Corte Di Cassazione Civile Sez. VI, Ord. 28 Agosto 2018, N. 21227

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giur
Arch. loc. cond. e imm. 6/2018
LEGITTIMITÀ
utilistico con l’edif‌icio comune. La sentenza impugnata ha
così deciso la questione di diritto in modo conforme all’in-
terpretazione giurisprudenziale consolidata in materia. In
tema di condominio negli edif‌ici, un muro di recinzione e
delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva (come
nella specie), che pur risulti inserito nella struttura del
complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi in-
cluso fra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con
le relative conseguenze in ordine all’onere delle spese di
riparazione, atteso che tale bene, per sua natura destina-
to a svolgere funzione di contenimento di quel giardino,
e quindi a tutelare gli interessi del suo proprietario, può
essere compreso fra le indicate cose condominiali solo
ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione al
necessario uso comune, ovvero ove sussista un titolo ne-
goziale (quale il regolamento condominiale, di natura
contrattuale, o l’atto costitutivo del condominio e, quin-
di, il primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare
dell’originario proprietario ad altro soggetto) che consi-
deri espressamente detto manufatto di proprietà comune,
così convenzionalmente assimilandolo ai muri maestri ed
alle facciate (Cass. sez. II, 19 gennaio 1985, n. 145; Cass.
sez. II, 11 agosto 1990, n. 8198; Cass. sez. II, 3 giugno 2015,
n. 11444). In tal senso, la Corte d’appello di (omissis) ha
spiegato come il muretto di recinzione del giardino P., per
le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo
esclusivo all’uso o al godimento di una sola parte dell’im-
mobile, la quale forma oggetto di un autonomo diritto di
proprietà, ed ha così rilevato - in base ad apprezzamento
di fatto che rientra fra le prerogative dei giudici di meri-
to ed è sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui
all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. - che si tratta di bene non
legato da una destinazione di servizio rispetto all’edif‌icio
condominiale, il che fa venir meno il presupposto per l’o-
peratività della presunzione ex art. 1117 c.c. Per quanto
detto, si rivelano anche evidentemente privi di decisività
i riferimenti che la ricorrente opera al regolamento con-
dominiale, del quale rimane ignota la natura contrattua-
le (né valendo altrimenti il regolamento di condominio
quale titolo di proprietà: Cass. sez. II, 21 maggio 2012, n.
8012), come al titolo di acquisto P. del 24 ottobre 1963, del
quale non si specif‌ica se esso costituisse l’atto costitutivo
del condominio, ovvero il primo atto di trasferimento di
un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro
soggetto. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per
genericità quanto alla assunta “liquidazione eccessiva del
grado di appello”, in quanto la ricorrente non specif‌ica gli
errori commessi dalla Corte d’appello, non precisa le voci
della tabella dei compensi che si ritengono violate, né in-
dividua quale fosse l’effettivo valore della causa, al f‌ine di
dimostrare che la liquidazione compiuta abbia ecceduto i
limiti della tariffa corrispondente a detto valore. Lo stesso
terzo motivo è poi da rigettare anche nel suo altro prof‌ilo,
ove la ricorrente lamenta che la Corte di (omissis) abbia
condannato l’appellata a rifondere le spese di primo gra-
do, che il Tribunale aveva liquidato in € 900,00 (ma ciò
ripartendo la soccombenza in ragione del 70% a carico del
Condominio e del 30% a carico della P.), rideterminan-
dole in € 1.700,00. La Corte di (omissis) ha evidenziato
come la riforma delle spese processuali di primo grado
fosse conseguenza dell’integrale soccombenza della P.
derivante dall’esito del giudizio di gravame. La decisione
così adottata è mera riaffermazione del consolidato prin-
cipio secondo cui, in materia di liquidazione delle spese
giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto
del gravame non può, in mancanza di uno specif‌ico moti-
vo di impugnazione, modif‌icare la statuizione sulle spese
processuali di primo grado, allorché riformi in tutto o in
parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche
d’uff‌icio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stre-
gua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al
principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza
del primo giudice determina la caducazione del capo della
pronuncia che ha statuito sulle spese (Cass. sez. VI -3, 24
gennaio 2017, 1775; Cass. sez. L., 1 giugno 2016, n. 11423).
Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condan-
nata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio
di cassazione.
Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art.
1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di
cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versa-
mento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unif‌icato pari a quello dovuto per l’im-
pugnazione integralmente rigettata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 28 AGOSTO 2018, N. 21227
PRES. D’ASCOLA – EST. SCALISI – P.M. MASTROBERARDINO (DIFF.) – RIC. S.N.
(AVV. IARIA) C. SUPERCONDOMINIO C.M. IN (OMISSIS)
Competenza civile y Competenza per valore y Rap-
porti obbligatori y In ambito condominiale y Riparto
di spesa approvata dall’assemblea di condominio y
Valore della lite y Criterio determinativo y Entità
della spesa contestata y Rilevanza.
. Ai f‌ini della determinazione della competenza per
valore in relazione ad una controversia avente ad og-
getto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea
di condominio, anche se il condòmino agisce per sentir
dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento
sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assem-
bleare, bisogna far riferimento all’importo contestato,
relativamente alla singola obbligazione e non all’intero
ammontare risultante dal riparto approvato dall’assem-
blea, poiché, in generale, allo scopo dell’individuazione
della competenza occorre avere riguardo al “thema de-
cidendum”, invece che al “quid disputandum”, per cui
l’accertamento di un rapporto che costituisce la “causa
petendi” della domanda, in quanto attiene a questione
pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via
incidentale, non inf‌luisce sull’interpretazione e qualif‌i-
cazione dell’oggetto della domanda principale e, con-
seguentemente, sul valore della causa. (Mass. Redaz.)

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