Corte di Cassazione Civile sez. I, Ord. 9 Luglio 2018, n. 18012

Pagine26-27
492 493
giur giur
Arch. loc. cond. e imm. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
Il ricorso va perciò rigettato. Le ricorrenti vanno con-
dannate a rimborsare ai controricorrenti le spese del giu-
dizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art.
1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di
cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versa-
mento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unif‌icato pari a quello dovuto per l’im-
pugnazione integralmente rigettata. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. I, ORD. 9 LUGLIO 2018, N. 18012
PRES. CAMPANILE – EST. TERRUSI – RIC. CONSORZIO BONIFICA DI PIACENZA
(AVV. NASCETTI E VACIRCA) C. X ED ALTRO (AVV.TI ANGIOLINI, FORMILAN E
PANARITI)
Consorzi y Contributi consortili y Contributi in fa-
vore dei consorzi di bonif‌ica y Gestione della rete
dei canali di distribuzione delle acque demandata
a condominii privati y Obbligo di contribuzione in
favore dei consorzi di bonif‌ica y Insussistenza.
. Ove la gestione della rete dei canali di distribuzione
delle acque sia stata demandata agli utenti dei singoli
rivi, costituiti in altrettanti condominii, e questi prov-
vedano alla manutenzione di tali canali ed alla gestione
della risorsa idrica e, di conseguenza, dall’attività del
Consorzio di bonif‌ica non conseguano benef‌ici econo-
micamente apprezzabili per gli immobili di proprietà
dei suddetti utenti, l’imposizione consortile è illegitti-
ma. (Mass. Redaz.) (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215; c.c.,
art. 862; c.c., art. 864)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consorzio di bonif‌ica di Piacenza, succeduto al Con-
sorzio di bonif‌ica dei bacini Tidone e Trebbia, ha proposto
ricorso per cassazione, sorretto da cinque motivi, nei con-
fronti della sentenza con la quale la corte d’appello di Bo-
logna, confermando la decisione del tribunale di Piacenza,
ha ritenuto la non debenza del contributo annuo consorti-
le (1999) relativo a un immobile di proprietà degli attori X
Y e Z, ai quali era stato notif‌icato un avviso di mora;
la corte d’appello ha motivato la decisione affermando
che la c.t.u., eseguita in primo grado, aveva consentito di
rilevare che la gestione della rete dei canali di distribuzio-
ne derivanti dal Rio Comune di Destra era stata demanda-
ta “agli utenti dei singoli rivi costituiti in altrettanti con-
domini”, avendo i canali “funzione promiscua irrigua e di
drenaggio”; sicché gli utenti dei quattro rivi, costituiti in
condominio, avevano provveduto “alla manutenzione dei
canali ed alla gestione della risorsa idrica”;
in base a tale premessa, il giudice del merito ha condi-
viso la conclusione del c.t.u. secondo cui dall’attività del
Consorzio non erano conseguiti (e non conseguivano) “be-
nef‌ici economicamente apprezzabili a favore dell’immobi-
le di parte attrice”;
col primo motivo il Consorzio denunzia la nullità della
sentenza e del procedimento per violazione degli artt.
24 cost. e 195 e 101 c.p.c., per esser stato violato il con-
traddittorio in sede di c.t.u. rispetto ai tecnici di parte; col
secondo motivo lamenta l’omesso esame di fatti decisivi,
con specif‌ico riferimento all’attività di manutenzione or-
dinaria della rete idraulica eseguita dal Consorzio e com-
provata dai documenti prodotti in giudizio;
col terzo mezzo censura la sentenza per violazione e fal-
sa applicazione degli artt. 116, 159 e 132 c.p.c., avendo la
corte d’appello dato per scontata l’esistenza e l’operatività
gestionale diretta della rete idraulica da parte dei condo-
mini, senza operare rinvii a statuti, regolamenti o altri atti;
col quarto e col quinto mezzo, inf‌ine, la ricorrente de-
nunzia la violazione degli artt. 10 e 13 c.p. e 6 della tariffa
forense applicabile pro tempore, nonché dell’art. 5 del re-
golamento n. 40 del 2012, in relazione all’ammontare della
condanna alle spese processali;
si sono costituiti con controricorso i soli X e Y.
il Consorzio ha depositato una memoria ed egualmente
hanno fatto, ma tardivarnente, i controricorrenti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La memoria dei controricorrenti è - come detto - tardi-
va, essendo stata depositata il 3 maggio 2018 a fronte del
termine di dieci giorni anteriori alla data dell’adunanza
previsto dall’art. 380-bis.1 c.p.c.; di tale memoria dunque
non deve tenersi conto;
occorre premettere che è assolutamente pacif‌ica la na-
tura tributaria del contributo di bonif‌ica; nondimeno la que-
stione di giurisdizione non è più rilevabile, essendo in pro-
posito intervenuto un giudicato interno implicito per effetto
della pronuncia sul merito in primo grado e della mancata
deduzione del vizio di giurisdizione in appello (v. Cass. sez.
un. 24883-08, seguita da tutta la successiva giurisprudenza);
il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato,
poiché dalla trascrizione riportata alle pag. 8 e 9 si evince
che le operazioni peritali erano iniziate alla presenza dei
tecnici di parte e del rappresentante del Consorzio; l’af-
fermazione di una presunta violazione del contraddittorio
con i tecnici di parte durante il corso delle operazioni è
generica, non essendo indicato in cosa sarebbe concreta-
mente consistita, in verità, una simile violazione;
in linea generale può affermarsi che il c.t.u. non ha
l’obbligo di trattare gli argomenti della consulenza con i
tecnici di parte;
in sede di espletamento della c.t.u. (nella specie sog-
getta all’art. 195 c.p.c. nel testo anteriore alla legge n. 69
del 2009), egli deve soltanto inserire nella relazione le os-
servazioni e le istanze formulate dalle parti, direttamente
o tramite i propri consulenti;
questa Corte ha più volte chiarito che non è motivo di
nullità che il c.t.u. abbia eventualmente omesso di trascri-
vere le osservazioni formulate dalle parti o dai loro consu-
lenti, occorrendo soltanto che tali osservazioni siano state
tenute presenti (cfr. Cass. n. 1459-94, Cass. n. 1563-99,
Cass. n. 14489-01);
il secondo motivo è inammissibile;
2. I tre motivi di ricorso, giacché connessi, possono
essere esaminati congiuntamente e si rivelano infondati.
Dall’esposizione dei fatti di causa contenuta in ricorso e
nella sentenza impugnata, risulta che L.B. e poi, in via
adesiva, M.Z. proposero azione negatoria, convenendo
G.C. ed A.C.B. (essendo tutte le parti condomine del com-
plesso immobiliare (omissis), in (omissis), per sentir ac-
certare l’inesistenza di una servitù di passaggio carrabile
a vantaggio della proprietà esclusiva C. – Bo. ed a carico
dell’area comune compresa nel mappale 1456 sub 1, a dire
delle attrici destinata a verde.
Non è peraltro in discussione che tale area rientri tra le
parti presuntivamente comuni del condominio (omissis),
essendo inclusa nel termine “cortile”, ex art. 1117, n. 1,
c.c., ogni area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di
un edif‌icio o di più edif‌ici, che serva a dare luce e aria agli
ambienti circostanti, ivi compresi anche i vari spazi liberi
disposti esternamente alle facciate del fabbricato, quali,
appunto, gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedi-
ni, i parcheggi (così Cass. sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889).
Una volta ritenuto il nesso di condominialità corrente
tra l’unità immobiliare di proprietà esclusiva dei signori
C. e Bo. e l’area compresa nel mappale 1456 sub. 1, l’uso
di tale bene da parte dei medesimi convenuti ed attuali
controricorrenti deve trovare regolamentazione nella di-
sciplina del condominio di edif‌ici, la quale è costruita sul-
la base di un insieme di diritti e obblighi, armonicamente
coordinati, contrassegnati dal carattere della reciprocità,
che escludono la possibilità di fare ricorso alla disciplina
in tema di servitù, presupponente, invece, fondi apparte-
nenti a proprietari diversi, nettamente separati, uno al
servizio dell’altro. Né può quindi astrattamente ipotizzar-
si, come fatto a fondamento del secondo e del terzo motivo
di ricorso, un’azione negatoria ex art. 949 c.c. per la ces-
sazione delle molestie attribuite ai controricorrenti C. e
Bo., i quali transitano con automezzi nel cortile, in quanto
la qualità di condomini riconosciuta in capo a quest’ulti-
mi deve, appunto, essere regolata, come fatto dalla Corte
d’appello di Brescia, sulla base dell’art. 1102 c.c., norma
avente per oggetto l’uso legittimo delle cose comuni (cfr.
di recente Cass. sez. II, 16 gennaio 2018, n. 884).
Ai sensi dell’art. 1102, comma 1, c.c. l’uso della cosa
comune da parte del singolo partecipante al condominio è
consentito in conformità alla destinazione della cosa stessa,
considerata non già in astratto, con esclusivo riguardo alla
sua consistenza, bensì con riguardo alla complessiva enti-
tà delle singole proprietà individuali cui la cosa comune
è funzionalizzata. Ciascun condomino ha, così, diritto di
trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa
di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, pur-
ché non venga alterata la destinazione del bene o compro-
messo il diritto al pari uso da parte di quest’ultimi. In parti-
colare, per stabilire se l’uso più intenso da parte del singolo
sia da ritenere consentito ai sensi dell’art. 1102 c.c., non
deve aversi riguardo all’uso concreto fatto della cosa dagli
altri condomini in un determinato momento, ma a quello
potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; l’uso deve rite-
nersi in ogni caso consentito, se l’utilità aggiuntiva, tratta
dal singolo comproprietario dall’uso del bene comune, non
sia diversa da quella derivante dalla destinazione origina-
ria del bene. Nella specie, la Corte d’appello, in conformità
a tali principi, ha accertato che l’utilizzo dell’area comune
a scopo di transito veicolare da parte dei condomini C. e
Bo. fosse compatibile con l’uso ad essa impresso, come ri-
sultante dalla CTU, di parcheggio di autoveicoli, esistendo,
del resto, l’accesso carrabile dalla proprietà C.-Bo. sin dal
momento di costruzione del complesso immobiliare (cfr.
Cass. sez. II, 1 agosto 2001, n. 10453; Cass. sez. II, 6 giugno
1988, n. 3819). La Corte di Brescia ha compiuto tale accer-
tamento, pertanto, operando una valutazione dello stato
effettivo dei luoghi e dell’ubicazione dei beni, con indagine
che si risolve in un apprezzamento di fatto, esulante dal
sindacato di legittimità se non nei limiti dell’omesso esame
di fatto storico ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Né da tale
vizio può dirsi affetta la sentenza impugnata per non aver
considerato la destinazione ad area verde ed a passaggio
pedonale dell’area comune in questione, destinazione che
le ricorrenti traggono dal contenuto dei loro atti di acqui-
sto del 16 novembre 1995 e del 12 luglio 1995, nonché dalla
scheda catastale del 31 maggio 1995. Il vizio di cui all’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c., per come riformulato dall’art.
54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in legge n. 134 del 2012,
deve riguardare un fatto storico, principale o secondario,
che abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato,
avrebbe determinato un esito diverso della controversia) e
che non può concernere elementi istruttori inerenti a fatti
storici che siano stati comunque presi in considerazione
dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di
tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. un., 7 aprile 2014,
n. 8053). Ora, l’esame dei contenuti dei singoli titoli di ac-
quisto delle ricorrenti e della scheda catastale non rivelano
decisività, nel senso specif‌icato, perchè le destinazioni ivi
indicate dell’area comune compresa nel mappale 1456 sub.
1 non sono in grado di condizionare il giudizio, da cui di-
pende la decisione di questa lite, sul rispetto dei criteri di
uso ex art. 1102 c.c. Invero, eventuali limiti restrittivi alla
destinazione funzionale di una parte comune (quale, nella
specie, di un cortile), rilevanti ai f‌ini della valutazione di
abusività di cui all’art. 1102 c.c., possono discendere o da
un regolamento condominiale approvato dall’assemblea a
maggioranza, che ne determini le modalità di godimento
(art. 1138, comma 1, c.c.); o da una successiva deliberazio-
ne assembleare, adottata con le necessarie maggioranze,
che innovi l’originaria destinazione, per soddisfare esigen-
ze di interesse condominiale, ovvero per f‌inalità di miglio-
ramento, o di maggiore comodità o rendimento (Cass. sez.
II, 4 dicembre 2013, n. 27233); oppure, ove si intenda re-
stringere il godimento ad una soltanto delle possibili forme
d’uso di cui il bene sia suscettibile secondo la sua destina-
zione, mediante una disciplina contrattuale vincolante per
comproprietari predisposta dall’unico originario proprieta-
rio dell’edif‌icio ed accettata con i singoli atti di acquisto,
ovvero approvata in assemblea con il consenso unanime
di tutti i condomini (salvo poi il prof‌ilo dell’opponibilità ai
terzi aventi causa di tale disciplina convenzionale).

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT