Corte di Cassazione Civile sez. III, 29 aprile 2015, n. 8705

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giur
Arch. loc. e cond. 6/2015
LEGITTIMITĂ€
Per condiviso orientamento giurisprudenziale, si ritie-
ne, infatti, che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di
violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della
fattispecie astratta recata da una norma di legge e quin-
di implica necessariamente un problema interpretativo
della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricogni-
zione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze
di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma
di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di
merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità,
sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra
l’una e l’altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio
a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie
normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ra-
gione della carente o contraddittoria ricostruzione della
fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ul-
tima censura, e non anche la prima, è mediata dalla conte-
stata valutazione delle risultanze di causa”(Cass. sez. un.
n. 10313/2006, n. 15499/2004).
Le doglianze del ricorrente, peraltro del tutto gene-
riche, ineriscono alla tipica valutazione di merito, risol-
vendosi in una diversa valutazione dei medesimi elementi
utilizzati dai Giudici secondo grado, i quali ultimi hanno
ritenuto che i dati fattuali riscontrati e presi in conside-
razione fossero idonei a costituire prova, di per sé, ido-
nea ed esaustiva della consistenza e delle caratteristiche
necessarie per la disposta classif‌icazione della data unità
abitativa.
Rileva, peraltro, il Collegio che la sentenza impugnata,
non solo non contiene alcuna affermazione di principio in
contrasto con il diritto positivo ma, anzi, espressamente,
richiama ed applica, condividendoli, principi giĂ  affermati
dal Giudice di legittimitĂ . Sotto altro aspetto, le doglianze
risultano, egualmente, inammissibili, in quanto non ag-
grediscono con la necessaria specif‌icità le precitate ratio-
nes decidendi, che sorreggono la decisione impugnata e,
quindi, si pongono in evidente contrasto con il principio,
condiviso dal Collegio, secondo cui “La proposizione, con il
ricorso per cassazione, di censure prive di specif‌iche atti-
nenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabi-
le alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art.
366 numero 4 c.p.c., con conseguente inammissibilitĂ  del
ricorso, rilevabile anche d’uff‌icio” (Cass. n. 21490/2005, n.
7046/2001, n. 7375/2010, n. 19959/2014, n. 16051/2014)
Per altra via, ancora, le censure non possono trovare in-
gresso, in quanto formulate in spregio al consolidato orien-
tamento giurisprudenziale secondo cui la parte, in sede
di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo
esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre,
se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione,
in quanto il detto ricorso deve risultare autosuff‌iciente
e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al
Giudice di legittimitĂ  la possibilitĂ  di provvedere al diret-
to controllo della decisivitĂ  dei punti controversi e della
correttezza e suff‌icienza della motivazione della decisione
impugnata, non essendo suff‌iciente un generico rinvio agli
atti ed alle risultanze processuali” (Cass. n. 849/2002, n.
2613/2001, n. 9558/1997) e, d’altronde, che costituisce pa-
cif‌ico principio quello secondo cui per potersi conf‌igurare
il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della
controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la
circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuri-
dica data alla controversia, tale da far ritenere che quella
circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad
una diversa soluzione della vertenza (Cass. n. 9368/2006,
n. 1014/2006, n. 22979/2004).
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che, a fronte delle
precitate argomentazioni, poste a base della sentenza di
appello, il Cordaro abbia formulato censure, assolutamen-
te generiche e, comunque, non specif‌iche in relazione alle
rationes decidendi della sentenza impugnata e, quindi,
inammissibili.
Il ricorso va, dunque, rigettato, per inammissibilitĂ  dei
motivi.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate, in
favore dell’Agenzia Entrate ed a carico del ricorrente, in
ragione di complessivi Euro seicento, oltre spese prenota-
te a debito. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, 29 APRILE 2015, N. 8705
PRES. RUSSO – EST. SCRIMA – P.M. SGROI (CONF.) – RIC. B.G. (AVV. VITALI) C.
P.P. ED ALTRO (AVV.TI CAVASOLA E NORI)
Canone y Determinazione y Locazione di immobi-
le ad uso diverso dall’abitativo y Autonomia delle
parti y Riduzione del canone y Rinuncia da parte del
conduttore a diritti derivanti dal contratto y Am-
missibilitĂ .
. In tema di locazione di immobile ad uso non abita-
tivo vige il principio della libera determinazione del
canone, per cui, tendendo l’art. 79 della legge 27 luglio
1978, n. 392 a garantire l’equilibrio sinallagmatico del
contratto secondo la valutazione operata dal legislato-
re, non sono stati imposti limiti all’autonomia negozia-
le con riguardo alla previsione di un canone in misura
inferiore a quella originariamente concordata, ove la
stessa trovi la sua giustif‌icazione nella rinuncia, da par-
te del conduttore, ai diritti derivantigli dal contratto
di locazione, ivi compreso quello alla corresponsione
dell’indennità di avviamento commerciale. (l. 27 luglio
1978, n. 392, art. 34; l. 27 luglio 1978, n. 392, art. 79)
(1)
(1) Si vedano, in argomento, Cass. civ. 12 luglio 2005, n. 14611, in
Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna e, prima ancora, Cass. civ. 20
ottobre 1995, n. 10907, in questa Rivista 1996, 189.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.M. e P.S., locatori, intimavano a B.G., conduttore di un
immobile destinato ad uso diverso (autorimessa), sfratto
per f‌inita locazione al 31 luglio 2005 contestualmente ci-
tandolo per la convalida.

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