Corte di Cassazione Penale sez. I, 23 febbraio 2016, n. 7172 (ud. 13 gennaio 2016)

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giur
9/2016 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
2.2 Sulla base delle sovraesposte considerazioni deve
pertanto escludersi la conf‌igurabilità del reato in esame nel
caso di specie, atteso che l’imputato si è limitato a riferire ai
carabinieri una circostanza non veritiera in ordine alla con-
dizione di regolarità della copertura assicurativa della sua
autovettura, senza che ciò potesse incidere sulle indicazioni
che concorrono a stabilire le condizioni della persona del
dichiarante, ovvero alla sua individuazione o identif‌icazio-
ne. Ne discende la conformità a legge della decisione adot-
tata dal G.u.p. in ordine alla decisione di non conf‌igurabilità
del reato in contestazione nel caso di specie.
3. Ma anche l’ulteriore decisione in ordine alla insussi-
stenza della ipotesi delittuosa del falso indotto di cui agli
artt. 48 e 483 c.p. risulta del tutto condivisibile, atteso che,
come correttamente affermato da questa Corte, deve rite-
nersi non integrato il delitto di falso ideologico commesso
dal privato in atto pubblico nella condotta di colui che, fer-
mato per un controllo dalla Polizia alla guida della propria
autovettura, dichiari falsamente di essere in possesso di pa-
tente di guida e di averla dimenticata a casa (Cass., sez. V,
n. 39610 del 27 maggio 2011 - dep. 3 novembre 2011, Bellani,
Rv. 250835), non sussistendo, in tal caso, l’obbligo del privato
di dire la verità, posto che il verbale della polizia, contenente
le dichiarazioni del privato, non è destinato ad attestare la
verità dei fatti dichiarati ed il reato in questione è ravvisa-
bile solo quando l’atto pubblico, nel quale sia trasfusa la di-
chiarazione del privato, sia destinato a provare la verità dei
fatti attestati (sez. V, sentenza n. 21402 del 5 febbraio 2008
ud. (dep. 28 maggio 2008) Rv. 240080). Ed invero, il delitto
di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico
(art. 483 c.p.) sussista solo qualora l’atto pubblico, nel quale
la dichiarazione del privato è stata trasfusa, sia destinato a
provare la verità dei fatti attestati, e cioè quando una norma
giuridica obblighi il privato a dichiarare il vero ricollegando
specif‌ici effetti all’atto-documento nel quale la sua dichiara-
zione è stata inserita dal pubblico uff‌iciale ricevente (v. sez.
un., sentenza n. 6 del 17 febbraio 1999 ud. (dep. 31 marzo
1999) Rv. 212782; conforme sez. un., sentenza n. 28 del 15
dicembre 1999 ud. (dep. 00/00/1999) Rv. 215413).
3.1 Ne consegue che, sulla base dei predetti principi raf-
f‌inati dalla giurisprudenza di legittimità e qui ampiamente
condivisi, deve ritenersi che il verbale del 1 novembre 2014
redatto dai carabinieri non possa ritenersi ideologicamen-
te falso sol perchè contenente la dichiarazione dell’imputa-
to in ordine alla regolarità della sua copertura assicurativa,
non presupponendo per la sua adozione il contenuto veri-
tiero della detta dichiarazione e non avendo il menzionato
verbale la funzione di provare la verità dei fatti attestati.
4. Il secondo motivo di doglianza è invece inammissi-
bile, stante la sua manifesta infondatezza.
4.1 Risulta evidente che il riferimento all’art. 494 c.p.
operato dal ricorrente per sollecitare una diversa quali-
f‌icazione del fatto di reato è del tutto inconferente con la
descrizione delle condotte riportate nel capo di imputa-
zione che delineano comportamenti che, lungi dall’inte-
grare le condotte contestate, non possono neanche essere
ricondotte alla fattispecie di reato descritta nel sopra ri-
chiamato art. 494 c.p. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 23 FEBBRAIO 2016, N. 7172
(UD. 13 GENNAIO 2016)
PRES. VECCHIO – EST. TALERICO – P.M. CARDINO (DIFF.) – RIC. SILOCCHI
Guida in stato di ebbrezza y Sanzione sostitutiva
del lavoro di pubblica utilità y Avvio della fase ese-
cutiva per lo svolgimento dell’attività individuata y
Onere del condannato y Esclusione y Onere dell’au-
torità giudiziaria y Sussistenza.
. In tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata ope-
rata la sostituzione della pena principale con il lavoro
di pubblica utilità, è onere dell’autorità giudiziaria - e
non del condannato - l’avvio del procedimento f‌inaliz-
zato allo svolgimento dell’attività lavorativa individua-
ta. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato
l’ordinanza, con cui il giudice dell’esecuzione aveva
ripristinato la pena principale, sul presupposto dell’i-
nerzia del condannato, che non aveva mai comunicato
all’ente individuato in sentenza la sanzione sostitutiva
inf‌littagli). (nuovo c.s., art. 186) (1)
(1) Conformemente, v. Cass. pen., sez. IV, 14 maggio 2015, n. 20043, in
questa Rivista 2015, 950 e Cass. pen., sez. IV, 8 agosto 2014, n. 35278, in
Ius&Lex dvd n. 2/2016, ed. La Tribuna. Cfr. Cass. pen., sez. fer., 23 dicem-
bre 2014, n. 53570, ibidem e Cass. pen., sez. IV, 12 luglio 2013, n. 30198, in
questa Rivista 2014, 528, secondo le quali la sostituzione della pena de-
tentiva o pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità può essere disposta
dal giudice, oltre che di uff‌icio e sempre che l’imputato non si opponga,
anche su richiesta di quest’ultimo, ma tale istanza può essere rigettata
se non consente di individuare il tipo di lavoro sostitutivo concretamente
applicabile, non sussistendo un onere per il decidente di predisporre il
progetto relativo alle modalità di esecuzione della sanzione sostitutiva.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza emessa il 15 gennaio 2015, il giudice per
le indagini preliminari del Tribunale di Como, in funzione di
giudice dell’esecuzione, revocava nei confronti di Silocchi
Davide la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di-
sposta con sentenza del medesimo organo giudicante dell’8
gennaio 2013, divenuta irrevocabile dal 7 febbraio 2013, e,
per l’effetto, ripristinava nei confronti del condannato la
pena di mesi quattro di arresto ed €. 1.250,00 di ammenda
nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospen-
sione della patente di guida per la durata di anni due.
A sostegno della decisione evidenziava che, sebbene il
giudice di merito avesse stabilito che il lavoro di pubblica
utilità doveva essere iniziato entro tre mesi dal passaggio
in giudicato della sentenza e avere termine entro anni uno
da tale data, era trascorso un considerevole lasso di tempo
(quasi due anni) senza che il condannato avesse ottempe-
rato a quanto, gli era stato imposto; riteneva “inconferente”
la giustif‌icazione addotta dalla difesa nella memoria del
14 novembre 2014, in quanto non competeva all’Uff‌icio del
giudice dare comunicazione della sentenza all’Ente presso
cui dovevano essere svolti i lavori di pubblica utilità.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cas-
sazione personalmente il condannato, il quale, dopo avere
richiamato “le norme generalmente applicabili relative al

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