Considerazioni sui criteri di ripartizione delle spese per le riparazioni al lastrico solare di uso esclusivo

AutoreAntonio Garibaldi
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giur giur
Arch. loc. cond. e imm. 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
CONSIDERAZIONI SUI CRITERI
DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE
PER LE RIPARAZIONI
AL LASTRICO SOLARE
DI USO ESCLUSIVO
di Antonio Garibaldi
L’ordinanza n. 14484/2017 in rassegna ha statuito che
«L’art. 1126 c.c., obbligando a partecipare alla spesa relati-
va alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella
misura di due terzi, "tutti i condomini dell’edif‌icio o della
parte di questo a cui il lastrico solare serve", si riferisce
evidentemente a coloro ai quali appartengono unità im-
mobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezio-
ne verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle
quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione
dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non
sia sovrapposto».
La predetta pronuncia precisa inoltre: «Come meglio
ancora spiegato da Cass. sez. II, n. 2821 del 16 luglio 1976,
l’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due
terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica,
qualità di partecipante del condominio (come invece ha
ritenuto la Corte d’appello di Milano), ma dall’essere pro-
prietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna
d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della
riparazione. Del resto, è pressoché inevitabile che la ter-
razza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì
una o più parti che siano comuni a tutti i condomini, e non
solo a quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad
esempio, il suolo su cui sorge l’edif‌icio, la facciata, le fon-
dazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle
spese del bene di copertura tutti i condomini, l’art. 1126
c.c., non avrebbe alcuna pratica applicazione.»
Il principio affermato dalla Corte di cassazione, se-
condo cui i 2/3 della spesa di riparazione di un lastrico di
copertura, o di un tetto, facciano carico solo ai condòmini
«proprietari di un’unità immobiliare compresa nella co-
lonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto
della riparazione», non mi pare convincente.
Ed infatti, salvo il caso di un condominio costituito da
due caseggiati, o almeno da due corpi di fabbrica distinti
e autonomi l’uno dall’altro, e salvo la deroga contenuta in
un regolamento condominiale contrattuale, la copertura
(tetto o lastrico solare che sia) serve a tutte le unità im-
mobiliari, e non soltanto alle unità immobiliari comprese
nella colonna d’aria sottostante.
In questo senso la Corte di cassazione si era già pro-
nunciata con riferimento sia al tetto sia alle facciate con
le sentenze 3 gennaio 2013 n. 64 (Pres. Triola, Est. Petitti)
e 27 novembre 1990 n. 11423.
Nello stesso senso la Corte di cassazione si è sempre
pronunciata con riferimento ai muri perimetrali e alle
facciate di un caseggiato (Cass. 30 gennaio 1998 n. 945;
Cass. 7 marzo 1992 n. 2773; Cass. 20 gennaio 1977 n. 298),
con il logico argomento che i muri perimetrali proteggono
l’intero caseggiato. In base a tale principio, alla riparazio-
ne di una facciata debbono contribuire tutti i condòmini,
anche quelli le cui unità immobiliari si trovano lontano
dalla facciata stessa.
Questo stesso argomento può essere usato con riferi-
mento al tetto e al lastrico di copertura, che in un cer-
to senso potrebbero chiamarsi la quinta facciata, perché
come le facciate proteggono l’intero edif‌icio. Anzi la coper-
tura protegge l’intero caseggiato ancor più delle facciate
perimetrali.
Se si potesse seguire la sentenza annotata, vi sarebbe
poi da considerare che, nel caso in cui la porzione di tetto
interessata dai lavori copra certi appartamenti solo in par-
te, occorrerebbe determinare la quota di partecipazione
alla spesa in base non all’intera quota millesimale di quei
certi appartamenti, ma in base a quella parte della quota
millesimale che corrisponde al valore delle sole parti co-
perte. Da ciò deriverebbe la necessità di dare incarico ogni
volta ad un tecnico di determinare i criteri di ripartizione
della spesa di quel lavoro. Un sistema costoso e macchi-
noso, che mi pare ingiustif‌icabile. Dopo mezzo secolo di
professione forense sono sempre più convinto che, a meno
che vi siano ragioni insuperabili, «adducere incumve-
niens» sia «solvere argumentum».
3. - Con il terzo motivo, il ricorrente deduce (in via su-
bordinata al mancato accoglimento dei due precedenti) la
"violazione della tariffa professionale vigente pro tempore
(D.M. 8 aprile 2004 n. 127 in G.U. 18 maggio 2004), in rela-
zione all’art. 360 n. 3, c.p.c.. Applicazione dell’art. 41, D.M.
20 luglio 2012, n. 140 alla presente controversia". Il ricor-
rente contesta il superamento dei limiti tariffari massimi
nella determinazione delle spese processuali liquidate in
favore delle controparti vittoriose in appello.
3.1. - Il terzo motivo è inammissibile.
3.2. - Va preliminarmente osservato che la fattispecie de-
dotta in giudizio (nella quale viene contestato l’ammontare
delle spese di lite determinate nella sentenza della Corte
di appello di Venezia depositata il 19 settembre 2012) è
regolata, ratione temporis, dal D.M. 20 luglio 2012 (il cui
art. 41 recita: "Le disposizioni di cui al presente decreto si
applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in
vigore"), posto che alla data di entrata in vigore di tale de-
creto (23 agosto 2012) la prestazione professionale del cui
compenso si discute non si era ancora conclusa e che, come
chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza
n. 17405/12, la nozione di compenso rimanda ad un corri-
spettivo unitario per l’opera complessivamente prestata,
ancorchè iniziata e parzialmente svolta sotto il vigore di
discipline tariffarie previgenti (conf. Cass. 4949/17).
Inoltre, nella specie trova applicazione la disposizione
di cui all’art. 1, comma 7, del suddetto decreto 140/2012,
alla cui stregua "In nessun caso le soglie numeriche indi-
cate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei
massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente
decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la li-
quidazione stessa"; disposizione questa rispetto alla quale
è stato peraltro precisato che il giudice è tenuto ad indi-
care le concrete circostanze che giustif‌icano le deroga ai
minimi e massimi stabiliti dal medesimo D.M. (cfr. Cass. n.
18167 del 16 settembre 2015; Cass. 11 gennaio 2016 n. 253;
Cass. 3 agosto 2016, n. 16225).
3.3. - Ciò premesso, va rilevato che, nei termini in cui
risulta formulato il motivo di appello, la denuncia di viola-
zione della tariffa professionale vigente pro tempore sem-
brerebbe riferita alle tariffe di cui al D.M. 8 aprile 2004, n.
127; laddove solo in un secondo momento si rappresenta
l’applicabilità nella def‌inizione delle spese del giudizio a
quo dell’art. 41, D.M. n. 140 del 2012.
Peraltro, a supporto dell’assunto del superamento del
massimo tariffario, il ricorrente confusamente ne deduce,
prima, la non coerenza in riferimento a non meglio preci-
sati parametri tariffari (che, per dare senso al richiamo
contenuto nella sintesi del motivo, sembrerebbero presu-
mibilmente quelli dettati dal richiamato D.M. n. 127 del
2004); e, solo dopo aver rappresentato l’applicabilità ratio-
ne temporis delle tariffe di cui al D.M. n. 140 del 2012, os-
serva che è su detta nuova normativa che "va parametrato
il compenso per l’intero presente giudizio, in tutti i gradi
nei quali ha trovato svolgimento".
Tale rappresentazione delle doglianze espresse dal
motivo, e l’assenza di sicuri parametri di riferimento delle
singole voci di tariffa rispetto alle specif‌iche attività ef-
fettivamente svolte nei diversi gradi di giudizio, comporta
(in mancanza di autosuff‌icienza del motivo) l’impossibi-
lità di operare una sicura valutazione della legittimità o
meno della contestata quantif‌icazione operata dal giudice
di appello. Secondo il principio affermato da questa Cor-
te, la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la
liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli
onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi ta-
riffari, ha l’onere di specif‌icare analiticamente le voci e gli
importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito
sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ri-
tenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice
riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in
eccesso rispetto alla tariffa massima (Cass. n. 18086 del
2009; conf. Cass. n. 3651 del 2007; n. 2626 del 2004).
4. - Il ricorso pertanto va rigettato.
4.1. - Le spese seguono la soccombenza e si liquidano
come da dispositivo. Va emessa altresì la dichiarazione di
cui all’art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. VI, ORD. 10 MAGGIO 2017, N. 11484 (*)
PRES. PETITTI – EST. SCARPA – RIC. M. (AVV.TI ROMANELLI E MAGNAGHI) C. S.
(AVV.TI ZICCHEDDU E PIROCCHI)
Contributi e spese condominiali y Riparazione
del lastrico solare esclusivo y Criterio di riparti-
zione ex art. 1126 c.c. y Condòmini tenuti al paga-
mento dei 2/3 della spesa y Individuazione y Colon-
na d’aria sottostante y Proprietari individuali delle
singole unità immobiliari.
. In tema di condominio negli edif‌ici, agli effetti del-
l’art. 1126 c.c., i due terzi della spesa delle riparazio-
ni o ricostruzioni del lastrico solare di uso esclusivo
sono a carico non di tutti i condòmini, in relazione alla
proprietà delle parti comuni esistenti nella colonna
d’aria sottostante, ma di coloro che siano proprietari
individuali delle singole unità immobiliari comprese
nella proiezione verticale di detto lastrico, alle quali,
pertanto, esso funge da copertura. (Mass. Redaz.) (c.c.,
art. 1126) (1)
(1) La sentenza è già stata pubblicata in questa Rivista 2017, 426. Si
ripubblica la sola massima con nota di ANTONIO GARIBALDI.

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