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corte di cassazione penaLe
sez. un., 17 febbraio 2012, n. 6624 (c.c. 27 ottobre 2011)

pres. Lupo – est. miLo – p.g. ciani (conf.) – ric. marinaj

Rapporti giurisdizionali con autorità straniere in materia penale y Estradizione y Procedimento y Misure coercitive in corso di esecuzione y Consegna allo Stato richiedente della persona reclamata y Conseguenza y Richiesta di revoca o di inefficacia della misura cautelare coercitiva y Provvedimento di rigetto y Inammissibilità dell’impugnazione per carenza di interesse y Fondamento.

. Nell’ambito del procedimento di estradizione per l’estero, l’intervenuta consegna allo Stato richiedente della persona reclamata comporta l’inammissibilità, per sopraggiunta carenza d’interesse, dell’impugnazione proposta dalla medesima persona contro il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca o di inefficacia della misura cautelare coercitiva disposta a suo carico nel corso dello stesso procedimento, stante la natura incidentale della quaestio libertatis rispetto alla procedura di estradizione e avendo la cautela personale esaurito la sua funzione strumentale alla consegna. Nell’ipotesi considerata, l’interesse all’impugnazione del provvedimento sulla libertà personale adottato a fini estradizionali non può essere ravvisato neppure nella prospettiva di ottenere la riparazione per ingiusta detenzione, in quanto il conseguimento di tale obiettivo è incompatibile con la pronuncia della sentenza - irrevocabile - favorevole all’estradizione. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 303; c.p.p., art. 708; c.p.p., art. 714) (1)

(1) Sentenza molto interessante con cui la Suprema Corte si è occupata della soluzione del contrasto giurisprudenziale circa la perdita di efficacia della misura coercitiva a fini estradizionali nel caso in cui lo Stato richiedente non prenda in consegna l’estradando nel termine di legge a causa della sospensione dell’efficacia, disposta dal giudice amministrativo, del provvedimento ministeriale di concessione dell’estradizione. La più volte citata sentenza delle SS.UU. del 18 dicembre 2006, Stosic, è pubblicata per esteso in questa rivista con nota di PELIZZARI DANIELA, L’Estradizione tra giurisprudenza e convenzioni internazionali, ed in Guida al diritto 2007, 12, 73, con nota di SELVAGGI EUGENIO, Necessario bilanciare per via legislativa diritti della persona e consegna temporanea.

svoLgimento deL processo
1. La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 13 gennaio 2011 (irrevocabile il 7 aprile successivo), dichiarava sussistere le condizioni per l’estradizione processuale

verso la Repubblica del Montenegro del cittadino albanese Fran Marinaj, nei confronti del quale l’Autorità giudiziaria di quel Paese procedeva penalmente per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e per i reati-fine di importazione, detenzione e vendita illecite delle stesse sostanze, commessi negli anni 2008 e 2009, ed aveva emesso, in data 5 dicembre 2009, mandato di cattura.
1.1. Il Marinaj, ricercato in campo internazionale, era stato arrestato in Firenze dalla Polizia giudiziaria il 2 giugno 2010 e sottoposto, con provvedimento adottato il giorno successivo, ai sensi dell’art. 716, commi 3 e 4, c.p.p., dal Presidente della Corte fiorentina, alla misura cautelare della custodia in carcere finalizzata a garantire la consegna.
1.2. Il Ministro della Giustizia, con decreto 21 aprile 2011, concedeva la sollecitata estradizione e informava lo Stato richiedente che a partire dall’11 maggio 2011 era possibile procedervi entro il termine di quindici giorni fissato dall’art. 18, par. 4, della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957.
1.3. Il Marinaj, però, impugnava dinanzi al competente Tar del Lazio il citato decreto ministeriale, sollecitandone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia.

Il magistrato delegato del Tar, con decreto del 9 maggio 2011, ritenuto che ricorrevano i presupposti della «estrema gravità ed urgenza», disponeva, ai sensi dell’art. 56, comma 2, D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. codice del processo amministrativo), la sospensione, in via cautelare, dell’efficacia del provvedimento ministeriale sino alla camera di consiglio del successivo 8 giugno, fissata per la deliberazione collegiale ex art. 55, comma 5, del richiamato decreto legislativo.
2. I difensori dell’estradando, in data 27 maggio 2011, presentavano richiesta alla Corte di appello di Firenze per la declaratoria d’inefficacia, ai sensi degli artt. 708, comma 6, c.p.p. e 18, par. 4, della Convenzione europea di estradizione, della misura custodiale in atto, essendo inutilmente decorso (il 26 maggio 2011) il termine previsto per la consegna.

Il Giudice distrettuale, con ordinanza del 3 giugno 2011, rigettava la richiesta, ritenendo che la mancata esecuzione della consegna dell’estradando nel termine previsto non era ascrivibile a colpevole inerzia dello Stato richiedente o a inadempienze del Ministero della Giustizia italiano, ma era imputabile esclusivamente alla «sopravvenienza di una causa di forza maggiore», costituita dal provvedimento col quale il Tar, su richiesta dello stesso estradando, aveva sospeso cautelarmene l’esecuzione della disposta estradizione.

Arch. nuova proc. pen. 3/2012

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Con T r ASTI

3. Avverso tale ordinanza di rigetto ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, il Marinaj, sollecitando l’annullamento della medesima ordinanza, la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare alla quale era sottoposto e la sua immediata liberazione.

Con un primo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 708 c.p.p. e 13 Cost.: sottolinea, in particolare, che i termini di custodia previsti dalla prima norma per la fase amministrativa dell’estradizione, una volta conclusa la fase giurisdizionale, sono molto brevi, inderogabili e non soggetti, in difetto di una espressa previsione legislativa, a sospensione o proroga per effetto del provvedimento cautelare del giudice amministrativo; aggiunge, evocando Sez. un., n. 41540 del 28 novembre 2006, Stosic, che non sono applicabili i termini massimi di custodia di cui all’art. 303, comma 4, c.p.p., operativi soltanto per il procedimento ordinario e non estensibili a quello di estradizione.

Con un secondo motivo, lamenta la violazione degli artt. 696 c.p.p. e 18, par. 4, della Convenzione europea di estradizione, norma - quest’ultima direttamente applicabile nell’ordinamento italiano, perché ratificata con legge 30 gennaio 1963, n. 300 e implicitamente richiamata dall’art. 696 c.p.p., nella parte in cui stabilisce la prevalenza delle norme pattizie internazionali in tema di estradizione rispetto alla disciplina del codice di rito: la coercizione personale non poteva protrarsi oltre i limiti fissati dalla richiamata norma convenzionale, sulla quale non poteva incidere l’andamento della procedura attivata con il ricorso al Giudice amministrativo, della quale non erano prevedibili i tempi di definizione, situazione - questa - che avrebbe peraltro esposto «lo Stato italiano a responsabilità nei confronti della comunità internazionale e ad azioni di risarcimento danni dinanzi all’Autorità giudiziaria europea».
4. Con ordinanza del 19 luglio 2011, la Sesta Sezione penale, assegnataria del ricorso, ne ha rimesso la decisione - ex art. 618 c.p.p. - alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto di giurisprudenza all’interno della stessa Sezione, non superato neppure dopo l’intervento di Sez. un., Stosic, del cui pensiero erano state date, alternativamente, letture diverse.

La Sezione rimettente evidenzia che, secondo un primo orientamento in linea con la pronuncia delle Sezioni Unite, l’estradando detenuto deve essere rimesso in libertà, se l’efficacia del decreto di estradizione viene sospesa, in via cautelare, dal giudice amministrativo, con conseguente mancata esecuzione della consegna nel termine stabilito; ciò perché la legge non prevede l’intervento del detto giu-dice come causa di sospensione o di proroga dei termini di durata della misura restrittiva applicata, che non possono in nessun caso superare quelli inderogabili previsti per la consegna dagli artt. 708 c.p.p. e 18 della Convenzione europea di estradizione, posto che una contraria soluzione si porrebbe in palese contrasto con i principi fissati dall’art. 13 della Costituzione (Sez. un., Stosic; Sez. VI, n. 12677 del 20 marzo 2007, Cipriani; Sez. VI, n. 17624 del 12 aprile 2007, Sogorovic; Sez. VI, n. 44441 del 13 novembre 2008, Orvidas; Sez. VI, n. 6567 del 6 dicembre 2007, dep. 2008, Imperiale). Altro orientamento, invece, esclude,

nell’ipotesi considerata, la perdita di efficacia della misura cautelare personale e ritiene la durata della custodia disciplinata dall’art. 303, comma 4, c.p.p. ovvero attinta da una causa sospensiva iussu iudicis (provvedimento del giudice amministrativo), al pari di quanto avviene nel procedimento ordinario ex art. 304, comma 1, lett. a). c.p.p. (Sez. VI, n. 12451 dell’11 marzo 2011, Pilatasig; Sez. VI, n. 29261 dell’8 maggio 2006, Cipriani; Sez. VI, n. 10110 dell’8 febbraio 2006, Cipriani; Sez. VI, n. 19830 del 9 aprile 2002, Aboud Maisi).

La Sezione rimettente, inoltre, osserva che la questione controversa e, quindi, l’esigenza di superare la evidenziata dissonanza di orientamenti interpretativi sono rese particolarmente rilevanti dalla nuova disciplina del processo amministrativo (D.L.vo n. 104 del 2010), che, semplificando e riducendo i termini di svolgimento del procedimento cautelare incidentale (artt. 55-62, 98), «rende concreta quella dinamica di “automatismo” nella concessione di misure sospensive dei provvedimenti impugnati davanti al giudice amministrativo in sede di “misure cautelari” [...] monocratiche o collegiali, di primo o di secondo grado».
5. Il Presidente Aggiunto, con decreto in data 8 agosto 2011, ha assegnato - ex art. 618 c.p.p. - il ricorso...

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