Considerazioni sui motivi di disdetta di cui alle lettere a), b), c), g) del comma primo dell'art. 3 della legge 431/98

AutoreVincenzo Nasini
Pagine9-12

    Relazione svolta al Convegno dei legali della Confedilizia tenutosi a Piacenza l'8 settembre 2001.


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Da un raffronto del testo dell'art. 3 della legge n. 431/98 con la legislazione previgente in materia e, in particolare, con gli artt. 29 e 59 della legge 392/78 e con l'art. 3 della legge 253/50, emerge che la legge di riforma ha in gran parte derivato la disciplina del diniego di rinnovazione alla prima scadenza proprio da tali disposizioni.

Tali motivi, che il successivo secondo comma dell'art. 3 qualifica espressamente come tassativi, possono essere classificati in tre gruppi:

a) il primo comprende ipotesi (lettere a, b, g) riconducibili alla intenzione del locatore di usare o di vendere l'immobile, in presenza delle quali l'interesse di questi viene ritenuto meritevole di maggiore tutela rispetto a quello del conduttore alla protrazione della durata del rapporto locatizio;

b) il secondo gruppo si riferisce invece a situazioni caratterizzate dalla necessità o dalla intenzione di eseguire sull'immobile locato opere edilizie per la cui realizzazione si rende necessario l'abbandono dell'immobile da parte del conduttore (lettere d ed e).

Si tratta quindi di motivi che rispondono anche ad esigenze più generali di salvaguardia e di recupero del patrimonio edilizio;

c) il terzo gruppo (lettere c ed f) riguarda condizioni particolari nelle quali viene a trovarsi il conduttore e che fanno venir meno le ragioni di tutela del medesimo che stanno alla base dell'istituto della rinnovazione tacita del rapporto locatizio.

Le fattispecie rientranti in questo gruppo ricalcano, con alcune differenze, quelle che la legge n. 253/50 contemplava come cause di decadenza del conduttore dalla proroga legale del contratto di locazione.

Forma oggetto di questo intervento la disamina di alcuni aspetti problematici relativi ai motivi di disdetta disciplinati dalle lettere a), b), c), g) della norma in esame.

  1. Motivi di disdetta connessi all'intenzione del locatore di disporre dell'immobile per destinarlo a usi determinati elencati dalla norma (lettere a e b).

    1. Premessa.

      Le due ipotesi previste rispettivamente dalla lettera a) e dalla lettera b) del primo comma dell'art. 3 hanno in comune «l'intenzione» del locatore di disporre dell'immobile per destinatarlo a determinati usi specificamente previsti.

      La lettera a) contempla l'ipotesi in cui «il locatore intende destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado».

      Per il disposto della lettera b) la facoltà di diniego può invece essere esercitata «quando il locatore, persona giuridica, società, ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto, intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità.

      Non sussistono dubbi, con riferimento ad entrambe le ipotesi, sulla scorta della consolidata interpretazione giurisprudenziale dell'art. 29 della legge 392/78 e dell'art. 11 della legge 359/92, sul fatto che la nuova disciplina dell'istituto non richiede la necessità del locatore, ma solo la sua intenzione di disporre dell'immobile per adibirlo ad uno degli usi indicati.

      È altrettanto pacifico, d'altro canto, che tale intenzione «non concreta una cessazione del rapporto ad libitum del locatore, ma deve esprimere un intento serio cioè realizzabile tecnicamente e giuridicamente» (Cass., sez. III, 12 novembre 1994 n. 9550) e che in caso di controversia, il giudice deve indagare sulla serietà e la realizzabilità dell'intento dedotto dal locatore (Cass. 14 ottobre 1991 n. 10758).

      Ci si chiede, invece, se l'intenzione debba possedere ulteriori requisiti oltre a quelli indicati.

      È stato infatti sostenuto (TERZAGO-KOWALSKY, Locazioni abitative, 194) che dovrebbe considerarsi «naturale, anche se non è riportata la dizione dell'art. 59, che l'intenzione sia sorta dopo l'instaurazione del rapporto».

      A prescindere dal rilievo (si veda sul punto GIUGGIOLI, La nuova disciplina delle locazioni abitative, p. 42) della sostanziale impossibilità di fornire la prova del momento genetico di un'intenzione, cioè di un dato non oggettivo, che attiene alla sfera psicologica del soggetto, non può non attribuirsi rilevanza decisiva al fatto che nella lettera della legge difetta qualsiasi riferimento a tale requisito che, d'altro canto, non era richiesto neppure dall'art. 29 L. 392/78.

    2. Ambito di applicazione delle due disposizioni sotto il profilo soggettivo.

      Si è posto in dottrina anche il problema se l'ipotesi disciplinata dalla lettera a) sia applicabile a qualsiasi soggetto locatore o solamente al locatore «persona fisica».

      Chi sostiene la tesi restrittiva evidenzia come la legge parli di uso abitativo o professionale e di utilizzazione da parte di coniuge o di parenti, concetti riferibili solo alla persona fisica.

      A favore dell'interpretazione estensiva milita tuttavia il fatto che la legge fa riferimento tout court al «locatore», senza alcuna specificazione o limitazione, e che quindi non esiste alcun argomento letterale che porti ad escludere che un soggetto non persona fisica possa negare la rinnovazione adducendo l'intenzione di destinare l'immobile ad un uso, ovviamente solo proprio e non di altri soggetti, tra quelli previsti dalla norma in esame.

      V'è tuttavia chi (GRASSELLI, op. cit., p. 366) accede alla tesi restrittiva, osservando che il caso specifico della persona giuridica sarebbe già contemplato espressamente dalla disposizione di cui alla successiva lettera b) dell'art. 3.

      Sussisterebbe cioè un rapporto di specialità che renderebbe inapplicabile alle persone giuridiche la disposizione della lettera a).

      Si può tuttavia obiettare che la previsione della disposizione della lettera b) sembra circoscritta a fattispecie caratterizzate dall'esercizio delle peculiari finalità ivi previste e solo di quelle.

      In altri termini la lettera b) contempla una fattispecie di diniego caratterizzata da determinate finalità perseguite dalla parte locatrice (pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative assistenziali, culturali o di culto) del tutto diverse da quelle cui fa...

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