Costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine687-693

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@CORTE COSTITUZIONALE 26 giugno 2009, n. 184. Pres. Amirante – Est. Frigo – Ric. Trib. Pen. Fermo in proc. B.S.

Giudizio abbreviatoProcedimentoDecisioneUtilizzabilità degli atti di investigazione difensiva, a contenuto dichiarativo, unilateralmente assuntiQuestione di legittimità costituzionaleInfondatezza

È infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo e quarto comma, della Costituzione, dell’art. 442, comma 1 bis, del codice di procedura penale, «richiamato dall’art. 556, comma 1», del medesimo codice, «nella parte in cui prevede l’utilizzabilità, nel giudizio abbreviato, ai fini della decisione sul merito dell’imputazione - in assenza di situazioni riconducibili ai paradigmi di deroga al contraddittorio dettati dall’art. 111, quinto comma, Cost. - degli atti di investigazione difensiva a contenuto dichiarativo, unilateralmente assunti». (c.p.p., art. 442; c.p.p., art. 556)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. - Con ordinanza dell’11 aprile 2007 il Tribunale di Fermo, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo e quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 1 bis, del codice di procedura penale, «richiamato dall’art. 556, comma 1», del medesimo codice, «nella parte in cui prevede l’utilizzabilità, nel giudizio abbreviato, ai fini della decisione sul merito dell’imputazione - in assenza di situazioni riconducibili ai paradigmi di deroga al contraddittorio dettati dall’art. 111, quinto comma, Cost. - degli atti di investigazione difensiva a contenuto dichiarativo, unilateralmente assunti».

    Il giudice a quo premette di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata del delitto di cui all’art. 486 del codice penale (falsità in foglio firmato in bianco), per il quale il pubblico ministero aveva esercitato l’azione penale mediante citazione diretta a giudizio.

    Prima dell’apertura del dibattimento, il difensore e procuratore speciale dell’imputato aveva depositato il fascicolo delle investigazioni difensive, contenente verbali di assunzione di sommarie informazioni rese ai sensi degli artt. 391 bis e 391 ter, comma 3, cod. proc. pen., formulando contestuale richiesta di giudizio abbreviato «non condizionato» e chiedendo che i predetti atti di investigazione difensiva venissero utilizzati ai fini della decisione sul merito dell’imputazione. Disposto il rito alternativo - che veniva accettato dalla parte civile - il pubblico ministero e la stessa parte civile facevano dare atto, «per quanto potesse rilevare», del proprio dissenso all’utilizzazione degli atti unilateralmente raccolti dal difensore dell’imputato.

    Ciò premesso, il rimettente osserva - in punto di rilevanza della questione - che l’utilizzabilità a fini decisori, nel giudizio abbreviato, delle investigazioni difensive risponde «ad un consolidato - quanto opinabile - indirizzo interpretativo», avallato in più d’una occasione dalla stessa Corte costituzionale (vengono citate le ordinanze n. 245 e n. 57 del 2005); e che non ricorre, d’altro canto, nella specie, alcuna ipotesi di «impossibilità di natura oggettiva» o di «provata condotta illecita», atta a giustificare una deroga al principio della formazione della prova in contraddittorio, ai sensi del quinto comma dell’art. 111 Cost.

    Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente assume che la norma censurata si porrebbe in contrasto, anzitutto, con il principio costituzionale del «contraddittorio nella formazione della prova» nella «parità delle armi» (art. 111, secondo e quarto comma, Cost.).

    Al riguardo, il giudice a quo rileva come nel nuovo art. 111 Cost. il concetto di «contraddittorio» venga evocato in due accezioni distinte: talora, cioè, nell’aspetto «oggettivo» di metodo di accertamento dei fatti; talaltra, invece, nel senso «soggettivo» di garanzia individuale. In particolare, la prima parte del quarto comma di detto articolo, sancendo che «il processo penale è retto dal principio del contraddittorio nella formazione della prova», detterebbe una prescrizione di natura oggettiva, posta a tutela del processo penale e intesa ad assicurare il contraddittorio come metodo di conoscenza. Al contrario, il precedente terzo comma, nello stabilire che «la legge assicura che la persona accusata di un reato […] abbia facoltà davanti al giudice di interrogare o di far interrogare le persone che rendano dichiarazioni a suo carico», porrebbe una regola di tipo soggettivo, funzionale alla tutela dell’imputato.

    In simile contesto, sarebbe peraltro erroneo - ad avviso del rimettente - interpretare il principio del contraddittorio come un «diritto soggettivo» attribuito al solo imputato. La «storia politico-legislativa» della riforma della norma costituzionale e la «collocazione sistematica del principio di elaborazione dialettica della prova» renderebbero, difatti, indubitabile che il legislatore costituzionale abbia inteso fare del contraddittorio «lo statuto epistemologico della giurisdizione» (art. 111, secondo comma, Cost.) e, del contraddittorio nella formazione della prova,Page 688 «la specificità della giurisdizione penale» (art. 111, quarto comma, Cost.): soltanto nel processo penale, cioè, il contraddittorio dovrebbe necessariamente calarsi «dentro il momento genetico della prova». In tale ottica, il principio in questione indicherebbe al legislatore ordinario il canone minimo di ammissibilità delle prove penali: esso non consentirebbe, in specie, che materiali conoscitivi non formati in contraddittorio trovino ingresso nel processo ai fini della decisione sul merito della res iudicanda, mentre lascerebbe impregiudicata la loro utilizzabilità ai fini di decisioni incidentali (su misure cautelari, intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ecc.) o processuali (archiviazione, sentenza di non luogo a procedere, sentenza di incompetenza).

    Gli elementi probatori formati unilateralmente da uno degli antagonisti, ossia senza una partecipazione congiunta dell’altro nella «fase istruttoria», non potrebbero, d’altronde, mai essere considerati come prove assunte in contraddittorio. Di conseguenza, l’utilizzabilità degli elementi raccolti tramite le investigazioni difensive resterebbe legata alla loro riconducibilità alle deroghe previste dal quinto comma dell’art. 111 Cost., in forza del quale «la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita».

    Prescindendo dalle ultime due ipotesi, che non vengono in considerazione nella specie, quanto alla prima non si potrebbe ritenere - a parere del giudice a quo - che, facendo riferimento al consenso del solo imputato, la Costituzione abbia reso irrilevante la posizione delle altre parti. Il sostantivo «consenso» evocherebbe, difatti, in senso tecnicogiuridico, una manifestazione di volontà con la quale un soggetto rimuove «un limite all’agire altrui nella propria sfera giuridica»: manifestazione di volontà che in tanto può risultare efficace in quanto colui dal quale promana abbia la disponibilità esclusiva di un certo assetto di interessi. Il consenso dell’imputato potrebbe valere, perciò, solo in rapporto ad elementi a lui potenzialmente sfavorevoli, in quanto raccolti dalle altre parti: esso costituirebbe, in specie, una rinuncia al contraddittorio in senso soggettivo ed alla tutela rappresentata dalla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi ha eluso il confronto con la difesa; laddove, invece, il contraddittorio in senso oggettivo resterebbe indisponibile unilateralmente.

    Con riguardo agli elementi formati dal difensore dell’imputato, il consenso potrebbe logicamente promanare, dunque, solo dalle parti che hanno un interesse contrario: conclusione, questa, che sarebbe imposta dallo stesso art. 111 Cost., il quale al secondo comma - con riferimento alla giurisdizione in genere - afferma che ogni processo deve svolgersi «nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità».

    Opinare diversamente significherebbe, in pratica, rendere l’accusato «arbitro della prova», riducendo il principio del contraddittorio nel solo alveo del diritto di difesa. Non solo: ma la tesi contrastata porterebbe a ritenere incostituzionali le norme che, con riferimento al dibattimento...

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