Corte di cassazione penale sez. IV, 12 dicembre 2014, n. 51773 (ud. 26 novembre 2014)
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giur
4/2015 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
residuali casi in cui l’agente (mago, fattucchiere e simili)
prospetti mali immaginari dipendenti da forze esterne ed
occulte (quindi indipendenti dalla volontà dell’agente)
sulle quali egli, dietro compenso, può intervenire.
Ma la norma non consente una tale soluzione per la
semplice ragione che quel tipo particolare di pericolo im-
maginario indotto da abili truffatori (maghi, chiromanti et
similia) è solo una delle modalità con le quali può realiz-
zarsi la truffa.
Non senza considerare che il suddetto approdo erme-
neutico, non appare coerente con la definizione che quella
stessa giurisprudenza ha dato del sintagma “pericolo
immaginario” ossia pericolo “inesistente” ovvero frutto
dell’immaginazione, «in genere, ma non necessariamente,
correlato a forze occulte o a credenze superstiziose».
In conclusione, il problema interpretativo che pone la
norma in esame, può essere racchiuso nel seguente quesi-
to: l’agente dev’essere sanzionato per ciò che ha progettato
e realizzato (truffa) o per quello che appare alla vittima
(estorsione)?
La risposta, ad avviso di questa Corte, non può che
essere nel senso del primo corno del dilemma perchè è
l’unica interpretazione che appare conforme al principio
di legalità di cui all’art. 1 c.p. a norma del quale l’agente
va sanzionato per il reato che ha commesso (nella specie:
la truffa che simula un’estorsione) e non per quello che
non ha mai commesso né intendeva commettere ma che
la parte offesa credeva essere stato perpetrato nei propri
confronti (l’estorsione) e di cui è rimasta vittima.
Pertanto, nel caso di specie, il reato di estorsione va ri-
qualificato come truffa aggravata alla stregua del seguente
principio di diritto: «il criterio differenziale fra il delitto
di truffa aggravato dall’ingenerato timore di un pericolo
immaginario e quello di estorsione, risiede solo ed esclu-
sivamente nell’elemento oggettivo: si ha truffa aggravata
quando il danno immaginario viene indotto nella persona
offesa tramite raggiri o artifizi; si ha estorsione, invece,
quando il danno è certo e sicuro ad opera del reo o di altri
ove la vittima non ceda alla richiesta minatoria.
La valutazione circa la sussistenza del danno immagi-
nario (e, quindi, del reato di truffa aggravata) o del danno
reale (e, quindi, del reato di estorsione) va effettuata ex
post e non ex ante essendo irrilevante ogni valutazione in
ordine alla provenienza del danno prospettato ovvero allo
stato soggettivo della persona offesa.
Pertanto, risponde del reato di truffa aggravata e non
di estorsione, chi, al fine di procurarsi un ingiusto profitto,
spacciandosi alla parte offesa come un agente di polizia
in borghese ed esibendo un falso distintivo, dopo averla
inseguita e fermata con la minaccia di elevare verbale di
contravvenzione per un importo di 1.300,00 Euro, lo indu-
ce a consegnargli la minor somma di Euro 500,00».
3. Violazione dell’art. 61 n. 5 c.p.: la censura è fondata
in quanto, a fronte di uno specifico motivo di appello (cfr
pag. 10 ss. dell’atto di appello) la Corte ha omesso ogni
motivazione.
4. Violazione dell’art. 62 bis c.p. la censura deve rite-
nersi assorbita. Infatti, la Corte territoriale, nel giudizio
di rinvio, anche alla stregua della diversa qualificazione
giuridica del fatto, rivaluterà la richiesta di concessione
della suddetta attenuante.
5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata
limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto e alla
sussistenza o meno dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5
c.p.: resta ferma, invece, la penale responsabilità per il
reato di cui al capo sub b).
Di conseguenza, in sede di rinvio, la Corte territoriale
- valutata nuovamente la richiesta di applicazione delle
attenuanti generiche, e verificata la configurabilità o meno
dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. - provvederà alla sola
rideterminazione della pena per i reati di cui agli artt. 640/2
n. 2 (capo sub a, così come riqualificato) e 347 61 n. 2 c.p.
(capo sub b) la cui penale responsabilità, in capo al ricorren-
te, deve ritenersi definitivamente accertata. (Omissis)
corte di cassazione penale
sez. iv, 12 dicembre 2014, n. 51773
(ud. 26 novembre 2014)
pres. brusco – est. iannello – p.m. viola (conf.) – ric. sculco
Guida in stato di ebbrezza y Accertamento y Mo-
dalità y Sottoposizione a più accertamenti qualita-
tivi ex art. 186, comma 3, c.s. y Positività all’ultimo y
Rifiuto di sottoporsi all’alcoltest y Integrazione del
reato di cui all’art. 186, comma 7, c.s.
. Integra il reato di rifiuto di sottoporsi agli accerta-
menti alcolimetrici, la condotta di colui che, pur essen-
dosi sottoposto a più accertamenti preliminari per la
verifica dello stato di alterazione psicofisica derivante
dall’influenza dell’alcool, ricusi di procedere all’alcol-
test nonostante che l’ultimo di essi abbia dato esito po-
sitivo, in quanto l’art. 186, comma terzo, C.d.S. non pre-
vede limiti alla ripetizione delle prove preliminari, né
pone condizioni alla facoltà degli agenti di procedervi,
trattandosi di “accertamenti qualitativi non invasivi”.
(nuovo c.s., art. 186) (1)
(1) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. IV, 15 novembre 2013,
45919, in questa Rivista 2014, 424. Sull’argomento cfr., inoltre, Cass.
pen., sez. IV, 31 maggio 2012, n. 21192, ivi 2013, 417.
svolgimento del processo
1. Con sentenza del 23 settembre 2013, la Corte d’ap-
pello di Milano confermava la sentenza di primo grado che
aveva condannato Andrea Maria Sculco alla pena di mesi
quattro d’arresto ed euro 1.000 di ammenda, sostituita con
il lavoro di pubblica utilità per la durata corrispondente, di-
sponendo anche la sospensione della patente di guida per
la durata di sei mesi e la confisca dell’autovettura, per il
reato di cui all’art. 186, comma 7, c.d.s., allo stesso ascritto
per essersi rifiutato di sottoporsi all’accertamento del tasso
alcolemico: fatto commesso in data 23 ottobre 2010.
Riteneva la Corte destituita di fondamento la tesi
difensiva secondo cui la condotta tenuta nell’occorso
dall’imputato avrebbe dovuto considerarsi scriminata
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