Corte di cassazione penale sez. V, 5 marzo 2014, n. 10584 (ud. 30 gennaio 2014)

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 1/2015
LEGITTIMITÀ
È lo stesso legislatore, pertanto, ad ipotizzare che la
documentazione delle intercettazioni, in considerazione
del loro contenuto comunicativo o dichiarativo, costitui-
sca corpo del reato; in quanto tale sottratto all’obbligo di
distruzione ed acquisibile agli atti del procedimento ai
sensi del citato disposto di cui all’art. 431 c.p.p.
10.2. Né, peraltro, è ipotizzabile che la disposizione in-
tenda riferirsi alla fattispecie criminosa dell’interferenza
illecita nella vita privata altrui, sanzionata dall’art. 615-bis
c.p., considerato, da un lato, la collocazione della norma
nella disciplina delle intercettazioni disposte dall’autorità
giudiziaria e, dall’altro, l’espresso riferimento ai divieti di
utilizzazione stabiliti dai primi due commi dell’art. 271
c.p.p. che riguardano detta disciplina.
È appena il caso di rilevare che i divieti di utilizzazione
ed il concetto di inutilizzabilità appaiono identif‌icativi
dell’uso processuale del mezzo di prova, sicché devono es-
sere riferiti al dato probatorio, che è disciplinato dagli art.
187 e ss. c.p.p., e non al corpo del reato (cfr. Corte cost.,
sent. n. 366 del 1991).
11. Deve tuttavia essere precisato che la comunicazio-
ne o conversazione oggetto di registrazione costituisce
corpo del reato, unitamente al supporto che la contiene,
solo allorché essa stessa integri ed esaurisca la fattispecie
criminosa, mentre deve essere escluso che sia tale una
comunicazione o conversazione che si riferisca a una con-
dotta criminosa o che ne integri un frammento, venendo
portata a compimento la commissione del reato mediante
ulteriori condotte rispetto alle quali l’elemento comunica-
tivo assuma carattere meramente descrittivo.
Sul punto va ricordato che le pronunce, facenti parte
del cosiddetto indirizzo maggioritario, si sono prevalen-
temente occupate di fattispecie in cui l’attività crimi-
nosa si concretava ed esauriva nella comunicazione o
conversazione oggetto di intercettazione, quali ipotesi di
favoreggiamento, in cui l’aiuto ad eludere le investigazioni
o a sottrarsi alle ricerche risultava commesso mediante
comunicazione telefonica (vedi le citate sez. VI, n. 5141
del 2008, Cincavalli; sez. VI, n. 32957 del 2012, Salierno;
sez. VI n. 8670 del 1993, Olivieri); di rivelazione di segreto
di uff‌icio consumatasi nel corso di una telefonata (sez. VI,
n. 14345 del 2001, Cugnetto. cit.). È stato, invece, escluso
che l’intercettazione costituisca corpo di reato allorché
la conversazione rappresenti solo un frammento della
condotta criminosa (sez. VI, n. 25128 del 24 maggio 2005,
Tortu, Rv. 232255).
12. Conclusivamente deve essere affermato il seguente
principio di diritto: «In tema di intercettazioni, la conver-
sazione o comunicazione intercettata, costituisce corpo
del reato allorché essa integra di per sé la fattispecie
criminosa, e, in quanto tale, è utilizzabile nel processo
penale».
13. Peraltro, la inutilizzabilità delle intercettazioni in
ambito processuale non ne esclude la funzione di notizia
di reato, come tale utilizzabile dalla pubblica accusa per
l’espletamento delle necessarie indagini volte all’acqui-
sizione di elementi di prova sulla cui base potrà succes-
sivamente esercitare l’azione penale (cfr. Corte cost., sent.
n. 366 del 1991, che ha valorizzato sul punto il potere del
p.m. e della polizia giudiziaria di acquisire notizie di reato
di propria iniziativa ai sensi dell’art. 330 c.p.p., nonché
l’obbligo di acquisire notizie di reato, anche al di fuori
dell’esercizio delle proprie funzioni, conferito al pubblico
ministero dall’art. 70 Ord. Giud.).
14. Tornando all’esame del ricorso, risulta evidente che
il contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione
utilizzate dai giudici di merito abbiano carattere mera-
mente descrittivo della condotta criminosa, secondo l’ipo-
tesi accusatoria ascritta al Sasso, o documentino l’attività
istigativa attribuita al Floris, che di per sé non esaurisce le
fattispecie criminose ascritte agli imputati.
Ne consegue che i contenuti comunicativi oggetto di
intercettazione e registrazione non costituiscono, nel caso
in esame, corpo del reato e sono soggetti ai limiti di utiliz-
zabilità stabiliti dall’art. 270 c.p.p.
15. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere an-
nullata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte Militare di appello che terrà conto degli enun-
ciati principi di diritto. (Omissis)
corTE Di cASSAZioNE pENALE
SEZ. v, 5 mArZo 2014, N. 10584
(UD. 30 GENNAio 2014)
prES. LombArDi – EST. ZAZA – p.m. D’AmbroSio (coNf.) – ric. cATAriNoZZi
Furto y Circostanze aggravanti y Cose esposte alla
pubblica fede y Sottrazione di autovettura dotata di
antifurto satellitare y Integrazione dell’aggravante
di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, c.p. y Ragio-
ni.
. Sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo,
n. 7 cod. pen. - sub specie di esposizione della cosa per
necessità o per destinazione alla pubblica fede - nel
caso in cui il soggetto attivo si impossessi di un’au-
tovettura dotata di antifurto satellitare, il quale, pur
attuando la costante percepibilità della localizzazione
del veicolo, non ne impedisce la sottrazione ed il con-
seguente impossessamento, consentendo solo di porre
rimedio all’azione delittuosa con il successivo recupero
del bene. (c.p., art. 624; c.p., art. 625) (1)
(1) In termini, v. Cass. pen., sez. V, 29 novembre 2011, n. 44119, in
questa Rivista 2012, 448 e Cass. pen., sez. V, 8 marzo 2010, n. 9224, ivi
2011, 422. Contra v. Cass. pen., sez. V, 26 novembre 2008, n. 44157, ivi
2009, 444, che ha escluso la sussistenza della circostanza aggravante
dell’esposizione del bene alla pubblica fede qualora la tutela dello
stesso risulti garantita da congegni idonei ad assicurare una sorve-
glianza assidua e continuativa, come nel caso di sistema di antifurto
satellitare.
SvoLGimENTo DEL procESSo
Con la sentenza impugnata veniva confermata la sen-
tenza del Tribunale di Roma dell’11 febbraio 2013, con
la quale Catarinozzi Paolo era ritenuto responsabile del
reato di cui agli artt. 624 e 625 cod. pen., commesso il 9

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