Corte di Cassazione Penale sez. V, 18 ottobre 2017, n. 48107 (ud. 22 settembre 2017)

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giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 4/2018
LEGITTIMITÀ
2. Il regime di impugnazione dell’ordinanza di imputa-
zione coatta, prima e dopo la L. 103/2017 (c.d. riforma
Orlando)
In ossequio ai principi sanciti dalla Costituzione repub-
blicana, il diritto ad agire e difendersi in giudizio compen-
dia uno dei valori essenziali su cui si fonda e si articola la
dialettica processuale.
Tale diritto deve esercitarsi nel rispetto delle condizio-
ni di parità delle armi fra le parti e di contraddittorio (art.
111, comma 2 Cost.).
L’accusato del reato, inoltre, ha diritto ad essere tem-
pestivamente informato circa la natura e le motivazioni
dell’accusa a lui ascritta aff‌inché sia messo nelle condi-
zioni di predisporre adeguatamente la sua difesa (art. 111,
comma 3 Cost.).
Dal combinato disposto dei predetti articoli si appale-
sa la vocazione dei principi costituzionali agli ideali del
giusto processo, che performano il sistema processuale
penale, inteso quale ordine di atti e di forme necessari a
guidare gli organi competenti al f‌ine di garantire una ce-
lebrazione del processo scevra da violazioni e/o da errori
che ne inf‌icino l’esito.
I criteri fondamentali dello schema procedurale sono
meritevoli di tutela a vario titolo ed impongono l’impiego
di strumenti di indagine e di accertamento delle responsa-
bilità che, allorché violati, determinano la lesione di beni
costituzionalmente garantiti.
Aldilà del prof‌ilo schiettamente procedurale, la garan-
zia del contraddittorio funge da limite alla gestione discre-
zionale dell’attività giudiziaria anche sul piano pratico,
laddove impone il rispetto della dignità delle parti in ogni
stato e grado del procedimento.
Nell’impronta accusatoria del codice di rito, confer-
mata con la riforma costituzionale dell’art. 111 Cost., le
indagini preliminari assurgono a fase endoprocedimenta-
le (come enucleato dall’art. 326 c.p.p.) in cui il pubblico
ministero è tenuto a compiere ogni accertamento sui fat-
ti, ivi compresi quelli in favore della persona sottoposta
alle indagini, onde garantire la completezza investigativa
suscettibile di condizionare le successive scelte proces-
suali.
Gli atti acquisiti al fascicolo del P.M., cui è attribuita
la scelta dell’epilogo alternativo tra azione ovvero archi-
viazione, potenzialmente condizionano i diritti di libertà
dell’indagato, ad esempio qualora si ritenga necessaria la
disposizione di misure coercitive, conf‌igurando un vero e
proprio diritto dello stesso alla completezza delle indagini
a suo carico.
È indubbio che l’avvio di un giudizio penale, pendente
come la spada di Damocle in capo all’indagato, ne con-
diziona la sfera privata e sociale. La celebrazione di un
processo penale, di per sé, cagiona alle parti un rilevante
stress e, in caso di delitti particolarmente gravi sul piano
morale e sanzionatorio, anche una possibile emargina-
zione sociale; il reo, infatti, è tale solo quando ne venga
accertata def‌initivamente la responsabilità aldilà di ogni
ragionevole dubbio ma l’assoluzione giunge, spesso, dopo
molto tempo.
“Per chi è sospettato è meglio il moto della quiete, per-
ché chi sta fermo può sempre, anche senza saperlo, stare
sul piatto di una bilancia ed essere pesato per i suoi pec-
cati.” (FRANZ KAFKA, da Il processo).
Il processo surreale ordito ai danni dal personaggio
kafkiano richiama i pericoli dell’arbitrarietà del potere
giudiziario; male scongiurato in epoca repubblicana dalle
tutele invalicabili imposte dalle carte costituzionali e so-
vranazionali ma che, talvolta, si manifesta sotto forma di
violazioni di diritti e provvedimenti abnormi.
Per un inconsapevole imputato, l’inaspettata ricezione
di una richiesta di rinvio a giudizio per omicidio, conse-
guente ad un’ordinanza di imputazione coatta emessa dal
Gip all’esito di un’udienza camerale a cui non gli è stato
dato neanche di partecipare, rievoca uno scenario a tratti
kafkiano.
Un novello Josef K. si trova costretto a subire un pro-
cesso in seguito all’espiazione del quale lo attende una
– concretamente possibile, allo stato della richiesta di
archiviazione avanzata dallo stesso P.M. – sentenza di as-
soluzione.
L’ordinanza con cui il G.I.P. ordina al P.M. di procedere
alla formulazione dell’imputazione in capo a persona non
previamente identif‌icata né iscritta nel registro delle noti-
zie di reato è un provvedimento abnorme perché radical-
mente avulso dal sistema processuale.
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, “abnorme”
è il provvedimento connotato da vizi in procedendo o in
iudicando che lo rendono completamente avulso dall’ordi-
namento giuridico, ancorché imprevedibili dal legislatore.
A cagione della abnormità da cui è affetto, il codice di rito
non ha predisposto un apposito mezzo di gravame esperi-
bile al f‌ine di soddisfare l’istanza di annullamento di un
tale provvedimento; per l’esigenza eminentemente pratica
di ovviare alla possibile e conseguente situazione di stasi
processuale, tuttavia, la giurisprudenza lo individua, ai
sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., nell’immediato ricorso
per cassazione per violazione di legge (Cass., sez. III, n.
3010/1996).
Invero, da una lettura sistematica dei principi fonda-
mentali che regolano il giusto processo emerge la dove-
rosità di annullare a mezzo di ricorso per cassazione ogni
provvedimento per il quale non sia previsto un espresso
rimedio utile a rimuovere una soluzione altrimenti insa-
nabile e radicalmente in contrasto con l’ordinamento giu-
ridico processuale.
Rispetto a quanto sopra non pare incidere la riforma
c.d. Orlando (L. 103/2017).
Essa, infatti, nell’abrogare il comma 7 dell’art. 409
c.p.p. ed introdurre un nuovo articolo 410 bis c.p.p, ha so-
stituito al regime di ricorribilità per cassazione dell’ordi-
nanza di archiviazione nei casi di nullità previsti dall’art.

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