Corte di cassazione penale sez. I, 23 ottobre 2014, n. 44240 (c.c. 18 giugno 2014)

Pagine152-154
152
giur
2/2015 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
norme. Il rigetto della richiesta di emissione di decreto
penale di condanna, infatti, è un atto previsto dal codice di
rito, e quindi corretto sotto il prof‌ilo strutturale, trovando
specif‌ico riscontro normativo nell’art. 459 c.p.p., comma 3,
né crea alcuna situazione di stallo processuale, potendo
l’organo inquirente rinnovare la richiesta, all’esito della
verif‌ica istruttoria suggerita, o comunque promuovere
l’azione penale attraverso l’emissione di un decreto di
citazione (sez. VI n. 36216 del 27 giugno 2013 Rv. 256331;
sez. IV, n. 40513 del 6 ottobre 2010 Rv. 248857; sez. VI, n.
45290 del 11 novembre 2008 Rv. 242377).
5. Nel caso in esame, il provvedimento adottato rientra
strutturalmente nell’ambito dei poteri che l’ordinamento
processuale assegna al giudice per le indagini prelimi-
nari stante l’espressa previsione di cui all’art. 459 c.p.p.,
comma 3, che consente fra i possibili epiloghi decisori
una valutazione di merito sulla adeguatezza della pena,
sicché non ricorrono i presupposti perchè il provvedimen-
to stesso sia considerato abnorme. Al riguardo va infatti
rammentato che questa Suprema Corte ha escluso ogni
prof‌ilo di abnormità in presenza di un provvedimento del
giudice emesso nell’esercizio del potere di adottarlo, salvo
il caso limite che ad esso consegua la stasi del procedi-
mento per l’impossibilità da parte del P.M. di proseguirlo
senza concretizzare a un atto nullo rilevabile nel corso del
procedimento (Sez. Un., n. 25957 del 26 marzo 2009, dep.
22 giugno 2009, Toni). Tale ultima eventualità, come si è
già osservato, deve senz’altro escludersi nell’evenienza
procedimentale qui esaminata, potendo in ogni caso il
P.M. esercitare l’azione penale nelle forme ordinarie.
6. Occorre altresì precisare che siffatta linea inter-
pretativa non pone affatto in discussione, ma, anzi, com-
pleta razionalmente, le implicazioni di quell’orientamento
giurisprudenziale risalente a sez. I, n. 1426 del 24 marzo
1994, dep. 30 aprile 1994, Rv. 198289 - secondo cui, in ma-
teria di procedimento per decreto, è affetto da abnormità
“funzionale” il provvedimento con cui il Giudice per le in-
dagini preliminari respinga, in base a valutazioni di mera
opportunità, la richiesta di decreto penale di condanna
(da ultimo, v. sez. III, n. 8288 del 25 novembre 2009, dep.
3 marzo 2010, Rv. 246333). Proprio siffatto orientamento
giurisprudenziale, infatti, non manca di riconoscere che il
sindacato del Giudice per le indagini preliminari non può
considerarsi circoscritto al controllo delle condizioni di
ammissibilità del procedimento stesso, né alla rilevazione
dell’incongruità della pena in riferimento alla imputazio-
ne in sè considerata, ma può spaziare nell’utilizzazione
di ogni risultanza processuale, senza, peraltro, poter in-
cidere sulla libertà del Pubblico ministero di scegliere il
rito e di formulare l’imputazione. Entro tale prospettiva
ermeneutica, dunque, potrebbe ritenersi abnorme - in
quanto estranea al sistema processuale - l’ordinanza del
Giudice per le indagini preliminari che rigetti la richie-
sta unicamente per la ritenuta inopportunità del proce-
dimento monitorio, senz’altra enunciazione di ragioni
sottostanti, così da disattendere il principio della scelta
discrezionale del rito da parte del Pubblico ministero,
sostituendo arbitrariamente un proprio criterio di oppor-
tunità a quello istituzionalmente conferito al solo organo
della pubblica accusa (sez. I, n. 1426 del 24 marzo 1994,
cit.). È quanto sostanzialmente avvenuto, infatti, nel caso,
del tutto diverso da quello qui esaminato, in cui questa
Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il
Giudice per le indagini preliminari ha rigettato per ragioni
di opportunità, nella specie legate alla separazione delle
posizioni personali degli indagati, la richiesta del Pub-
blico Ministero di procedere con decreto penale di con-
danna nei confronti di uno di essi (sez. III, n. 16826 del
20 marzo 2007 dep. 3 maggio 2007, Rv. 236810), ovvero
nell’ipotesi, anch’essa non assimilabile al caso in esame
in cui il rigetto era stato motivato dal G.i.p. in base all’as-
sunto per il quale, non avendo l’imputato inteso avvalersi
della possibilità di def‌inire in via amministrativa l’illecito
contestatogli così manifestando la volontà di richiedere
la verif‌ica dibattimentale, il decreto penale sarebbe stato
sicuramente oggetto di opposizione, risolvendosi quindi in
un inutile dispendio di attività giurisdizionale (sez. III, n.
8288 del 25 novembre 2009, cit.).
Per le ragioni indicate il ricorso va dichiarato inammis-
sibile. (Omissis)
corte di cAssAzione penAle
sez. i, 23 ottobre 2014, n. 44240
(c.c. 18 giugno 2014)
pres. cortese – est. sAndrini – p.m. cedrAngolo (conf.) – ric. p.b.
Esecuzione in materia penale y Disciplina del
concorso formale e del reato continuato y Ambito
di applicazione y Doveri del giudice y Determinazio-
ne della pena y Disciplina.
. In tema di applicazione della continuazione in sede
esecutiva, deve escludersi che il giudice dell’esecuzio-
ne, una volta individuata la violazione per la quale è
stata inf‌litta la pena più grave, da assumere come base
per i successivi aumenti, possa determinare questi ul-
timi, pur non superando, alla f‌ine, la somma delle pene
inf‌litte con ciascuna condanna (come previsto dall’art.
671, comma 2, c.p.p.), in misura superiore a quella sta-
bilita dal giudice di cognizione. (Mass. Redaz.) (c.p.p.,
art. 81; c.p.p., art. 671) (1)
(1) In argomento gli orientamenti della giurisprudenza sono contra-
stanti. Nello stesso senso della pronuncia de qua si veda Cass. pen.,
sez. I, 14 ottobre 1997, n. 5336, in questa Rivista 1998, 266. In senso
difforme si esprimono: Cass. pen., sez. V, 17 febbraio 2014, n. 7432, in
Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna; Cass. pen., sez. I, 21 dicembre
2009, n. 48833, ibidem; Cass. pen., sez. I, 25 marzo 2008, n. 12704,
ibidem; Cass. pen., sez. I, 21 settembre 2006, n. 31429, ibidem, tutte
concordi nel ritenere che il giudice dell’esecuzione, nel riconoscere
l’ipotesi della continuazione, è tenuto a non applicare una pena che
superi la somma delle singole condanne.
svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 5 novembre 2013 il Tribunale
di Palmi, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accogli-
mento dell’istanza con cui P.B. aveva chiesto l’applicazione

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT