Corte di Cassazione Civile sez. Ii, 20 aprile 2018, n. 9877

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giur giur
Arch. loc. cond. e imm. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
portanti", il muro maestro coincide con il muro perimetra-
le dell’edif‌icio (che altrimenti risulterebbe uno scheletro
vuoto, privo di qualsiasi utilità), perché esso vale a con-
ferire al manufatto i caratteri di una struttura abitativa.
La corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei
principi in materia espressi dalla giurisprudenza di que-
sta Corte che ha affermato: "I muri perimetrali dell’edif‌i-
cio in condominio - i quali, anche se non hanno natura e
funzioni di muri maestri portanti, delimitano la superf‌icie
coperta, determinano la consistenza volumetrica dello
edif‌icio unitariamente considerato, proteggendolo dagli
agenti termici e atmosferici, e ne delineano la sagoma
architettonica - sono da considerare comuni a tutti i con-
domini anche nelle parti che si trovano in corrispondenza
dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono
collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coinciden-
te con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti
in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si
verif‌ica per i piani attici" (Cass. n. 839 del 1978). "I muri
perimetrali dell’edif‌icio in condominio, pur non avendo
funzione di muri portanti, vanno intesi come muri mae-
stri al f‌ine della presunzione di comunione di cui all’art.
1117 c.c. in quanto determinano la consistenza volumetri-
ca dell’edif‌icio unitariamente considerato proteggendolo
dagli agenti atmosferici e termici, delimitano la superf‌icie
coperta e delineano la sagoma architettonica dell’edif‌icio
stesso. Pertanto, nell’ambito dei muri comuni dell’edif‌icio
rientrano anche i muri collocati in posizione avanzata o
arretrata rispetto alle principali linee verticali dello im-
mobile" (Cass. n. 3867 del 1986).
In altri termini, il muro perimetrale è comune perché
dà sagoma all’edif‌icio, ne assicura la fruibilità abitativa e la
conservazione rispetto agli agenti atmosferici. Il muro pe-
rimetrale può essere portante, ossia maestro, ma anche ove
privo di detta funzione strutturale, non risulta esclusa la
comproprietà per essere comunque condominiale (v. Cass.
n. 4437 del 2017; Cass. n. 24295 del 2014; Cass. n. 16097 del
2003; Cass. n. 4314 del 2002; Cass. n. 10008 del 1991).
Costituisce logico corollario della ritenuta natura del
muro perimetrale l’applicazione della Tabella A quanto al
riparto delle spese occorrenti per ripristinarne la funzio-
nalità e per la distribuzione dei costi per il risarcimento
dei danni cagionati al singolo condomino dall’incuria nella
conservazione del bene comune.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Ne consegue la condanna della ricorrente al pagamen-
to delle spese sostenute dal controricorrente nel presente
grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per
dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art.
1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilan-
cio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità
2013), che ha aggiunto il comma 1-quater al T.U. di cui
all’art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussisten-
za dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unif‌icato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. II, 20 APRILE 2018, N. 9877
PRES. MATERA – EST. SABATO – P.M. MISTRI (CONF.) – RIC. B. (AVV. MONACO)
C. D.F. (AVV.TI ALESSANDRI E SALUSTRI)
Servitù y Servitù prediali y Esercizio y Alterazione y
Aggravamento (divieto di) y Utilizzazione di colon-
na d’aria sovrastante ad area di proprietà esclusiva
y Trasformazione di f‌inestre in porta-f‌inestre e rea-
lizzazione di balconi in aggetto y Uso più intenso
della cosa comune ex art. 1102 c.c. y Conf‌igurabilità
y Esclusione y Servitù su cosa aliena y Aggravamen-
to y Conf‌igurabilità y Fattispecie.
. In tema di servitù prediali, costituiscono innovazioni
vietate ai sensi dell’art. 1067 c.c. quelle che rendono
più gravosa la condizione del fondo servente, ivi com-
presa la soprastante colonna d’aria, tali essendo l’am-
pliamento di f‌inestre o la loro sostituzione con balconi
in aggetto o altri analoghi manufatti. (Nella specie,
la S.C. ha ritenuto sussistente l’aggravamento di una
servitù di veduta consistita nella trasformazione di due
f‌inestre in porte e nella realizzazione di un balcone in
quanto invasive della proiezione verso l’alto del sotto-
stante capannone del proprietario del fondo servente).
(c.c. art. 900; c.c. art. 1067) (1)
(1) Sui criteri in virtù dei quali deve essere condotta la valutazione
circa l’aggravamento della servitù, cfr. le citate Cass. civ., 8 luglio
2014, n. 15538 e Cass. civ. 11 gennaio 2006, n. 209, entrambe in www.
latribunaplus.it. Anche con riferimento all’utilizzazione di spazio
aereo sovrastante a cortili comuni (come tale destinato a fornire aria
e luce alle unità abitative che vi prospettano), è stato, comunque,
ritenuto che non può essere occupato dai singoli condomini con co-
struzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se
comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell’art. 840, comma 3, c.c.,
l’utilizzazione, ancorché parziale, a proprio vantaggio della colonna
d’aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale
di questa ne risulti compromessa. In tal senso, Cass. civ., 21 marzo
2016, n. 5551, in questa Rivista 2016, 685.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. D.F.R., proprietario di un magazzino in Roma alla via
(omissis), ha convenuto innanzi al tribunale di Roma B.A.,
condomino dell’edif‌icio ivi sito, il quale, trasformando due
f‌inestre in porte, aveva realizzato e poi ampliato un balco-
ne in ferro e metallo appena sopra il tetto del sottostante
e conf‌inante magazzino dell’attore; ha chiesto la condanna
del convenuto alla rimozione dell’opera, lesiva del diritto
di proprietà e del decoro architettonico dello stabile in
quanto priva di autorizzazione condominiale, nonché il
risarcimento del danno, anche per le provocate inf‌iltra-
zioni idriche. Nel costituirsi, B.A. ha dedotto la legittimità
dell’opera, in quanto uso della colonna d’aria comune ex
art. 1102 c.c., pur essendo il sottostante terreno esclusivo
del D.F., e in riconvenzionale ha chiesto accertarsi l’usu-
capione del diritto allo stendere panni e condannarsi la
controparte all’abbassamento della soglia del magazzino
nel rispetto della distanza ex art. 907 c.c..
chè il motivo di appello - col quale è stata proposta la que-
stione, lamentandosi la contraddittorietà della motivazione
laddove statuiva che sebbene il fabbricato fosse costituito
e sorretto da un’unica struttura portante, vi era autonomia
dei locali posti al piano terra rispetto al complesso condo-
miniale posto ai piani sovrastanti - risulta conforme al di-
sposto dell’art. 342 c.p.c., nel testo applicabile ratione tem-
poris (vale a dire quello precedente le modif‌iche apportate
dal D.L. n. 83 del 2012 convertito nella L. n. 134 del 2012),
come interpretato alla stregua dei principi appena richia-
mati. E che l’individuabilità dei prof‌ili delle censure fosse
evidente risulta già dal fatto che l’appellata, la medesima
D.R., aveva compreso che i motivi di appello rif‌lettevano la
questione della ritenuta autonomia strutturale, funzionale
ed estetica delle varie parti dell’edif‌icio e la condivisibilità
o meno delle conclusioni peritali, tant’è che l’appellata si
era difesa compiutamente, nel merito, anche in grado di
appello. La ritenuta specif‌icità dei motivi di gravame, infat-
ti, non è contraddetta dal fatto che il Condominio sia stato
costretto a riproporre in sede di impugnazione argomenta-
zioni giuridiche rimaste sostanzialmente senza risposta nel
pregresso grado di giudizio, quali ad esempio il carattere
di condominialità delle pareti esterne dell’edif‌icio, c.d. pa-
reti portanti, aventi pur sempre la funzione di delimitare
la sagoma dello stabile, essendo peraltro inserite nella
medesima struttura portante in cemento armato, ed indi-
spensabili per assicurare l’utilizzo abitativo dei vari piani e
la conservazione dell’intera costruzione rispetto all’azione
degli agenti atmosferici.
Di ciò vi è traccia nello stesso ricorso, in cui viene trat-
teggiata la critica rivolta, con l’atto di appello, dal Con-
dominio alla sentenza di prime cure (v. pag. 27 ricorso),
dal momento che quest’ultima aveva fatto proprie le con-
clusioni del c.t.u., facendo riferimento proprio alla c.t.u.
esperita in primo grado; risultano, poi, confutate le ragioni
della ritenuta autonomia ed indipendenza del piano terre-
no rispetto ai piani superiori dello stabile condominiale
(v. pagg. 26 e 28 del ricorso).
È infatti indubitabile che l’ampiezza e la portata delle
critiche sono commisurate all’ampiezza ed alla portata delle
argomentazioni spese dal primo giudice. Pertanto, qualora
queste siano talmente generiche da consistere sostanzial-
mente nella mera affermazione di rigetto delle ragioni della
parte ovvero addirittura omesse, ogni censura ben può
procedere alla riproposizione delle medesime ragioni, evi-
denziando che il primo giudice le ha disattese senza alcun
supporto motivazionale suscettibile di apposita critica (cfr.,
tra le altre, Cass. n. 7786 del 2010 nel senso che la valutazio-
ne circa il rispetto, da parte dell’appellante, dell’obbligo di
indicare specif‌icamente le critiche rivolte contro la senten-
za di primo grado, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., va compiuta
tenendo presente le argomentazioni addotte dal giudice di
primo grado, poichè non è possibile una contestazione spe-
cif‌ica di conclusioni non fondate su basi specif‌iche).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la nullità
della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art.
2909 c.c. e art. 324 c.p.c. in ordine alla errata valutazione
come fatti non più contestabili di circostanze accertate con
sentenze non ancora passate in giudicato. Ad avviso della
ricorrente la corte territoriale avrebbe errato nel valuta-
re le circostanze di fatto richiamate come def‌initivamente
accertate, in quanto le stesse formavano oggetto di conten-
zioso non ancora concluso; la parte fa specif‌ico riferimento
al giudizio R.G. n. 615 del 2004 e alla pronuncia n. 1921
del 2010. Il mezzo non può trovare ingresso in quanto le
norme di cui si assume la violazione risultano male invo-
cate. Il giudice di appello non ha utilizzato le risultanze
cui era pervenuto il giudice relativamente al diverso giu-
dizio instaurato fra le medesime parti con riferimento alla
ripartizione dei costi di manutenzione straordinaria delle
facciate ritenendo tali statuizioni passate in giudicato, ma
ha chiarito di condividere le conclusioni, di cui ha sintetiz-
zato i punti salienti (sostanzialmente costituiti dal ricono-
scimento della funzione comune delle pareti di prospetto
dell’edif‌icio condominiale), cui era pervenuto il giudice in
quel giudizio (v. pag. 4 sentenza impugnata).
La ricorrente sostiene in buona sostanza che la corte
territoriale nelle sue difese ha letto fatti diversi da quelli
realmente dedotti, non tenendo conto di alcuni passaggi
argomentativi per basare il suo convincimento; denunzia
quindi il travisamento di quanto da lei riferito.
Tale travisamento, se davvero è stato commesso, costi-
tuisce motivo di revocazione, non di ricorso per cassazio-
ne (v., tra le tante, Cass. 13 gennaio 1990 n. 92; Cass. 22
febbraio 1999 n. 1477). E anche se si volesse prescindere
dall’osservazione che precede, resterebbe comunque insu-
perabile il rilevo che la ricorrente ha certamente inteso
censurare gli apprezzamenti di merito espressi dalla corte
distrettuale con argomentazioni esaustive e prive di vizi
logici e giuridici, dopo avere accertato la genericità delle
difese della condomina inadempiente.
È da rigettare, inf‌ine, anche il terzo mezzo con il quale
la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazio-
ne e/o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., in merito alla
individuazione del muro perimetrale come parte comune
dell’edif‌icio e comunque ritenuto in comproprietà con la
D.R., oltre a violazione e a falsa applicazione dell’art. 1123
c.c. in merito al riparto delle spese di ripristino dello stesso,
così come dell’obbligo risarcitorio per i danni dallo stesso
propagati in capo a tutti i condomini e comunque in capo
alla D.R. in proporzione alle quote millesimali secondo la
tabella di proprietà generale "A". La ricorrente deduce l’er-
roneità della individuazione del muro perimetrale dello sta-
bile condominiale come parte comune e ribadisce l’autono-
mia strutturale del piano terra rispetto a quelli sovrastanti,
pur riconoscendo che le proprietà individuali sono inserite
nella medesima struttura portante in cemento armato.
Innanzitutto la critica involge questioni di merito, ri-
chiedendo una nuova valutazione delle risultanze peritali.
Quanto alla denuncia di violazione degli artt. 1123 e
1117 c.c., occorre osservare che il sintagma "muro mae-
stro" - che viene riproposto anche nel novellato art. 1117
c.c. di cui alla L. n. 220 del 2012 - non va inteso in senso
strettamente ingegneristico, come vorrebbe la ricorrente,
in quanto negli edif‌ici realizzati con intelaiature di pilastri
ed architravi in cemento armato, privi pertanto di "mura

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