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AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@CORTE DI CASSAZIONE CIVILE sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331. Pres. Carbone – Est. Elefante – P.M. IannellI (Conf.) – Ric. Cond. sito in Roma, Via (omissis) (Avv.ti Sabatini e Boni) c. R.S. ed altra (avv. Mancini)

Azioni giudiziarieLegittimazione dell’amministratoreCostituzione senza previa autorizzazione dell’assembleaAmmissibilitàLimiti.

L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131, secondo e terzo comma, c.c., può anche costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione. (c.c., art. 1131) (1)

(1) Le Sezioni Unite, con la sentenza in epigrafe, compongono il contrasto giurisprudenziale esistente in sede di legittimità ed esaurientemente rappresentato in parte motiva. Interessante sarà valutare gli effetti riflessi di questa importante pronuncia. Ci si chiede, ad esempio, se sia ancora applicabile il principio di diritto espresso da Cass. 18 febbraio 2010, n. 3900, in questa Rivista 2010, 421, la quale, nell’affermare la legittimazione del singolo condòmino ad impugnare personalmente, anche in Cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale ove non vi provveda l’amministratore, sembrerebbe ora consentire la sostituzione del condomino non tanto rispetto all’amministratore quanto all’assemblea stessa.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In seguito a infiltrazioni d’acqua verificatesi (nel 1994) nel proprio appartamento sito all’ultimo piano di un fabbricato condominiale, R.S. (nel 1996) conveniva davanti al tribunale di Roma il condominio di via (omissis) in Roma, e la P. s.r.l., proprietaria del lastrico solare dal quale erano provenute le infiltrazioni, al fine di ottenerne la condanna alla esecuzione delle opere dirette alla eliminazione delle infiltrazioni e al risarcimento dei danni subiti. L’attore ascriveva al condominio di non avere provveduto alla ordinaria manutenzione; alla P. s.r.l. di avere eseguito lavori di ristrutturazione che, danneggiando l’impermeabilizzazione, erano stati la causa delle infiltrazioni.

I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda.

Con sentenza 5 giugno 2000 l’adito tribunale di Roma - esperita istruttoria ed espletata c.t.u. - condannava la P. s.r.l. ad effettuare le opere indicate dal c.t.u. e a pagare al R. S. lire 3.640.000 a titolo di risarcimento. Anche il condominio veniva condannato a pagare all’attore, a titolo risarcitorio, lire 123.000.

Rilevava il tribunale che, come accertato dal c.t.u., la non perfetta tenuta del manto impermeabilizzante del terrazzo dell’appartamento di proprietà della P. s.r.l. aveva determinato, e poteva determinare ancora, macchie di umidità nell’appartamento del R. S., mentre era da ascrivere alla responsabilità del condominio la macchia di umidità nel bagno. Pertanto, secondo il tribunale, essendo pacifico che la P. s.r.l. aveva effettuato lavori di sistemazione dei terrazzi previa rimozione delle mattonelle e rimozione del massetto sottostante, potevano essere ritenute accertate le rispettive responsabilità dei convenuti.

Avverso la detta sentenza la P. s.r.l. proponeva appello al quale resistevano il condominio ed il R. S. che spiegava appello incidentale.

Con sentenza n. 76/08 del 9 gennaio 2008 la Corte d’appello di Roma riteneva che i danni causati dalle infiltrazioni, in quanto provenienti da un lastrico solare da presumersi comune, dovevano essere risarciti dal condominio. Conseguentemente condannava quest’ultimo a rifondere alla P. s.r.l. le somme da questa versate, in esecuzione della sentenza di primo grado, al R. S.

La corte d’appello rigettava poi l’appello incidentale del R. S. sia nella parte in cui chiedeva la condanna della P. s.r.l. all’esecuzione dei lavori di impermeabilizzazione, in quanto questi risultavano essere stati già effettuati a regola d’arte; sia nella parte in cui chiedeva la liquidazione del danno non patrimoniale, trattandosi di domanda inammissibile perché preposta per la prima volta in grado di appello.

La cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma è stata chiesta dal condominio di via (omissis) con ricorso affidato a sei motivi. Hanno resistito con separati controricorsi la P. s.r.l. e R. S. il quale ha proposto ricorso incidentale sorretto da undici motivi. Il condomino ha resistito con controricorso al ricorso incidentale del R. S..

Il ricorso è stato assegnato a queste Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, c.p.c. essendo stato registrato, a seguito dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla P. s.r.l., un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione se l’amministratore condominiale, per resistere alla lite proposta nei confronti del condominio, ovvero per impugnare la sentenza a questo sfavorevole, debba o meno essere autorizzato dall’assemblea.

Tutte le parti hanno depositato memorie.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti perché relativi ad impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

  1. La resistente P. s.r.l. in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità del ricorso principale sotto due profili.

    1.1. Il primo profilo di inammissibilità si basa sull’asserita nullità della procura alle liti conferita dall’amministratore del condominio (la detta questione ha determinato la rimessione del ricorso a queste Sezioni Unite).

    Osserva la P. s.r.l. che l’amministratore non è stato autorizzato a proporre l’impugnazione dinanzi la S.C. da alcuna assemblea condominiale, e quelle indicate al riguardo nell’epigrafe del ricorso (l’assemblea del 7 novembre 2007 e quella del 5 marzo 2008) in realtà si sono occupate di tutt’altro.

    Soggiunge che l’amministratore, ai sensi dell’art. 1131 c.c., non può stare in giudizio senza l’autorizzazione dell’assemblea, e l’autorizzazione conferita per un grado di giudizio non legittima l’amministratore a proporre l’impugnazione, ovvero resistere ad essa.

    Conclude, quindi, la P...

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