Corte di Cassazione Civile sez. III, ord. 1 febbraio 2018, n. 2480

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giur giur
Arch. giur. circ. ass. e resp. 9/2018
LEGITTIMITÀ
9/2018 Arch. giur. circ. ass. e resp.
LEGITTIMITÀ
per le spese non legate da un nesso di causa rispetto al
fatto illecito (art. 1223 c.c.);
nello specif‌ico caso del danno consistito) nella spesa
sostenuta (o nel debito contratto) per l’assistenza lega-
le stragiudiziale, stabilire se la vittima abbia speso o no
somme eccessive è giudizio che va compiuto in base alle
norme di legge che f‌issano la misura dei compensi dovuti
agli avvocati per l’attività stragiudiziale;
nel caso di specie, l’offerta di pagamento fu formulata
in sede stragiudiziale dalla S. il 7 luglio 2012, e dunque
l’attività stragiudiziale compiuta dal legale cui C.T. si ri-
volse fu compiuta nella vigenza del D.M. 8 aprile 2004, n.
127, rimasto in vigore f‌ino al 28 agosto 2012;
tale decreto prevedeva, per le prestazioni di assisten-
za e consulenza stragiudiziale, compensi in misura f‌issa
o variabile in funzione del valore dell’affare, che nel caso
di specie era sicuramente inferiore a 20.000, dal momento
che lo stesso attore, nell’atto di citazione dinanzi al Giu-
dice di pace, dichiarò espressamente di volere "contenere
e ridimensionare" la propria pretesa entro tale valore; per
gli affari di valore compreso tra 5.200,01 e 25.900 Euro la
Tabella allegata sub 1 al D.M. n. 127 del 2014, prevede,
come valori minimi:
– 15 Euro per le consultazioni orali;
– 90 Euro per i pareri orali (non è stato mai allegati che
al ricorrente siano stati forniti pareri scritti);
– 13 Euro per la posizione ed archivio;
– 10 Euro per ogni lettera;
– 180 Euro per lo studio della pratica;
– 60 Euro per ogni ora di conferenza col cliente;
le altre attività previste dalla Tabella (redazione di
contratti, statuti, ecc.) suddetta non pertengono al caso
di specie;
ne consegue che il compenso minimo dovuto al profes-
sionista per l’attività svolta in sede stragiudiziale, secondo
i criteri legali di determinazione, non sarebbe potuto esse-
re inferiore ad Euro 368; il Tribunale ne ha invece liquidati
1.200, e dunque non ha violato la legge; stabilire, poi, se
l’attività compiuta in sede stragiudiziale dal legale della
vittima meritasse di essere compensata con i valori mi-
nimi, medi o.. massimi è questione puramente di merito,
insindacabile in questa sede;
il Tribunale, in conclusione, non ha violato alcuno dei
precetti invocati dal ricorrente: non l’art. 12 c.p.c., perché
lo scaglione di riferimento per il calcolo del compenso è
stato correttamente individuato in base a quanto dichia-
rato dallo stesso attore; e non le norme sui minimi tarif-
fari, avendo liquidato un compenso comunque superiore
al minimo;
non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefen-
sio della parte intimata;
il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del qua-
le si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento
a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a
titolo di contributo unif‌icato pari a quello dovuto per l’im-
pugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, (nel testo introdotto dalla L. 24
dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, ORD. 1 FEBBRAIO 2018, N. 2480
PRES. DI AMATO – EST. DE STEFANO – RIC. S. ED ALTRA (AVV. CICCONE) C. ANAS
S.P.A. (AVV. GEN. STATO)
Responsabilità civile y Cose in custodia y Presun-
zione di colpa y Concorso del fatto colposo del cre-
ditore o del danneggiato y Responsabilità da cose
in custodia ex art. 2051 c.c. y Rilevanza della con-
dotta del danneggiato y Condizioni y Caso fortuito
y Requisiti y Fattispecie relativa a superamento di
guardrail da parte del conducente di un veicolo,
che aveva perso per causa ignota il controllo del
mezzo.
. In tema di responsabilità civile per danni da cose in
custodia, la condotta del danneggiato, che entri in inte-
razione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda
del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in
applicazione - anche uff‌iciosa - dell’art. 1227, comma 1,
c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del
dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile
al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.,
sicché, quanto più la situazione di possibile danno è
suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’a-
dozione da parte del danneggiato delle cautele normal-
mente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze,
tanto più incidente deve considerarsi l’eff‌icienza cau-
sale del comportamento imprudente del medesimo nel
dinamismo causale del danno, f‌ino a rendere possibile
che detto comportamento interrompa il nesso eziologi-
co tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere
che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza
ragionevole o accettabile secondo un criterio probabi-
listico di regolarità causale, connotandosi, invece, per
l’esclusiva eff‌icienza causale nella produzione del sini-
stro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la statuizione
di merito, che aveva escluso la responsabilità in capo
all’ente proprietario e gestore della strada, munita di
guardrail di altezza a norma di legge, per i danni pati-
ti dal superamento del medesimo da parte del condu-
cente di un veicolo, che aveva perso per causa ignota
il controllo del mezzo, affermando che il custode non
può rispondere dei danni cagionati in via esclusiva
dalla condotta del danneggiato, da qualif‌icarsi ogget-
tivamente non prevedibile secondo la normale regola-
rità causale nelle condizioni date dai luoghi). (c.c., art.
1227; c.c., art. 2051) (1)
(1) Analogamente si veda Cass. civ. 29 luglio 2016, n. 15761, in questa
Rivista 2016, 958. Si veda, inoltre, Cass. civ. 11 maggio 2017, n. 11526,
in www.latribunaplus.it.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La domanda di risarcimento dei danni per la morte
del rispettivo f‌iglio e fratello quattordicenne S.P., precipi-
tato il (omissis) in una scarpata a lato di un viadotto in
(omissis) mentre lo percorreva a bordo del suo ciclomo-
tore, proposta - con atto di citazione notif‌icato il 22 di-
cembre 1993 - nei confronti dell’ANAS da S.A., H.H. e S.F.,
fu accolta dal Tribunale di Reggio Calabria, sia pure col
riconoscimento del solo 50% per il ritenuto concorso cau-
sale della vittima nella produzione del tragico evento, con
liquidazione dell’importo di Euro 77.470 oltre accessori.
2. L’appello principale dell’ANAS fu però accolto dalla
Corte di appello reggina, che escluse ogni responsabilità
della proprietaria della strada ed attribuì l’evento, ricono-
sciuto conforme il guardrail alle prescrizioni di legge vi-
genti, ad altri fattori dotati di esclusiva eff‌icienza causale,
comunque a quella non riconducibili.
3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 14
gennaio 2014 col n. 20, ricorrono oggi, aff‌idandosi ad un
unitario motivo, A. e S.F., in proprio e quali eredi di H.H.,
nel frattempo mancata ai vivi; resiste con controricorso
l’ANAS spa; e, per l’adunanza camerale non partecipa-
ta del 16 novembre 2017, il Pubblico Ministero deposita
le sue conclusioni scritte ed i ricorrenti una memoria ai
sensi, rispettivamente, del secondo e del terzo periodo
dell’art. 380-bis comma 1, c.p.c., come inserito dall’art. 1
bis, comma 1, lett. f), D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con
modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I ricorrenti lamentano "violazione e falsa appli-
cazione dell’art. 2051 c.c. in riferimento all’art. 360 n. 3
c.p.c.", deducendo che erroneamente la Corte di appello
avrebbe escluso il nesso causale tra le condizioni della
cosa custodita dall’ANAS - cioè il guardrail - e il tragico
evento, anche perché sarebbe stata doverosa una sua mag-
giore attenzione a misure di protezione maggiori rispetto
a quelle minime imposte dalle pure osservate disposizio-
ni vigenti al tempo dei fatti: in particolare deducendo di
avere già "nella fase di merito del procedimento" rilevato
come subito dopo i fatti fossero state prescritte misure più
incisive e che comunque quelle erano consigliabili in re-
lazione ad un viadotto scavalcante un burrone tanto pro-
fondo, per di più su di uno svincolo autostradale, a due
sole corsie, una per ogni senso di marcia, particolarmente
ristrette, in semicurva, forte pendenza e fra due gallerie.
2. Il Pubblico Ministero esclude possano pretendersi
dal custode, una volta che questi abbia adeguato la cosa
custodita alle previsioni normative applicabili, comporta-
menti che queste non contemplano e che sono comunque
contrari ai comuni criteri di prudenza; sottolinea come
il danno sia stato causato non dal guardrail in sè e per
sè considerato, ma dal non essere il medesimo dotato di
un’altezza superiore a quella prevista dalla legge: ciò che
non può assurgere a causa giuridica dell’evento, non po-
tendo collegarsi la responsabilità ex art. 2051 c.c. al modo
in cui "la cosa non è", ma solo al suo modo concreto di
essere nel mondo fenomenico, oppure quando vi sia un
obbligo giuridico di tenerla o porla in determinate condi-
zioni, diverse da quelle in cui si trovava al momento della
produzione del danno. E conclude nel senso che non po-
teva esigersi dal custode di adeguare il modo di essere del
guardrail ad un parametro non imposto da alcun precetto,
vuoi formale, vuoi ricavabile dalla comune esperienza:
tanto da chiedere il rigetto del ricorso.
3. Dal canto suo, la controricorrente eccepisce preli-
minarmente l’inammissibilità del ricorso, ritenendo sol-
lecitato con esso un nuovo e diretto esame dei fatti, ma
condivide la conclusione raggiunta dalla corte di appello
sulla sussistenza del caso fortuito (così esclusa la respon-
sabilità ex art. 2051 c.c.), essendo rimaste ignote le cause
dell’impatto, da parte del ciclomotore, contro il guardrail.
4. Ritiene il Collegio che la fattispecie offra l’occasione
per una puntualizzazione dei principi in materia di respon-
sabilità per danni da cose in custodia, come via via espressi
dalla giurisprudenza di questa Corte, con attenzione speci-
f‌ica - poi - alla custodia dei beni demaniali e, tra questi, di
quelli di grande estensione, come strade e loro accessori
e pertinenze: all’intera rif‌lessione premettendosi che in-
combe al danneggiato l’onere di un’opzione chiara - benchè
anche solo di alternatività o reciproca subordinazione, ma
espressa in tal senso - tra l’azione generale di responsabi-
lità extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 c.c., e quella
della responsabilità - oggettiva - per fatto della cosa, ai sen-
si dell’art. 2051 c.c., visto che le due domande presentano
tratti caratteristici, presupposti, funzioni ed oneri proces-
suali assai diversif‌icati (tra molte: Cass. 5 agosto 2013, n.
18609; Cass. 21 settembre 2015 n. 18463).
5. Occorre prendere le mosse dalla conclusione, def‌i-
nita come tradizionale, della giurisprudenza di legittimità
nel senso che "la responsabilità ex art. 2051 c.c. postula
la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una
relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da
consentire il potere di controllarla, di eliminare le situa-
zioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi
dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il dan-
neggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in
custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è pro-
dotto come conseguenza normale della particolare condi-
zione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre
resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla
presunzione iuris tantum della sua responsabilità, median-
te la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto
estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale
autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta ecce-
zionalità" (tra molte: Cass. 29 luglio 2016, n. 15761).
6. Si tratta di una conclusione che risale almeno a Cass.
20 maggio 1998, n. 5031, in base alla quale:
– quanto al fondamento della responsabilità, l’art. 2051
c.c. prevede un’ipotesi di responsabilità oggettiva, il cui
unico presupposto è l’esistenza di un rapporto di custodia;
del tutto irrilevante, per contro, è accertare se il custo-
de sia stato o meno diligente nell’esercizio della vigilanza
sulla cosa;
– quanto all’onere della prova, ove sia applicabile l’art.
2051 c.c., il danneggiato ha il solo onere di provare l’esi-
stenza di un valido nesso causale tra la cosa ed il danno,
mentre il custode ha l’onere di provare che il danno non è
stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso
il fatto dello stesso danneggiato o del terzo;

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