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Corte di cassazione penale sez. Un., 1 marzo 2011, n. 7931 (C.c. 16 Dicembre 2010)

Pres. Lupo – est. Cortese – p.m. Ciani (conf.) – ric. Testini

Misure cautelari personali y impugnazioni y impugnazione incidentale de libertate y iniziativa del p.m. Y utilizzo di nuove prove nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto y potere di scelta del p.m. Y contenuto.

Qualora il pubblico ministero, nelle more della decisione su una impugnazione incidentale de libertate, intenda utilizzare, nei confronti dello stesso indagato e per lo stesso fatto, elementi probatori “nuovi”, preesistenti o sopravvenuti, può scegliere se riversarli nel procedimento impugnatorio o porli a base di una nuova richiesta di misura cautelare personale, ma la scelta così operata gli preclude di coltivare l’altra iniziativa cautelare. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 273; c.p.p., art. 310; c.p.p., art. 314) (1)

(1) La sentenza in commento risulta ampiamente argomentata in punto di diritto con numerosi riferimenti giurisprudenziali ai quali si rinvia. Riportiamo i riferimenti di pubblicazione delle SS.UU. citate in motivazione: Cass. pen., sez. un., 28 settembre 2005, Donati, pubblicata per esteso in questa Rivista 2005, 669 e Cass. pen., sez. un., 20 aprile 2004, Donelli, ivi 2004, 279.

Svolgimento del processo

  1. Con ordinanza del 24 ottobre 2009 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, in accoglimento della richiesta del Pubblico Ministero, convalidava il fermo disposto nei confronti di Luciano Simeone, Carlo Tagliente, Nicola Marco Testini e Antonio Tamburrino, tutti Carabinieri in servizio presso la Compagnia di Roma Trionfale, e contestualmente emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei primi tre, per concorso nei delitti di cui:

    1. - all’art. 615 cod. pen. per essersi i primi due, quali carabinieri scelti, abusando dei poteri inerenti la loro funzione, previo accordo con il terzo, maresciallo capo, introdotti e intrattenuti illegalmente il 3 luglio 2009 nell’appartamento sito in Roma, in uso a persona individuata come «Natalie»;

    2. - all’art. 317 cod. pen. per avere, nelle circostanze sopra specificate, abusando della loro qualità, con minaccia di gravi conseguenze, costretto Piero Marrazzo, all’epoca Governatore della Regione Lazio, a consegnar loro tre assegni dell’importo complessivo di 20.000,00 euro;

    3. - agli artt. art. 61, comma primo, n. 9, 628, comma terzo, n. 1, cod. pen., per essersi, nelle circostanze sopra specificate, con violazione dei doveri inerenti la funzione esercitata, con modalità intimidatorie derivanti dalle circostanze e dalla condotta descritte nei capi precedenti, impossessati della somma di euro 5.000,00, appartenente ad altri;

    4. - agli artt. 61, comma primo, n. 9, cod. pen., e 73, commi 1 e 6, d.p.r. n. 309 del 1990, per avere, nelle circostanze sopra indicate, con violazione dei doveri inerenti la funzione esercitata, detenuto illegalmente un quantitativo non determinato di cocaina.

      La misura non veniva disposta nei confronti dei predetti per il delitto, di cui al capo E) - della sussistenza del quale pur si argomentava in motivazione -, p. e p. dall’art. 615-bis, comma terzo, cod. pen., per essersi, nelle circostanze sopra indicate, con violazione dei doveri inerenti la funzione esercitata, mediante l’uso di strumenti di ripresa audio-video, procurati indebitamente immagini attinenti alla vita privata di quanti si trovavano all’interno dell’appartamento citato nel capo A), nel quale si erano abusivamente introdotti.

      Nei confronti del Tamburrino il G.i.p. disponeva, con la medesima ordinanza, la custodia carceraria per il delitto, di cui al capo F), p. e p. dagli artt. 61, n. 9, e 648 cod. pen. per avere, con violazione di doveri inerenti la funzione esercitata, al fine di procurare a sé e ai predetti Simeone, Tagliente e Testini un profitto, ricevuto, per farne commercio, in epoca compresa tra i mesi di luglio ed ottobre 2009, il video realizzato nelle circostanze descritte nel capo E).

      Con ordinanza del 9 novembre 2009 emessa in sede di riesame il Tribunale di Roma, mentre confermava l’ordinanza cautelare nei confronti del Simeone e del Tagliente (esclusa solo, quanto al delitto di cui al capo D, l’aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.p.r. n. 309 del 1990), nonché del Tamburrino (al quale sostitutiva però la custodia in carcere con gli arresti domiciliari), la annullava nei confronti del Testini, di cui disponeva la liberazione, ritenendo carenti, allo stato, sotto il profilo della gravità, gli indizi raccolti a suo carico.

      Avverso tale decisione proponeva, fra gli altri, ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma con riguardo all’annullamento del provvedimento cautelare nei confronti del Testini. La Corte di cassazione (Sez. 4) con sentenza emessa il 24 febbraio 2010 e depositata il 19 aprile 2010 (con il n. 15082) annullava l’ordinanza del riesame nei confronti del Testini, con rinvio al Tribunale di Roma.

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      Nelle more, e sulla scorta dei rilievi formulati dal Tribunale del riesame con il provvedimento del 9 novembre 2009, il Pubblico ministero proseguiva le indagini.

      I nuovi elementi confermavano - secondo l’accusa - l’ipotesi del concorso del Testini nella realizzazione dei reati di cui ai surriportati capi A, B, C, D ed E. Visto, poi, il ruolo centrale avuto nella vicenda da Gianguarino Cafasso, erano state approfondite le indagini anche in relazione alla morte dello stesso, verificatasi il 12 settembre 2009 a seguito (secondo quanto risultava dalla consulenza autoptica) di assunzione di eroina e cocaina in concentrazione letale.

      Stando all’accusa, l’insieme degli elementi emersi dimostravano che la morte del Cafasso fosse il risultato di una condotta dolosa del Testini, volta all’eliminazione di un testimone scomodo.

      Alla stregua di tanto, prima ancora che venisse depositata la motivazione della succitata sentenza rescindente di questa Corte, veniva richiesta nei confronti del Testini nuova misura cautelare sia per i reati di cui ai predetti capi A, B, C, D ed E, sia per i reati, commessi il 12 settembre 2009, di cui:

    5. - agli artt. 61, comma primo, n. 2, cod. pen., e 73 e 80, comma 1, lettera e), d.P.R. n. 309 del 1990, per avere, al fine di eseguire il reato di cui al capo I), ceduto a Gianguarino Cafasso un quantitativo imprecisato di eroina e cocaina, in miscela tale da accentuarne la potenzialità lesiva;

    6. - agli artt. 61, comma primo, n. 2, 575 e 577, comma primo, n. 2 e 3, cod. pen., per avere cagionato la morte del Cafasso, come conseguenza dell’assunzione della miscela letale cedutagli, al fine di procurare a sé, al Simeone e al Tagliente l’impunità per i delitti di cui ai capi da A) ad E), agendo con premeditazione e servendosi di sostanza venefica.

      Con ordinanza del 29 marzo 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma recepiva pressoché integralmente l’impianto accusatorio, respingendo la richiesta solo per il capo D.

      Con ordinanza in data 12 aprile 2010 il Tribunale di Roma, investito ex art. 309 cod. proc. pen. della richiesta di riesame nell’interesse del Testini, confermava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari.

      Il Tribunale respingeva fra l’altro, in via preliminare, l’eccezione procedurale relativa alla illegittimità e/o inammissibilità della reiterazione della misura e della richiesta del Pubblico ministero per i reati commessi il 3 luglio, affermando la non pertinenza del principio fissato da Sez. un., n. 18339 del 31 marzo 2004, dep. 20 aprile 2004, imp. Donelli, in quanto nel caso in esame il P.M., al momento della proposizione del ricorso per cassazione, non era ancora in possesso degli elementi nuovi posti a fondamento della seconda richiesta cautelare, e non poteva di conseguenza porsi, nella situazione data (simile a quella conformemente decisa da Sez. 2, n. 6798 del 16 dicembre 2004, dep. 22 febbraio 2005, imp. Rizzo), alcun problema di deducibilità di nuovi elementi né di possibilità per il P.M. di abnorme conseguimento di due titoli cautelari diversi, l’uno a sorpresa, l’altro all’esito di contraddittorio camerale. D’altronde la eventuale sovrapposizione di giudizi cautelari ben avrebbe potuto risolversi con una declaratoria d’inammissibilità per carenza d’interesse dell’originaria impugnazione (secondo quanto affermato da Sez. 6, n. 24129 del 8 maggio 2008, dep. 13 giugno 2008, imp. Del Nogal Marquez). A sostegno dell’infondatezza della tesi difensiva, e della differenza di regole a seconda della diversità della fase in cui sopravveniva la nuova richiesta del p.m., richiamava ancora Sez. 3, n. 36360 del 9 luglio 2009, dep. 21 settembre 2009, imp. Castiglione. Rilevava infine che neppure era pertinente Sez. 6, n. 11937 del 26 febbraio 2009, dep. 18 marzo 2009, P.M. in proc. Mautone, perché tale decisione riguardava una rinnovazione della richiesta cautelare per lo stesso fatto e in base agli stessi elementi.

      Quanto alla denunziata violazione del divieto di bis in idem rilevava che la giurisprudenza di legittimità appariva pacifica nel ritenere che nulla impedisce l’emissione di ordinanze successive aventi ad oggetto lo stesso fatto, operando in tale ipotesi (come puntualizzato da Sez. 4, n. 41370 del 30 ottobre 2001, dep. 20 novembre 2001, imp. Boddli, e Sez. 2, n. 20926 del 11 maggio 2005, dep. 6 giugno 2005, imp. Varesi) il meccanismo di garanzia dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.. Nella specie le due ordinanze cautelari non apparivano fra l’altro neppure perfettamente sovrapponibili, in quanto solo la prima, e non anche la seconda, aveva disposto la misura per il reato di cui al capo D), e solo la seconda, e non anche la prima, l’aveva disposta per il reato di cui al capo E).

  2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Valerio Spigarelli, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

    Oltre a denunciare (col terzo motivo) l’inutilizzabilità di alcune dichiarazioni...

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