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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 8 gennaio 2007, n. 57 (c.c. 19 dicembre 2006). Pres. Carbone - Est. Agrò - P.G. (conf.) - Ric. Auddino e altri.

Misure di prevenzione - Appartenenti ad associazioni mafiose - Sequestro e confisca dei beni - Confisca - Revocabilità - Fondamento - Limiti.

Il provvedimento di confisca deliberato ai sensi dell'art. 2 ter, ccomma terzo, L. 31 maggio 1975, n. 575 (disposizioni contro la mafia) è suscettibile di revoca ex tunc, a norma dell'art. 7, comma secondo, L. 27 dicembre 1956, n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), allorché sia affetto da invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell'errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l'irreversibilità dell'ablazione determinatasi, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all'avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui ingiustificatamente subita. (L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7; L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter) (1).

    (1) Le S.U., in punto di diritto, hanno altresì precisato che in ordine ai limiti soggettivi di proponibilità la revoca non può essere richiesta da chi, pur dovendo intervenire perché formalmente titolare dei beni sequestrati, non sia stato chiamato a partecipare al procedimento e comunque non vi abbia partecipato; in questo caso, l'esistenza delle condizioni per la dichiarazione dell'inefficacia del provvedimento può e deve farsi valere mediante il ricorso ad incidente di esecuzione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. 1. - Con incidente di esecuzione - istanza di revoca del 17 febbraio 2005, Concetta Auddino, Francesco Auddino, Cesarina Auddino, Lucia Auddino, Raffaele Auddino, Nicola Auddino e Teresa Scriva chiedevano al Tribunale di Reggio Calabria la revoca parziale del provvedimento di confisca di immobili, confisca disposta, con decreto depositato l'8 marzo 1995, nel procedimento di prevenzione a carico di Michele Auddino, figlio della Scriva e fratello degli altri richiedenti.

Sostenevano, quanto a un magazzino, che la confisca era stata deliberata in assenza di previo sequestro e senza che ai richiedenti, proprietari del bene, fosse stata data la possibilità di intervenire nel procedimento e, quanto ad un alloggio di edilizia economica e popolare, che anch'esso era stato confiscato senza un previo sequestro e senza che sussistessero i presupposti della misura di prevenzione, dato che non era stato effettuato alcun raffronto fra i redditi leciti dei soggetti assegnatari-acquirenti (Teresa Scriva e Rocco Auddino, padre degli altri richiedenti) e il prezzo del riscatto.

  1. - Il tribunale, con provvedimento del 6 maggio 2005, respingeva l'istanza di revoca sui rilievi che la mancata partecipazione dei terzi al procedimento di confisca non rileva come vizio del provvedimento; che, pur a prescindere dall'influenza del giudicato su eventuali vizi in procedendo, esisteva un provvedimento di sequestro dell'intero patrimonio aziendale dell'Auddino; che non risultava provata l'effettiva disponibilità dei beni da parte degli istanti, inerti per ben dieci anni dinanzi alla confisca; che la madre della persona pericolosa, Teresa Scriva, aveva partecipato al procedimento conclusosi con la confisca; che in ogni modo non venivano prospettati elementi di novità tali da integrare l'ipotesi di cui all'art. 7 legge 27 dicembre 1956, n. 1423.

  2. - Sull'appello dei richiedenti, la Corte di appello di Reggio Calabria, con decreto del 1º marzo 2006, dichiarava inammissibile l'impugnazione.

    Riteneva, infatti, conformemente a quanto affermato da Cass., sez. V, 15 gennaio 2004, n. 5738, P.G. in proc. D'Agata, che la revoca della misura patrimoniale di prevenzione costituita dalla confisca non è prevista dalla legge e che non sarebbe applicabile analogicamente l'art. 7 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, riguardante le misure personali di prevenzione.

    Nel richiamare l'orientamento interpretativo espresso da Cass., sez. VI, 17 settembre 2004, n. 46449, Cerchia e altro, denunziano violazione di legge perché è stata esclusa l'operatività della revoca ai sensi dell'art. 7 della legge 1423 del 1956, nonostante si fosse rappresentata una situazione in cui erano inesistenti ab origine i presupposti della confisca (beni di lecita provenienza e di legittima proprietà dei richiedenti).

  3. - La prima sezione penale di questa Corte, assegnataria del ricorso, rilevato il contrasto giurisprudenziale sul punto dell'applicabilità della revoca prevista dall'art. 7 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, alla misura di prevenzione della confisca, su conforme richiesta del procuratore generale, disponeva la remissione del procedimento alle Sezioni Unite.

    MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Come si è esposto in narrativa, le Sezioni Unite, per risolvere il contrasto tuttora perdurante nella giurisprudenza di legittimità (cfr. da ultime in senso positivo Cass., sez. VI, 18 ottobre 2005, n. 44985, Buda e altri, e in senso negativo Cass., sez. I, 27 giugno 2006, n. 33056, Mandaglio e altri), sono state chiamate a decidere se la misura della confisca di cui all'art. 2 ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, sia revocabile ai sensi dell'art. 7, secondo comma, Page 166 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, al pari delle misure personali di prevenzione.

  4. - Questa revoca, a una prima lettura della disposizione, appare come atto di ritiro di una misura di prevenzione, su istanza dell'interessato, da parte della stessa autorità che ebbe ad emanarla. Essa suppone l'intervenuta definitività della misura, potendosi altrimenti ottenere la cessazione della sua efficacia attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass., sez. I, 21 gennaio 2000, Russo); è improntata a discrezionalità («può»); è condizionata dall'esaurirsi o dal mutamento sopravvenuti della causa originaria («quando sia cessata o mutata la causa che lo ha determinato»); ha pertanto efficacia ex tunc.

    Ed è in base a questa possibilità senza termine di ritiro che si è osservato come, per le misure di prevenzione cui è applicabile, si debba parlare di un principio di giudicato provvisorio, dato che la preclusione che deriva da un simile giudicato opera sempre rebus sic stantibus e non impedisce una rivalutazione dei presupposti, sulla base di nuove evenienze.

  5. - Un maggior approfondimento interpretativo dell'art. 7 è tuttavia intervenuto in relazione al dubbio della compatibilità delle misure di prevenzione con l'istituto della revisione contemplato negli artt. 629 ss. c.p.p., ferma restando l'esigenza logico-sistematica di coprire anche simili provvedimenti con uno strumento in grado di riparare ad errori giudiziari.

    In questa linea, a cominciare da Cass., sez. I, 6 marzo 1992, n. 1071, Santapaola, si è valorizzato il valore polisemantico dell'espressione «sia cessata la causa che lo ha determinato» e si è affermato che tale cessazione è riferibile tanto a un fatto sopravvenuto, quanto a una nuova e più attenta valutazione retrospettiva della situazione iniziale.

    Con il risultato di ritenere che il secondo comma dell'art. 7 preveda anche la possibilità di una revoca ex tunc, priva, questa, di ogni connotazione discrezionale e determinata dal riconoscimento, oggi per allora, dell'inesistenza originaria dei presupposti della misura di prevenzione.

    Una tale lettura, consacrata dalla decisione delle Sezioni Unite 10 dicembre 1997, Pisco, fa sì che la disposizione in esame svolga, per i partecipanti al procedimento di prevenzione, altrimenti privi di diverso rimedio (e in particolare dell'incidente di esecuzione cfr. Cass., sez. VI, 5 novembre 2002, n. 37025, Diana e altro), anche una funzione vicariante quella riservata, per le sentenze e per i decreti penali di condanna, alla revisione.

    La quale ultima, nelle forme di cui agli artt. 629 ss. c.p.p., è stata invece ritenuta inapplicabile ai provvedimenti di prevenzione, sempre dalla pronunzia delle Sezioni Unite appena citata.

  6. - Va poi ancora ricordato, quanto alla confisca disposta ai sensi dell'art. 2 ter della legge 31 maggio 1965, n. 575, che questa, conformemente all'insegnamento di S.U. 3 luglio 1996, P.G. in proc. Simonelli, non è di per sé provvedimento di prevenzione in senso stretto, ma piuttosto sanzione amministrativa di carattere ablatorio, equiparabile alla misura di sicurezza presentata dal secondo comma dell'art. 240 c.p.

    Simile sanzione accede comunque a una misura personale di prevenzione ed è applicabile nel relativo procedimento di cui «segue, in linea di massima, le regole» (giurisprudenza uniforme, cfr., da ultimo, Cass., sez. II, 31 gennaio 2005, n. 19914, P.G. in proc. Bruno e altri).

  7. - Ora gli argomenti addotti dai fautori della soluzione dell'irrevocabilità della confisca, compiutamente espressi da Cass., sez. V, 15 gennaio 2004, n. 5738, P.G. in proc. D'Agata e da ultimo rivisitati dalla già citata Cass., sez. I, 27 giugno 2006, n. 33056, Mandaglio e altri, sono in primo luogo di carattere letterale.

    Secondo canoni ermeneutici di questo tipo si evidenzia in primo luogo che l'art. 2 ter, quarto comma della legge n. 575 del 1965 prevede la revoca del sequestro, ma non anche della confisca («il sequestro è revocato dal tribunale quando è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione o quando risulta che essa ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato poteva disporre direttamente o indirettamente»). Inoltre l'art. 3 ter, anch'esso attinente alle misure di prevenzione reali, nel fare rinvio per il regime delle impugnazioni (in tema, tra l'altro, di confisca e comprensivo, si assume di ogni tipo di gravame) ad altre disposizioni della legge n. 1423 del 1956 (art. 4, commi ottavo, nono, decimo, undicesimo), non richiama l'art. 7 della suddetta legge, che disciplina specificamente l'istituto della...

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