Confisca ed esecutività nel processo penale: un rapporto in chiave di protezione bidirezionale

AutoreIvan Borasi
Pagine7-10
7
dott
Arch. nuova proc. pen. 1/2015
DOTTRINA
coNfiscA ed esecUtività
Nel Processo PeNAle:
UN rAPPorto iN chiAve
di ProtezioNe bidirezioNAle
di Ivan Borasi
Nel processo penale, vexata quaestio è rappresentata
dalla relazione tra le varie f‌igure di sequestro, viste nella
loro dinamicità, e gli effetti dell’irrevocabilità delle corre-
late statuizioni lato sensu sanzionatorie (1); la nozione di
garanzia, o cautela (2), dell’effettività, è alla base di tale
rapporto in chiave utile.
La conversione in senso lato, è logicamente lo strumen-
to processuale pensato al f‌ine di risolvere tale inferenza,
ma non è bastevole in senso assoluto nella branca specif‌i-
ca, anche in rapporto alla legittimazione di richiesta.
Il rapporto de quo, deve essere analizzato partendo
dalle norme di conversione di cui agli artt. 262 commi 2 e
3, 323 comma 4 c.p.p.; risulta chiaro come la ratiodi rife-
rimento sia portata dalla negazione di ogni automatismo
di conversione tra sequestri (3), viceversa richiedendosi
sempre un “nuovo” accertamento di legittimazione e ap-
plicabilità da parte del giudice procedente (4). Diverse
le ipotesi portate dagli artt. 262 comma 4, 320 comma 1
c.p.p., ove si individuano ipotesi di vere e proprie trasfor-
mazioni ope legis,che presuppongono un accertamento del
giudice procedente in ordine ad una statuizione lato sen-
susanzionatoria,divenuta irrevocabile. L’art. 323 comma 3
c.p.p. individua, invece, un caso di permanenza dinamica
di effetti, che presuppone sì un accertamento come prima,
ma non ancora stabilizzatosi in via def‌initiva.
La disciplina predetta, vista in chiave di sistema, evi-
denzia un chiaro vulnusdi fondo, soprattutto con riferi-
mento alla sanzione lato sensu della conf‌isca processuale
(5), quello di non prevedere automatismi chiari di tutela
interinale diversi dai sequestri, anche amministrativi,
volti a permettere un soddisfo f‌inale, avendo la statuizione
alla base comunque una pronuncia a cognizione piena
(6), seppur non def‌initiva ed esecutiva.
Tale conclusione, è dovuta sulla base del reale assunto
che, seppure il rapporto sequestro/conf‌isca sia da def‌inirsi
naturale, non possa comunque qualif‌icarsi come obbliga-
torio (7); questa precisazione non può lasciare l’interprete
inerte di fronte alle ipotesi, f‌isiologiche o patologiche, di
tale mancata corrispondenza, soprattutto in chiave evolu-
tiva d’effettività di disciplina (8).
Dato il predetto substrato normativo, risulta chiaro
sul punto il def‌icit di protezione legale di una statuizione
giurisdizionale di natura patrimoniale, potenzialmente
def‌initiva (9); considerazione questa che deve portare ad
una necessaria opera “creativa” da parte del giurista. Sus-
sistono, infatti, zone grigie non esplorate dalla normativa
procedurale, che abbisognano di essere in qualche modo
colmate al f‌ine di una tutela piena, anche in favore dello
Stato, ma non solo.
Presupposti tali acclarati limiti di disciplina, deve es-
sere chiara la distinzione tra le f‌igure della sanzione stric-
to sensu, rispetto al vincolo cautelare (o potenzialmente
tale) temporaneo, sullo sfondo della grande famiglia del
risarcimento lato sensu. Elemento imprescindibile di
queste rif‌lessioni, è la presa di coscienza del vincolo forte
legato alla tassatività di legittimazione all’utilizzo delle
f‌igure giuridiche esistenti, al f‌ine di programma, spesso
a scapito proprio delle esigenze di tutela degli interessi
patrimoniali dello Stato; proprio tale limite di partecipa-
zione procedurale, legato alla qualif‌icazione di una f‌igura
giuridica come sanzione, invece che di risarcimento, porta
spesso ad un problema di tutela, soprattutto di accesso
al contraddittorio sul punto (10). La qualif‌icazione della
conf‌isca come sanzione, e non come parte in senso lato del
genus danno (11), sconta la classica derivazione di que-
st’ultimo in chiave di risarcimento reintegrativo (12), e
non comunque anche punitivo lato sensu, portando a far sì
che venga perlopiù demandata alla sola pubblica accusa,
come per la pena in senso stretto, la tutela in puncto. Ciò
non signif‌ica voler in modo copernicano impiantare ex se
nell’ordinamento interno la f‌igura comparata dei punitive
damages (13), quanto prendere coscienza di corollari
indefettibili a principi e normazione viventi, come quello
della peculiare allocazione del danno da parte della san-
zione conf‌isca (14), da vedersi conseguentemente anche
come pena privata in funzione deterrente (15). Il concetto
di pena privata (16), di fonte legale, è contraltare alla no-
zione di danno (evento (17)) alla collettività (18), come
tale suscettibile di risarcimento in quanto derivante da
una responsabilità (civile), nei confronti dello Stato (19).
Tali considerazioni bypassano le quaestiones in tema di
arricchimento senza causa (20) legato all’allocazione del
c.d. “danno punitivo”, evitando comunque la locupletazio-
ne del reo (21). In altre parole, il danno, a seconda del-
l’allocazione soggettiva, può essere considerato punitivo
oppure (para)risarcitorio, soprattutto se visto in chiave di
un interesse collettivo. Dal versante della tutela poi, que-
sta peculiare visione porta ad una lettura della conf‌isca
non più solamente come sanzione, o misura sanzionatoria,
quanto anche e come interesse patrimoniale del soggetto
a favore del quale ne è allocato l’effetto, in particolare lo
Stato. Lo status quonormativo porta a far sì che, di fronte a
possibili conf‌ische f‌inali, magari contrapposte ad esigenze
di terzi, quali i danneggiati in via diretta (o indiretta) da
reato (22), lo Stato sia tutelato processualmente dalla
pubblica accusa, mediante organo naturalmente deputato
ad altra funzione primaria quindi, non consentendosi in-
vece, quantomeno in via sussidiaria, la costituzione come
parte eventuale a tutela dedicata dei predetti interessi
(23), a differenza poi dell’ipotesi in cui lo stesso voglia

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