenza n. 159 del 2009).

  4. - Alla luce di quanto sopra ricordato - prosegue il ricorrente - la denunciata previsione legislativa regionale si porrebbe chiaramente in contrasto con l’art. 10 della legge n. 482 del 1999, il quale consente l’adozione di toponimi solo per quelle minoranze...

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