Corte di cassazione penale sez. II, 20 gennaio 2014, n. 2210 (ud. 5 novembre 2013)

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giur
2/2014 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
chiesto la misura (negata dal giudice), viene a sancire
la legittimità dell’azione cautelare esercitata; non solo
perchè la pronuncia negativa del G.I.P. può rendere più
diff‌icile - sia pure in via di mero fatto - il riconoscimento
della responsabilità degli imputati nella successiva fase
del giudizio per quei reati relativamente ai quali il G.I.P.
ha negato la sussistenza di gravi indizi o la possibilità di
sussumere i fatti accertati nella fattispecie criminosa; ma
anche perchè il riconoscimento della sussistenza della
gravità indiziaria in ordine a reati ulteriori, rispetto a
quelli per i quali il G.I.P. ha disposto la misura, rafforza
- a maggior ragione quando si tratta di reati (come nel
caso di specie) strettamente connessi tra loro - il quadro
indiziario complessivo e le stesse esigenze cautelari po-
ste a base della misura, potendo così tale riconoscimento
risultare determinante ai f‌ini delle future decisioni da
adottare in ordine al mantenimento o alla revoca della
misura originariamente disposta, essendo evidente che,
ove mai venissero meno i gravi indizi di colpevolezza o si
aff‌ievolissero le esigenze cautelari per un reato, potreb-
bero i gravi indizi o le esigenze cautelari non venir meno
né aff‌ievolirsi per un reato diverso.
Sul punto, può dunque enunciarsi il seguente princi-
pio di diritto: «Sussiste l’interesse del P.M. ad impugnare
l’ordinanza del G.I.P. che ha applicato la misura cautelare
degli arresti domiciliari solo relativamente ad alcuni rea-
ti, anche quando con l’impugnazione il P.M. chieda, non
l’accoglimento della originaria richiesta di applicazione
della custodia in carcere (respinta dal G.I.P.), bensì l’ap-
plicazione della misura già disposta anche relativamente
ad altri reati contestati, per i quali il giudice ha ritenuto
non sussistenti i gravi indizi di colpevolezza o ha escluso
la possibilità di sussumere i fatti accertati nella fattispecie
criminosa». (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. ii, 20 Gennaio 2014, n. 2210
(ud. 5 novembRe 2013)
pRes. Gentile – est. iasillo – p.m. fodaRoni (diff.) – Ric. bonGini
Misure cautelari reali y Condizioni di applicabili-
y Fumus commissi delicti y Adozione del decreto
che dispone il giudizio y Sussistenza.
. In tema di misure cautelari reali non può più farsi
questione circa la sussistenza del “fumus commissi de-
licti” quando sia intervenuto, con riguardo al reato in
relazione al quale il provvedimento è stato adottato, il
decreto che dispone il giudizio. (Mass. Redaz.) (c.p.p.,
art. 321; c.p.p., art. 322) (1)
(1) In senso conforme si veda Cass. pen., sez. V, 23 luglio 2009, Cec-
chi Gori, in questa Rivista 2010, 620. In argomento, cfr. Corte cost. 15
marzo 1996, Sposato, ivi 1996, 200. In merito alla valutazione dei pre-
supposti che giustif‌icano l’applicazione della misura cautelare reale,
si veda Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, Cecchi Gori, ivi 2009, 802.
svolGimento del pRocesso
Con decreto del 4 aprile 2013, il Tribunale di Genova
dispose il sequestro preventivo di beni, valori e danaro f‌ino
alla concorrenza della somma di € 81.783,86 nei confronti
dei predetti Bongini Sabrina e Bongini Maurizio, rinviati
a giudizio, tra l’altro, per il reato di cui agli artt. 110, 81
cpv., 640, “comma, c.p. (truffa aggravata ai danni di ente
pubblico).
Avverso tale provvedimento Bongini Sabrina e Bongini
Maurizio proposero istanza di riesame, ma il Tribunale di
Genova, con ordinanza del 2 maggio 2013, la respinse.
Ricorre per cassazione il difensore di Bongini Sabrina
e Bongini Maurizio deducendo che il Tribunale nella sua
decisione non ha utilizzato come, invece, più volte affer-
mato dalla Suprema Corte - tutti gli atti del procedimen-
to. In particolare pur dandosi atto, nel provvedimento
impugnato, della presenza negli atti del decreto di rinvio a
giudizio del G.U.P. la decisione del Tribunale si fonda solo
sul contenuto del capo di imputazione. In buona sostanza
secondo il difensore dei ricorrenti per il G.U.P. la società
dei Bongini è stata f‌inanziata dall’Ente Pubblico appaltan-
te e il danno economico per l’Ente sarebbe costituito nel-
l’indisponibilità del danaro per il tempo occorso ai f‌ini del-
l’acquisto dei materiali che all’epoca del pagamento non
erano ancora a disposizione dei Bongini. Quindi il prof‌itto
non può essere quello di € 81.783,86 - cioè tutto quello che
è stato versato dall’Ente pubblico agli imputati - ma solo la
somma di danaro corrisposta e alla quale non corrisponda
una controprestazione degli imputati (il difensore dei ri-
correnti cita, a sostegno di quanto sopra sinteticamente
illustrato, varie decisioni di questa Corte). Rileva, poi, il
difensore che anche la natura sanzionatoria della misura
ex art. 322 ter del c.p. impone il rispetto dei medesimi
principi generali sottesi alle sanzioni penali tra i quali
la proporzione, l’adeguatezza e gradualità tra il fatto e le
conseguenze ad esso collegate. Quindi poiché nel caso di
specie la condotta illecita degli imputati si inserisce in un
più ampio rapporto, lecito ed eff‌icace, il Giudice di merito
ha l’obbligo di individuare esattamente la reale entità del
prof‌itto derivante dall’illecita condotta e di applicare solo
per questo il sequestro e la successiva conf‌isca.
Il difensore dei ricorrenti conclude, quindi, per l’annul-
lamento dell’impugnato provvedimento.
motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato e va, quindi, di-
chiarato inammissibile. Infatti, con la prima doglianza si
contesta il richiamo del principio di diritto effettuato dal
Tribunale, sottolineando che con la richiesta di riesame
non si contestava la sussistenza del fumus. In realtà il
Tribunale ha correttamente evocato il principio di cui si
dirà in seguito. Il Giudice di merito ha, invero, rilevato che
seppure l’istanza di riesame riguardava solo l’esatta indi-
viduazione del quantum da sottoporre a sequestro -l’effet-
tiva entità del prof‌itto derivante dall’illecita condotta - in
realtà tale richiesta si fondava su una diversa ricostruzio-
ne del fatto che differiva totalmente da quanto esposto nel
capo di imputazione e in concreto ritenuto anche dal G.I.P.

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