Le caratteristiche del giudizio di merito conseguente all'instaurazione del procedimento per convalida

AutoreAldo Carrato
Pagine127-129

Page 127

Una delle problematiche maggiormente affrontate in ambito locatizio ha riguardato l'inquadramento della seconda fase a cognizione piena che consegue, una volta instaurato il procedimento correlato ad una delle intimazioni previste dagli artt. 657 e 658 c.p.c. (rispettivamente di licenza e sfratto per finita locazione o di sfratto per morosità), alla mancata emanazione del provvedimento di convalida, con particolare riferimento all'individuazione dell'oggetto che caratterizza tale fase e al rapporto che intercorre tra lo stesso e l'ordinanza provvisoria di rilascio eventualmente emessa, ai sensi dell'art. 665 del medesimo codice di rito, all'esito della fase a cognizione cosiddetta sommaria.

In via preliminare si osserva che, una volta esauritasi, in presenza dell'opposizione dell'intimato, la prima fase speciale con l'emissione o il diniego dell'ordinanza provvisoria di rilascio 1, il procedimento - previa adozione dell'inerente provvedimento di mutamento del rito ai sensi dell'art. 667 c.p.c. - deve appunto transitare (salva la rinuncia agli atti del giudizio debitamente accettata) nella successiva fase di merito a cognizione piena, in ordine alla quale trova applicazione il rito locatizio secondo le disposizioni prescritte dall'art. 447 bis del codice di rito 2.

L'ordinanza con la quale viene disposto il mutamento del rito si atteggia come un provvedimento endoprocessuale, che regolamenta, cioè, il processo dinanzi al giudice investito con la domanda introduttiva e ne disciplina le forme, senza assumere un carattere definitivo, anzi connotandosi per la sua revocabilità. Pertanto, alla stregua del suo fisiologico contenuto ordinatorio, ad avviso della costante giurisprudenza l'eventuale diversità del rito applicato (e non modificato nel corso del giudizio) produce, di per sè, una nullità relativa sanabile col raggiungimento dello scopo o con l'acquiescenza e che può legittimare la proposizione dell'impugnazione soltanto quando abbia inciso sul piano processuale, provocando un concreto pregiudizio.

Premesso ciò, va sottolineato che con l'ordinanza di conversione il giudice, in applicazione dell'art. 426 c.p.c., deve concedere alle parti un termine perentorio per il deposito di memorie integrative degli atti introduttivi, nelle quali potranno essere precisate e modificate le domande, o indicati i mezzi di prova dei quali le parti stesse intendono avvalersi con riferimento alla situazione sostanziale individuata con la citazione per la convalida 3.

L'ordinanza in discorso deve essere notificata all'intimato che non si sia formalmente costituito nella fase speciale, ma si sia limitato a comparire personalmente per formalizzare la sua opposizione, a meno che il provvedimento di mutamento del rito non sia stato adottato direttamente in udienza alla sua presenza 4.

Sotto un profilo più strettamente processuale deve evidenziarsi che, nel limite temporale preclusivo appena ricordato, all'attore deve essere riconosciuta la facoltà di introdurre mutamenti della causa petendi, così come al convenuto deve essere conferita la legittimazione a proporre, non soltanto nuove eccezioni, ma anche domande riconvenzionali che traggano origine dalla domanda di rilascio contro lo stesso formulata. Sulla scorta di questa impostazione deve precisarsi che quest'ultima attività non può ritenersi preclusa dall'avvenuta celebrazione dell'udienza demandata all'eventuale convalida nell'ambito della fase speciale, poiché l'unica attività che in essa l'intimato deve compiere, perché non incorra nelle conseguenze della convalida, è di comparire (almeno) personalmente al fine di opporsi in via generale all'istanza di convalida 5.

A seguito dell'opposizione viene, dunque, a configurarsi la trasformazione del procedimento ed il passaggio ad una fase di merito del giudizio caratterizzata da cognizione piena destinata a concludersi con la pronuncia di una normale sentenza di condanna del conduttore al rilascio, se la domanda del locatore venga accolta, ovvero, in caso contrario, di accertamento negativo del diritto al rilascio 6.

Sul punto la più recente giurisprudenza 7 ha puntualizzato che nel procedimento per convalida l'opposizione dell'intimato ex art. 665 c.p.c. determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un procedimento nuovo ed autonomo, appunto a cognizione piena da svolgersi nelle forme del rito del lavoro, nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa per il locatore la possibilità di proporre a fondamento della domanda una causa petendi diversa da quella originariamente dedotta, e per il conduttore la possibilità di formulare nuove eccezioni e di spiegare domande riconvenzionali 8.

Con questo prevalente orientamento giurisprudenziale si è inteso superare anche quell'indirizzo sostenuto in alcune pronunzie 9, ad avviso delle quali si sarebbero dovute considerare inammissibili le domande nuove proposte dal locatore nella memoria di cui all'art. 426 c.p.c. 10. In particolare l'ultima giurisprudenza 11 sottolinea che, nel pre vedere che a seguito dell'opposizione del convenuto-intimato il giudizio di convalida prosegue Page 128 nelle forme del rito speciale delle controversie di lavoro (secondo il paradigma normativo di cui all'art. 447 bis c.p.c., introdotto dall'art. 70 della stessa legge n. 353 del 1990), l'attuale disposto dell'art. 667 c.p.c. non ha infatti escluso l'effetto dalla giurisprudenza tradizionalmente attribuito all'opposizione del predetto intimato, consistente nella trasformazione 12 del procedimento di convalida in un normale processo a cognizione piena nel quale il locatore, anziché giovarsi delle disposizioni previste dagli artt. 663-666 c.p.c., deve dare la...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT