Corte di Cassazione Civile sez. Ii, 6 aprile 2018, n. 8525

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giur giur
Arch. loc. cond. e imm. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
i prof‌ili dell’assenza eventuale di pregiudizio (nel senso
di pregiudizio ulteriore rispetto a quello insito nell’usur-
pazione) per il fondo assoggettato all’illegittima servitù,
nonché della presenza di una necessità - eventualmente
soggettivamente avvertita dai titolari - per il fondo prete-
samente dominante di esercitare lo stendimento di panni
in condizioni di sicurezza su colonna d’aria altrui sono
entrambi irrilevanti, non potendo da essi derivare restri-
zione della tutela del diritto di proprietà altrui (neppure
trattandosi delle "attività" che si svolgono ad altezza signi-
f‌icativa rispetto al suolo, di cui all’art. 840 comma 2, c.c.,
o delle ulteriori fattispecie di cui agli artt. 842 ss. c.c.).
3. Con il quarto e ultimo motivo si deduce violazione
dell’art. 116 c.p.c. e artt. 1061, 1062 e 1158 c.c., nonché vi-
zio di motivazione. Si lamenta avere i giudici del merito
- con travisamento della prova nelle valutazioni delle de-
posizioni testimoniali e delle conclusioni del c.t.u., nonché
con violazioni del regime probatorio - escluso erroneamen-
te la fondatezza della subordinata istanza di accertamento
dell’acquisto del diritto in capo ad B.A. per usucapione.
3.1 Il motivo, in tutti i suoi prof‌ili, è inammissibile. Le
censure, sotto la veste di critiche per violazione di legge e
vizio di motivazione, celano in effetti inammissibili istanze
di riesame delle risultanze probatorie poste dalla corte ter-
ritoriale alla base del convincimento circa l’insussistenza
dell’acquisto per usucapione (cfr., per il complesso accer-
tamento svolto, in particolare p. 7 dell’impugnata senten-
za), attività questa di valutazione probatoria riservata al
giudice del merito. Al riguardo, va richiamato che il vizio
di violazione e falsa applicazione di norme di diritto con-
siste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte
del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta
recata da una norma di legge e, quindi, implica necessa-
riamente un problema interpretativo della stessa (di qui
la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della
legge assegnata a questa corte dall’art. 65, R.D. 30 gennaio
1941, n. 12), mentre l’allegazione di un’erronea ricogni-
zione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze
di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma
di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di
merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità,
sotto l’aspetto del vizio di motivazione, vizio che è declina-
to nel presente procedimento ratione temporis (sentenza
impugnata depositata in data 11 luglio 2012) secondo il
testo dell’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c., che - come la stessa
parte ricorrente indica - consente doglianze riferite alla
motivazione circa fatti (storici) controversi e decisivi.
3.2. Orbene, nel caso di specie, fermo restando che nes-
suna erronea applicazione della legge la corte d’appello ha
realizzato, avendo fatto corretto governo della disciplina in
tema di usucapione (mentre, quanto alle dedotte violazio-
ni in tema di disciplina delle prove, la loro genericità le
rende inammissibili al pari della circostanza che nessuna
trascrizione relativa a istanze istruttorie e provvedimenti
dei giudici è contenuta nel motivo), va rilevato come la
ratio decidendi adottata sia stata direttamente ricollegata
al rilievo probatorio assunto dalla documentazione (foto
aeree di data certa allegate alla relazione di c.t.u., non
evidenzianti la soletta di cui trattasi), con motivazione a
supporto delle conclusioni della decisione (p. 7 della sen-
tenza, cit.) del tutto non censurata (v. p. 17 del ricorso,
ove si addebita alla corte d’appello la sola mancata consi-
derazione di dubbi al riguardo sollevati). In tale quadro,
la statuizione del giudice del merito è solo in via secon-
daria e non decisiva basata su valutazioni delle risultanze
testimoniali (pp. 5 e 6 della sentenza), assumendo valore
decisivo, invece, quanto considerato dai giudici in base alle
foto aeree (p. 7 cit.), prof‌ilo questo del tutto trascurato - al
di là dei dubbi sollevati - dalla parte ricorrente; dato questo
che concorre verso la ritenuta inammissibilità del mezzo.
Quanto poi specif‌icamente alla censura di vizio di motiva-
zione, nessun fatto storico il motivo indica come negletto
dalla corte d’appello, limitandosi a censurare inammissi-
bilmente la valutazione dei fatti, invece esaminati, relativi
al non essere sussistito il manufatto per oltre un ventennio.
4. In def‌initiva il ricorso va rigettato, regolandosi le
spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di
cui al dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. II, 6 APRILE 2018, N. 8525
PRES. MAZZACANE – EST. BELLINI – P.M. CAPASSO (CONF.) – RIC. G. (AVV.TI
LIMONI E ALOISIO) C. F. ED ALTRO (AVV.TI SELLA E TAMPOINI)
Matrimonio y Rapporti patrimoniali y Comunione
legale y Amministrazione y Atti di ordinaria e stra-
ordinaria amministrazione y Atti compiuti senza il
necessario consenso y Annullabilità y Atto di auto-
noma disposizione da parte di un solo coniuge di
bene della comunione legale ai sensi dell’art. 184
c.c. y Conf‌igurabilità y Presupposti y Conseguenze.
. In regime patrimoniale di comunione legale, il dispo-
sto di cui all’art. 184 c.c. (secondo cui "gli atti compiuti
da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro
coniuge e da questo non convalidati sono annullabili
se riguardano beni immobili o beni mobili elencati
nell’art. 2683") presuppone l’effettiva autonoma di-
sposizione di un bene comune da parte di uno solo dei
coniugi, pertanto non si applica nel caso in cui tutti
i contraenti siano a conoscenza della comunione dei
beni tra i coniugi e questi ultimi f‌igurino entrambi
nel contratto come venditori, atteso che, in tal caso, il
mancato consenso di uno dei due impedisce il sorgere
di una valida obbligazione a carico dell’altro. (c.c., art.
184) (1)
(1) Principio di diritto già pronunciato da Cass. civ. 24 febbraio 2004,
n. 3647, in www.latribunaplus.it, rispetto ad identica fattispecie ne-
goziale, e mai specif‌icamente negato dalla successiva giurisprudenza
di legittimità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notif‌icato il 4 settembre 2002, G.G. conveni-
va dinanzi al Tribunale di Verona, sezione distaccata di
Legnago, F.M., in proprio e quale tutore della moglie in-
2. Con sentenza depositata il 3 novembre 2008 il tribu-
nale di Roma ha accolto la domanda di D.F.R. di ripristino
dello stato dei luoghi per essersi con la pedana esercitata
un’illegittima servitù, con rigetto della domanda risarcito-
ria; ha rigettato le domande riconvenzionali.
3. Adita da B.A., con sentenza depositata l’11 luglio 2012
la corte d’appello di Roma ne ha rigettato l’impugnazione.
3.1. A sostegno della decisione, la corte locale ha con-
siderato l’insussistenza di alcuna ultrapetizione, avendo
D.F.R. agito a tutela della sua proprietà su cui si protendeva
illegittimamente il balcone-pedana, essendo la colonna d’a-
ria soprastante il magazzino di proprietà del signor D.F. e
non parte condominiale. Ha ritenuto poi non raggiunta la
prova dell’ultraventennalità della pedana e quindi della de-
dotta usucapione. Inf‌ine ha ritenuto non provata la sopra-
elevazione di qualche centimetro del magazzino del signor
D.F. rispetto alla situazione originaria, rispetto alla quale
soltanto era stata formulata dal signor B. la riconvenzionale
- disattesa - di abbassamento sotto la soglia delle f‌inestre.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassa-
zione B.A. su quattro motivi, illustrati da memoria previa
costituzione di nuovo difensore. Ha resistito con controri-
corso D.F.R..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt.
1102, 1117 e 1120 (rectius, 1102) c.c., art. 132 comma 2,
n. 5, c.p.c., nonché omessa, insuff‌iciente o contraddittoria
motivazione. Si deduce l’erroneità dell’affermazione della
corte d’appello secondo cui sarebbe stata creata una ser-
vitù illegittima sulla colonna d’aria sovrastante l’immobile
di proprietà del signor D.F., trattandosi di preesistente
fruizione di aria e luce da parte di tutti i condomini del
latistante fabbricato dalla colonna d’aria unitariamente
sovrastante il capannone e il cortile, godimento ampliabi-
le in intensità ex art. 1102 c.c., con il solo limite di non im-
pedire il pari uso degli altri condomini, potendo l’aggetto
realizzato paragonarsi ad apertura di battenti di f‌inestre.
1.1. Il motivo è inammissibile quanto al dedotto vizio
motivazionale, anche riferito alle disposizioni dell’art. 132
c.p.c.; invero, oltre a lamentare genericamente una inido-
neità della sentenza impugnata, la parte ricorrente nulla
ha specif‌icamente argomentato al riguardo, ciò che esime
dall’esaminare la deducibilità - sul tema - di una violazio-
ne di norme processuali unitamente al vizio di cui all’art.
360 comma 1, n. 5, c.p.c..
1.2. Il motivo, poi, è infondato quanto alla censura di
violazione di norme in tema di comunione e condominio.
Invero, fermo che con incensurabile apprezzamento in fat-
to i giudici di merito hanno ritenuto che, mentre il cortile
è parte comune del condominio cui partecipa il ricorrente
ex art. 1117 c.c., il magazzino appartenente al D.F. sia in-
vece bene in proprietà esclusiva di quest’ultimo, in essa
inclusa la soprastante colonna d’aria (p. 4 - 5 sentenza im-
pugnata), è fuor di luogo l’invocazione di disciplina - quale
quella dell’art. 1102 c.c., relativa all’uso delle cose comuni
- non confacente rispetto a detto accertamento operato
dalla corte territoriale, solo genericamente e inammissi-
bilmente censurato (v. supra sub 1.1.) con deduzione in
fatto (l’essere il cortile e il capannone, secondo il ricor-
rente, un bene unitario) non sottoponibile al giudice di
legittimità. Nel caso di specie, infatti, correttamente e
senza incorrere in alcuna violazione delle norme indicate
la corte territoriale ha rilevato l’illegittimità di un manu-
fatto considerato come invasivo della proiezione verso l’al-
to del capannone esclusivo dell’odierno controricorrente.
Nessun rilievo, in tale ambito, trattandosi d’invasione di
colonna d’aria altrui, ha la deduzione del ricorrente per
la quale, posto che su essa già aprirebbero f‌inestre del
condominio, si tratterebbe di uso meramente più intenso
della medesima veduta. A prescindere, infatti, dai prof‌ili
fattuali qui non deducibili in ordine alla premessa dell’ar-
gomentazione (esistenza di f‌inestre aprenti sulla medesi-
ma colonna d’aria), può rilevarsi come - stante l’altruità
del bene su cui si protende l’aggetto - non può predicarsi,
in un contesto in cui non si tratta di uso di cosa comune
ma, al limite, di servitù su cosa aliena, la legittimità di un
uso più intenso (consentito per le cose comuni nei limiti di
cui all’art. 1102 c.c.), essendo al contrario nel quadro della
disciplina delle servitù sancito il divieto di innovazioni
che rendano più gravosa la condizione del fondo servente
(art. 1067 c.c.); e in tal senso la giurisprudenza della cor-
te, sulla base di accertamenti svolti in concreto dai giudici
di merito, ha espresso il principio per cui l’ampliamento
di f‌inestre o la loro sostituzione con balconi in aggetto o
altri manufatti può concretare un siffatto aggravamento
di servitù (v. ad es. in generale Cass. n. 209 del 11 gennaio
2006, n. 15538 del 8 luglio 2014 e, in termini, ad es. n. 5362
del 13 ottobre 1979 e n. 2324 del 17 aprile 1981).
1.3. In tale contesto solo per completezza può rilevarsi
che, quand’anche non fosse sussistito il predetto accerta-
mento di proprietà esclusiva della colonna d’aria, la giuri-
sprudenza di questa corte (v. di recente Cass. n. 5551 del
21 marzo 2016) richiama anche per i cortili condominiali
la rilevanza del divieto di mutamento di destinazione delle
cose comuni ex art. 1102 c.c., affermando che lo spazio
aereo a essi sovrastante - la cui funzione è di fornire aria
e luce alle unità abitative che vi prospettano - non può
essere occupato dai singoli condomini con costruzioni
proprie in aggetto, non essendo consentita l’utilizzazione,
ancorchè parziale, a proprio vantaggio della colonna d’aria
sovrastante ad area comune, quando la destinazione natu-
rale di questa ne risulti compromessa.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.
115 comma 1, c.p.c. e vizio di motivazione per non avere
i giudici del merito considerata l’assenza di un qualsiasi
nocumento sofferto dall’odierno controricorrente - che
alcunchè in argomento aveva lamentato - per effetto
dell’uso altrui della colonna d’aria. Con il terzo motivo,
poi, si reiterano i medesimi prof‌ili di doglianza e si deduce
violazione dell’art. 115 comma 2, c.p.c., con riferimento,
invece, all’assenza di valutazione della necessità della rea-
lizzazione del pianale per poter stendere i panni, attività
altrimenti rischiosa, come risultante dal notorio.
2.1. I due motivi, strettamente connessi, vanno esa-
minati congiuntamente e rigettati. Invero, come detto,

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