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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine419-428

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 30 marzo 2005, n. 12283 (c.c. 25 gennaio 2005). Pres. Marvulli - Est. Milo - P.M. Iacoviello (conf.)Ric. P.G. in proc. De Rosa.

Indagini preliminari - Udienza preliminare - Richiesta di rinvio a giudizio - Rilievo di una causa di non punibilità da parte del Gip - Decisione allo stato degli atti - Necessità. Indagini preliminari - Udienza preliminare - Richiesta di rinvio a giudizio - Declaratoria di determinate cause di non punibilità - Ambito di operatività dell'art. 129 c.p.p. - Individuazione. Indagini preliminari - Udienza preliminare - Richiesta di rinvio a giudizio - Declaratoria di determinate cause di non punibilità - Pronuncia all'udienza preliminare - Necessità.

L'art. 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo delle varie fasi e dei diversi gradi del processo (artt. 425, 469, 529, 530, 531 c.p.p.), ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice, il quale, di fronte ad una riconosciuta causa di non punibilità, deve adottare la corrispondente decisione dello stato degli atti, senza che possa trovare spazio una qualsiasi altra attività non essenziale. (C.p.p., art. 129) (1).

La regola di cui all'art. 129 c.p.p., operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio tra le parti e trova attuazione secondo le forme e i tempi di volta in volta previsti dal codice per la fase in corso. (C.p.p., art. 129) (2).

Nella fase interinale che va dalla ricezione della richiesta di rinvio a giudizio allo svolgimento dell'udienza preliminare, non può il giudice adottare un provvedimento de plano l'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., ma deve dare impulso al rito tipico della fase in corso che è quello camerale dell'udienza preliminare e solo nell'ambito di questa può emettere, ricorrendone le condizioni, la detta declaratoria. (C.p.p., art. 129) (3).

    (1, 2, 3) La sentenza delle Sezioni unite risolve in senso negativo la questione, da tempo controversa in giurisprudenza, concernente la questione se il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio, possa, in applicazione dell'art. 129 c.p.p., immediatamente pronunciare, in presenza di una causa di non punibilità, la sentenza di non luogo a procedere, senza dover fissare l'udienza preliminare. La Suprema Corte approda a tale soluzione, conducendo l'analisi degli orientamenti contrapposti succedutisi nella giurisprudenza, attraverso la considerazione che il giudice per le indagini preliminari può adottare la declaratoria di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. esclusivamente con il rito tipico della fase in corso, e quindi attraverso l'udienza preliminare, per assicurare il rispetto del principio del contraddittorio. La tesi contraria, basata su di un'interpretazione delle espressioni «immediata declaratoria» e «in ogni stato e grado del processo», contenute nell'art. 129 c.p.p. ancorate ad un dato di tempestività temporale assoluta, porterebbe quale conseguenza quella di considerare superflua la stessa norma dell'art. 129 c.p.p., posto che costituirebbe una ripetizione di forme e di poteri decisori già previsti dal sistema processualpenalistico per ognuna delle fasi in cui il procedimento è suddiviso (udienza preliminare, giudizio di primo grado, di secondo grado e cassazione). L'interpretazione fatta propria dalla Suprema Corte - che costituisce orientamento maggioritario nella giurisprudenza di legittimità - permette, al contrario, di ancorare la norma in esame alla fase processuale in cui la medesima è chiamata ad operare, giustificandone pienamente l'operatività, individuata nel fornire al giudice per le indagini preliminari un'utile «regola di condotta»; appare, pertanto, la soluzione preferibile, anche da un punto di vista ermeneutico.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Al termine delle indagini preliminari, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli richiedeva il rinvio a giudizio di De Rosa Michele per i reati di cui agli artt. 648 bis, 648, 81 cpv., 110, 476, 482, 468 c.p., in relazione al possesso di un'autovettura di provenienza furtiva e alla contraffazione della relativa carta di circolazione, anch'essa di provenienza furtiva, e dei segni di identificazione del veicolo.

Il Gup dello stesso tribunale, con sentenza 9 agosto 2004 emessa de plano, ritenendo evidente - sulla base degli atti - la completa estraneità dell'imputato alle accuse formulate, dichiarava non doversi procedere nei confronti del medesimo «per non avere commesso il fatto» ai sensi del primo comma dell'art. 129 c.p.p.

  1. - Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la Corte d'appello di Napoli, deducendo l'inosservanza e l'erronea applicazione di legge, con riferimento agli artt. 129, 416 e ss. c.p.p., per essere stato il proscioglimento adottato de plano e non in sede di udienza preliminare e nel pieno rispetto del principio del contraddittorio.

  2. - Il ricorso, assegnato alla seconda sezione penale, è stato trasmesso al Primo Presidente sul rilievo dell'esistenza, sul punto, di orientamenti giurisprudenziali contrastanti.

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    Il Primo Presidente, con decreto 5 novembre 2004, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite per la trattazione all'odierna udienza camerale.

    MOTIVI DELLA DECISIONE.. 1. - Il ricorso è fondato e va accolto.

    Preliminarmente deve rilevarsi che correttamente il ricorrente P.G. ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione, che è l'unico mezzo di gravame consentito nella specie dall'art. 568 secondo comma c.p.p. (cfr. Cass., sez. III, 15 novembre 1999, Grosso; sez. VI, 7 aprile 1998, Bove; SS.UU. 11 maggio 1993,

    Amato, quest'ultima con riferimento al proscioglimento de plano ex art. 459 terzo comma c.p.p.). La precisazione è opportuna per escludere l'appellabilità della pronucia in oggetto e la conseguente configurabilità della proposta impugnazione come ricorso per saltum. La tesi contraria, che pure - a volte - si è sostenuta (Cass., sez. VI, 20 gennaio 1998, Palpacelli), determinerebbe la destabilizzazione dei meccanismi impugnatori ed avrebbe riverberi negativi sugli stessi diritti dell'imputato che, in caso di riforma della sentenza proscioglitiva emessa de plano dal Gip e di rinvio a giudizio disposto in sede d'appello, sarebbe irrimediabilmente privato di facoltà esercitabili nell'ambito dell'udienza preliminare.

  3. - La questione sottoposta all'esame delle Sezioni unite può essere così sintetizzata: «se il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio, possa in applicazione dell'art. 129 c.p.p. immediatamente pronunciare, in presenza di una causa di non punibilità, sentenza di non luogo a procedere senza fissare l'udienza preliminare».

    Sul punto, vi sono contrastanti indirizzi interpretativi nella giurisprudenza di legittimità.

    2 a). - Un primo orientamento afferma: a) legittimamente può provvedersi - senza fissare la relativa udienza - all'immediata declaratoria di non punibilità dell'imputato, quando il Gip, a seguito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio, rilevi dalla stessa formulazione dell'imputazione o dagli atti contenuti nel fascicolo di cui all'art. 416 secondo comma c.p.p., l'evidente sussistenza di una causa di non punibilità; b) la richiesta di rinvio a giudizio chiude la fase delle indagini preliminari per cui non v'è alcuna preclusione all'applicazione senza formalità dell'art. 129, che legittima un provvedimento comunque favorevole all'imputato e che opera in un campo distinto da quello dell'art. 425 c.p.p., rispondendo le due norme a differenti esigenze processuali; c) il legislatore ha previsto un compiuto sistema con riguardo alla ricorrenza delle cause di non punibilità, dettando una serie di disposizioni applicabili nelle varie fasi del processo e conseguenti alle differenti esigenze sequenziali (artt. 425, 469, 529 e ss. c.p.p.) ed una norma, appunto l'art. 129 c.p.p., applicabile nelle ipotesi residuali; d) a favore della «immediata» pronuncia de plano ex art. 129 militano il principio del favor rei ed evidenti ragioni di economia processuale, in ossequio al dettato dell'art. 111 della Costituzione, che impone la più rapida definizione del processo (cfr. Cass., sez. III, 5 ottobre 1993, Rendina; sez. VI, 28 giugno 1995, Sculli; sez. III, 15 gennaio 1998, Siccardi; sez. V, 25 ottobre 2003, Berlusconi; sez. IV, 30 novembre 1995, Dal Pont sul giudizio minorile).

    2 b). - Altro orientamento propende per la tesi che il Gip, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio, può adottare la declaratoria di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. soltanto con il rito tipico della fase in corso, cioè quello camerale dell'udienza preliminare, e ciò per assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, che caratterizza la fase processuale introdotta con l'esercizio dell'azione penale (cfr. Cass., sez. VI, 16 febbraio 1996, Mazzocchi; sez. I, 12 ottobre 1998, Mulazzani; sez. VI, 15 giugno 1998, Amroun Belahcene; sez. I, 22 aprile 1998, Motika; sez. VI, 3 febbraio 1998, Bove; sez. VI, 23 gennaio 1998, Riciputi; sez. VI, 20 gennaio 1998, Palpacelli; sez. I, 1 dicembre 1997, Vito; sez. III, 26 aprile 1998, Romano; sez. VI, 26 febbraio 1999, Tota; sez. IV, 31 maggio 2000, Battista; sez. IV, 21 maggio 1995, Zannini sul giudizio minorile).

    2 c) - Il contrasto verte non sull'esistenza del potere del giudice di prosciogliere in ogni stato e grado del processo, ogniqualvolta ravvisi le condizioni di una delle soluzioni decisorie indicate dall'art. 129, ma sul rito da seguire per pervenire a tale epilogo e, quindi, sull'interpretazione delle espressioni «immediata declaratoria», «in ogni stato e grado» e «di ufficio», presenti nella rubrica e nel testo...

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