Corte di cassazione penale sez. II, 4 luglio 2014, n. 29008 (ud. 27 maggio 2014)

Pagine493-495
493
giur
Arch. nuova proc. pen. 5/2014
LEGITTIMITÀ
continuazione, non rappresenta esercizio di mero arbitrio
o frutto di ragionamento illogico, ma risulta esaustiva sia
per giustif‌icare la determinazione della pena base in misu-
ra leggermente superiore ai minimi edittali f‌issati dall’art.
628 comma 1 c.p., sia per giustif‌icare la determinazione
della pena f‌inale, all’esito degli aumenti per la continua-
zione interna ed esterna, in misura esattamente corri-
spondente a quella irrogata in primo grado.
Nella direzione sopra indicata si sono mosse altre
recenti decisioni di questa Corte, condivise dal Collegio,
che forniscono una precisa lettura del principio del divieto
della reformatio in pejus; così in particolare si è affermato
che il principio in argomento non opera nel caso in cui,
nell’esercizio del potere dovere di correggere gli errori di
diritto contenuti nella sentenza impugnata, il giudice di
appello, applicando la disciplina della continuazione, ab-
bia rideterminato la pena base con riferimento ad un rea-
to diverso da quello erroneamente individuato dal primo
giudice come reato più grave, pervenendo comunque, per
effetto del riconoscimento di una circostanza attenuante
alla riduzione della pena conclusivamente applicata (sez.
V n. 12136 del 2 febbraio 2011, Rv. 252699); ed ancora si è
stabilito che non sussiste violazione del divieto di reforma-
tio in peius qualora il giudice di appello, su impugnazione
del solo imputato, lasci inalterata la misura della pena
inf‌litta in primo grado, pur non riconoscendo l’esistenza
di una circostanza aggravante o di una forma più grave di
recidiva (sez. IV n. 41566 del 27 ottobre 2010, Rv. 248457),
principio recentemente confermato dalle sezioni unite
(sez. un. n. 33752 del 18 aprile 2013, Rv. 255660).
In conclusione sul punto, va evidenziato che l’opzione
interpretativa adottata dal Collegio risulta conforme al
precetto normativo contenuto nell’art. 597 comma 4 c.p.p.,
che obbliga il giudice di appello, ove accolga l’impugnazio-
ne proposta dal solo imputato in relazione a circostanze o
reati concorrenti, a diminuire la pena complessivamente
irrogata, ma non lo vincola in alcun modo ad applicare
def‌inite diminuzioni di pena, essendo, in forza del prin-
cipio devolutivo dell’impugnazione, rimesso in discussio-
ne, con il solo limite sopra indicato, l’intero trattamento
sanzionatorio irrogato con la decisione di primo grado.
Ed in particolare preme evidenziare, che, sulla base della
sopra citata recente decisione delle sezioni unite all’esito
della quale possono considerarsi superati i contrasti giuri-
sprudenziali all’interno di questa Corte di legittimità (sez.
un. n. 16208 del 27 marzo 2014, Rv. 258653), pure sopra se-
gnalati, ove al giudice di appello, come avvenuto nel caso
di specie, sia imposta la rideterminazione del trattamento
sanzionatorio irrogato in applicazione della disciplina del
reato continuato, o per essere mutati i reati cosiddetti sa-
telliti da unif‌icare al reato ritenuto più grave, o per essere
mutata l’individuazione di quest’ultimo, lo stesso, in appli-
cazione del principio del divieto della reformatio in peius,
rimarrà vincolato alla sola pena f‌inale irrogata dal giudice
di primo grado, non potendo irrogare una pena più grave.
A ciò consegue che il principio pure sopra richiamato (sez.
un. n. 40910 del 27 settembre 2005, Rv. 232066), affermato
nel 2005, in base al quale il divieto di reformatio in peius
non riguarda soltanto l’entità complessiva della pena, ma
tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua deter-
minazione, deve ritenersi ad oggi, alla luce dell’evoluzione
della giurisprudenza di questa Corte, limitato all’ipotesi in
cui il giudice d’appello «...sia chiamato a giudicare della
stessa sequenza di reati avvinti dal cumulo giuridico, giac-
chè in tal caso rinviene adeguata giustif‌icazione la preclu-
sione a non rivedere in termini peggiorativi non soltanto
l’esito f‌inale del meccanismo normativo di quantif‌icazione
del cumulo, ma anche i singoli parametri di commisura-
zione di ciascun segmento che compone quel cumulo».
5. AI rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo
616 c.p.p., la condanna dell’imputato che lo ha proposto al
pagamento delle spese del procedimento. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. ii, 4 LugLio 2014, n. 29008
(ud. 27 maggio 2014)
pres. casucci – est. fiandese – p.m. rieLLo (conf.) – ric. huaco
Termini processuali in materia penale y Re-
stituzione in termini y Sentenza contumaciale di
primo grado y Nuova disciplina abrogativa dell’isti-
tuto della contumacia y Applicabilità y Esclusione
y Reviviscenza della regola processuale “tempus
regit actum”.
. Qualora, essendo vigente l’art. 175, comma 2, c.p.p.
nella formulazione antecedente all’entrata in vigore
della legge n. 67/2014, l’imputato abbia ottenuto le
restituzione in termini per impugnare la sentenza
contumaciale di primo grado, non può trovare appli-
cazione, in suo favore, in sede di decisione del ricorso
per cassazione da lui proposto avverso la sentenza
d’appello con la quale il gravame era stato respinto, la
sopravvenuta disciplina abrogativa dell’istituto della
contumacia, introdotta con la citata legge n. 67/2014,
dovendosi considerare come situazione processual-
mente esaurita quella conseguita alla restituzione in
termini a suo tempo disposta e dovendosi quindi ap-
plicare, vertendosi in materia processuale, la regola del
“tempus regit actum”. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 175;
l. 28 aprile 2014, n. 67) (1)
(1) Interessante pronuncia in merito alla quale non risultano editi
precedenti. Si rinvia al commento giurisprudenziale all’art. 175
c.p.p., contenuto in P. CORSO, Codice di procedura penale, ed. La
Tribuna, Piacenza 2014, pp. 430 e ss.
svoLgimento deL processo
La Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 26
settembre 2012, confermava la condanna pronunciata il 4
marzo 2011 dal Tribunale di Milano alla pena di anni tre
mesi sei di reclusione ed euro 900 di multa nei confronti di
Huaco Elias Margarita Martina, dichiarata colpevole dei
reati di rapina aggravata e porto illegale in luogo pubblico
di un’arma comune da sparo.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT