Corte di cassazione civile sez. II, 1 settembre 2014, n. 18487

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giur
Arch. loc. e cond. 1/2015
LEGITTIMITÀ
- che pertanto egli era succeduto nel medesimo pos-
sesso o compossesso del defunto D.V. e la Corte di Appello
avrebbe dovuto rigettare la domanda possessoria per es-
sere egli possessore o quanto meno compossessore dell’im-
mobile;
- che era contraddittoria, omessa o insuff‌iciente la
motivazione per la quale il thema decidendum doveva es-
sere limitato all’accertamento dell’eventuale sussistenza
della situazione di compossesso tra le parti, in quanto la
situazione di compossesso era quella indicata negli atti
difensivi di primo grado nei quali si invocava la qualità di
erede e la successione nel possesso o compossesso.
Il ricorrente, formulando i quesiti di diritto ai sensi del-
l’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, chiede:
- se il possesso dell’autore si trasferisca o meno all’erede
senza soluzione di continuità ed anche senza che l’erede
abbia avuto il possesso del bene;
- se l’erede può invocare i principi di cui all’art. 1146
c.c., comma 2 unicamente agli effetti dell’usucapione
oppure anche, in via di azione o eccezione nelle azioni a
tutela del possesso.
2.1 Il motivo, con riferimento al vizio di motivazione
è inammissibile per l’assoluta mancanza del momento di
sintesi; sul punto si richiamano i precedenti giurispruden-
ziali e i principi già enunciati al precedente punto 1.1.
Va comunque osservato che la motivazione, pur sinte-
tica, si collega alla motivazione della sentenza di primo
grado trascritta a pag. 20 del ricorso secondo la quale egli
non aveva mai agito in qualità di erede e “il ricorrente
non può far valere tale sua qualità neppure nella fase di
merito” (si intende il merito possessorio); la questione
riproposta con il motivo di ricorso attinge quindi l’inter-
pretazione dell’iniziale domanda e la motivazione della
Corte di Appello si salda con la più completa motivazione
del primo giudice, espressamente richiamata.
Il motivo, con riferimento alla violazione dell’art. 1146
c.c. è infondato perchè l’azione possessoria, come detto in
precedenza, avrebbe potuto essere esercitata anche nei
confronti del convivente more uxorio, ancorchè proprieta-
rio, ove avesse estromesso (come ha fatto l’erede) l’odier-
na intimata con clandestinità dall’unità abitativa e pertan-
to anche all’erede è precluso estromettere con violenza o
clandestinità colei che esercitava sull’immobile un potere
di fatto basato su di un interesse proprio e fondato su una
relazione di convivenza meritevole di tutela. In ogni caso,
la reintegrazione deve avvenire nella stessa situazione di
fatto esistente al momento dello spoglio, nella quale la S.,
dopo la morte del convivente, esercitava un potere di fatto
basato su una detenzione qualif‌icata senza la presenza
di altri e la disposta reintegrazione non contrasta con la
previsione di cui all’art. 1146 c.c., comma 2 tenuto conto
che per effetto di una f‌ictio iuris, il possesso del “de cuius”
si trasferisce agli eredi i quali subentrano nel possesso del
bene anche senza necessità di una materiale apprensione
così che, mancando il precedente possesso “corpore”, la
materiale apprensione con esclusione del detentore qua-
lif‌icato è stata legittimamente sanzionata con l’ordine di
reintegrazione.
Pertanto il primo quesito non è pertinente perchè, pur
essendo corretto affermare che il possesso dell’autore si
trasferisce all’erede senza soluzione di continuità ed an-
che senza che l’erede abbia avuto il possesso del bene, ciò
non preclude, per le ragioni già dette, l’azione di spoglio
della convivente more uxorio nei confronti dell’erede del
proprietario che non era nel possesso dei beni del de cuius
prima della sua morte (ciò essendo stato escluso con valu-
tazione di merito in entrambi i gradi del giudizio).
Egualmente inconferente rispetto alla concreta fatti-
specie anche il secondo quesito con il quale si chiede
se l’erede può invocare i principi di cui all’art. 1146 c.c.,
comma 2 unicamente agli effetti dell’usucapione oppure
anche, in via di azione o eccezione nelle azioni a tutela
del possesso: nella specie il ricorrente non ha esercitato
una azione a tutela del possesso, ma è ricorso a vie di fatto
estromettendo dall’immobile la detentrice qualif‌icata ed
ha operato una materiale apprensione del bene illegittima
per le sue modalità.
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; non si
pronuncia condanna alle spese in quanto la parte intimata
e non soccombente non ha svolto attività difensiva. (Omis-
sis)
corte di cAssAzione civile
sez. ii, 1 settembre 2014, n. 18487
pres. triolA – est. mAnnA – p.m. cApAsso (conf.) – ric. rocchi (Avv.
donAtone) c. condominio viA prAtomAGno 18 in romA (Avv.ti cApuzzi e
mArini)
Amministratore y Revoca giudiziale y Statuizione
sulle spese y Legittimità y Fondamento y Ripeti-
zione del condomino vittorioso nei confronti del
condominio y Disciplina antecedente alla modif‌ica
dell’art. 1129 c. c. conseguente alla legge n. 220 del
2012 y Esclusione y Fondamento.
. Il procedimento diretto alla revoca dell’amministrato-
re di condominio soggiace al regolamento delle spese
ex art. 91 cod. proc. civ., dovendosi escludere, nella di-
sciplina antecedente all’entrata in vigore dell’art. 1129,
undicesimo comma, cod. civ., come introdotto dalla leg-
ge 11 dicembre 2012, n. 220, che queste possano essere
ripetibili nel rapporto interno tra il condomino vittorio-
so che le ha anticipate e il condominio, nei cui confronti
pure si producono gli effetti della decisione, in quanto è
nel rapporto processuale tra le parti del giudizio che le
spese trovano la loro esclusiva regola di riparto. (c.p.c.,
art. 91; c.c., art. 1129; c.c., art. 1131) (1)
(1) Questione che non soggiace alla disciplina del nuovo testo del-
l’art. 1129, comma 11, c.c., come sostituito dall’art. 9 della legge n.
220/12. Nel senso che il procedimento diretto alla revoca dell’am-
ministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese ex
art. 91 c.p.c., v. Cass. civ., 29 ottobre 2004, n. 20957, in questa Rivista
2005, 36. Analogamente, nel senso che l’art. 91 c.p.c. intende riferirsi
a qualsiasi provvedimento che, nel risolvere contrapposte pretese,
def‌inisce il procedimento e ciò indipendentemente dalla natura e
dal rito del procedimento medesimo, v. Cass. civ., 18 luglio 2008, n.

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