Corte di cassazione penale sez. un., 7 luglio 2014, n. 29556 (c.c. 29 maggio 2014)

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giur
Arch. nuova proc. pen. 5/2014
CONTRASTI
Ora, a parte il rilievo che, per le ragioni dette, la fatti-
specie in esame non potrebbe comunque essere ricondotta
ad alcuna delle ipotesi d’incompatibilità di cui all’art. 34
c.p.p., ma semmai a un caso di ricusazione ex art. 37,
comma 1, lett. b), c.p.p., non considerato nella dichiara-
zione di ricusazione che si muove invece nell’orbita di una
situazione di incompatibilità del giudice, va osservato che
nella sentenza di applicazione della pena emessa dal Tri-
bunale di Roma nei confronti di Leonardo Lembo, assunta
come atto pregiudicante, non vi è il minimo cenno alla
posizione degli altri coimputati, e la motivazione, con rife-
rimento all’imputato patteggiante, si basa correttamente,
quali dati probatori, su atti di indagine (probatoriamente
non utilizza bili nei confronti degli imputati giudicati se-
condo il rito ordinario) e sul criterio della non ravvisabilità
di alcuna causa di proscioglimento ex art. 129, comma 1,
c.p.p., osservando, con riguardo alle plurime imputazioni
mosse al predetto imputato, e quindi non solo con speci-
f‌ico riferimento a quella di cui all’art. 416 c.p., che «dalla
documentazione in atti contenuta nel fascicolo del pub-
blico ministero e già visionata in occasione dell’emissione
del sequestro conservativo del 27 marzo 2103, e segnata-
mente dalla visura camerale, dalle sentenze dichiarative
del fallimento, dalle relazioni dei curatori, dalle denunce
dei danneggiati e dagli atti di p.g., e dalla documentazione
ad esse allegata, non emergono elementi su cui fondare
una pronuncia di assoluzione ex art. 129 c.p.p.».
Nella sentenza in esame, dunque, non è stata espres-
sa alcuna considerazione di merito che possa reputarsi in
concreto pregiudicante rispetto alla posizione dei correi.
6. I ricorsi vanno pertanto rigettati, con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. un., 7 LugLio 2014, n. 29556
(c.c. 29 maggio 2014)
pres. santacroce – est. brusco – p.m. destro (conf.) – ric. p.m. in proc.
gaLLo
Misure cautelari personali y Estinzione y Termi-
ne di durata massima della custodia cautelare y So-
spensione y Procedimenti per uno dei delitti di cui
all’art. 407, comma secondo, lett. a), c.p.p. y Termi-
ne massimo di cui all’art. 304, comma sesto, c.p.p. y
Possibilità di superare detto termine in forza del-
l’aumento previsto dall’art. 303, comma primo, lett.
b), n. 3 bis, c.p.p. y Esclusione.
. In tema di durata della custodia cautelare nei proce-
dimenti per uno dei delitti di cui all’art. 407, comma
secondo, lett. a), cod. proc. pen., qualora il termine di
fase sia stato sospeso per la particolare complessità del
dibattimento o del giudizio abbreviato, ai sensi dell’art.
304, comma secondo, cod. proc. pen., il termine mas-
simo di durata della custodia, f‌issato nel doppio dei ter-
mini di fase dal sesto comma del predetto art. 304, non
può essere superato sommando ad esso l’ulteriore ter-
mine eventualmente utilizzato, nella fase del giudizio
per uno dei delitti citati, ai sensi dell’art. 303, comma
primo, lett. b), n. 3 bis, cod. proc. pen. (c.p.p., art. 303;
c.p.p., art. 304; c.p.p., art. 407) (1)
(1) Con la sentenza in epigrafe le SS.UU. risolvono un contrasto
giurisprudenziale sorto relativamente alla durata massima della cu-
stodia cautelare nei procedimenti per uno dei delitti di cui all’art.
407, comma secondo, lett. a), c.p.p., nel caso in cui il termine di fase
sia stato sospeso per la particolare complessità del dibattimento o
del giudizio abbreviato. Secondo un primo orientamento, espresso da
Cass. pen., sez. V, 26 luglio 2012, n. 30759, in questa Rivista 2014,
106, nel computo del doppio del termine di fase della stessa custo-
dia non si deve tenere conto dell’aumento f‌ino a sei mesi previsto
dall’art. 303, comma primo, lett. b), n. 3 bis c.p.p.. Secondo, invece,
l’orientamento seguito dalla sentenza in commento, l’applicazione
del meccanismo di recupero previsto dall’art. 303, comma primo, lett.
b), n. 3-bis, c.p.p., che consente il prolungamento dei termini di fase
per mezzo dell’imputazione del periodo residuo a fasi diverse, non
comporta l’aumento dei termini massimi di custodia f‌issati dall’art.
304, comma sesto, c.p.p.. In tal senso, si vedano: Cass. pen., sez. VI,
26 novembre 2013, n. 47072, in Ius&Lex dvd n. 5/2014, ed. La Tribuna;
Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2013, n. 46482, ibidem e Cass. pen.,
sez. VI, 13 novembre 2013, n. 45626, ibidem.
svoLgimento deL processo
1. Con ordinanza in data 25 luglio 2013 il Tribunale di
Napoli, in accoglimento dell’appello proposto ex art. 310
c.p.p. da Salvatore Gallo avverso l’ordinanza in data 14
maggio 2013 della Corte di appello di Napoli - che aveva
rigettato la richiesta di sostituzione della misura caute-
lare della custodia in carcere ovvero di scarcerazione per
decorrenza dei termini di fase - ha dichiarato la perdita
di eff‌icacia della medesima misura cautelare (motivo al
quale il ricorrente aveva limitato l’impugnazione) e ha
ordinato l’immediata scarcerazione dell’appellante se non
detenuto per altra causa.
Il Tribunale ha premesso che la Corte di appello aveva
disposto, all’udienza del 10 aprile 2012, la sospensione dei
termini di custodia cautelare per la particolare comples-
sità del dibattimento ai sensi dell’art. 304, comma 2, c.p.p.,
ha rilevato che l’appellante era stato condannato ad una
pena non superiore ai dieci anni di reclusione e che, di
conseguenza, il termine di fase era pari ad un anno giusta
il disposto dell’art. 303, comma 1, lett. c), c.p.p., ha pre-
cisato che questo termine di fase andava raddoppiato ai
sensi dell’art. 304, comma 6, del medesimo codice, sicché
il termine massimo di due anni, decorrenti dalla data della
sentenza di primo grado, in mancanza di periodi di sospen-
sione autonomamente computabili, era ormai decorso con
la conseguente scarcerazione dell’appellante.
Nell’ordinanza si precisa poi che, nel caso in esame,
non trova applicazione l’art. 303, comma 1, lett. b), n. 3-bis,
c.p.p. - secondo cui, qualora si proceda per i delitti di cui
all’art. 407, comma 2, lett. a), tra i quali quello che ha dato
luogo alla custodia cautelare nel presente procedimento,
i termini sono aumentati f‌ino a sei mesi - perché questa
disposizione sarebbe applicabile nel giudizio di primo
grado, nella fase delle indagini preliminari e nel giudizio
di cassazione e mai nel giudizio di appello. Né alcun rilie-
vo avrebbe la circostanza che il 29 aprile 2013 fosse stata

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