Conduttore e regolamento condominiale

AutoreAlberto Celeste
Pagine41-47

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@1. Premessa.

Non sempre il rapporto di locazione e quello di condominio, ove interferenti sotto il profilo fattuale, costituiscono due realtà avulse l'una dall'altra dal punto di vista giuridico.

Se, talvolta, risulta indifferente per i condomini, presi singolarmente o considerati collettivamente, come un proprietario di una unità immobiliare sita nello stabile condominiale abbia utilizzato la stessa, vale a dire usandola per proprie finalità o locandola a terzi, talaltra, le particolari modalità di godimento da parte del conduttore della cosa locata possono interessare il condominio.

Sembra abbastanza delineata la situazione relativa alla riscossione dei contributi condominiali.

In maniera sintetica - in quanto esulante dall'oggetto di queste note - si può ricordare che, da un lato, con l'art. 9 della legge 392/78, il legislatore ha inteso definire analiticamente i criteri di ripartizione degli oneri accessori del canone tra locatore e conduttore, oneri che, nel sistema della legge sul c.d. equo canone, hanno acquisito una fisionomia diversa, divenendo elemento della stessa controprestazione; dall'altro lato, il successivo art. 10 prevede che il conduttore possa avere diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere dell'assemblea condominiale relative alle spese ed alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria, mentre abbia diritto di intervenire, senza però la possibilità di voto, sulle statuizioni concernenti la modificazione degli altri servizi comuni.

In proposito, la giurisprudenza di legittimità, sul rilievo che la legge n. 392 citata disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio, ha affermato che l'amministratore ha diritto - ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. c.c. - di riscuotere pro-quota i contributi, relativi alle spese di manutenzione delle cose comuni ed ai servizi comuni, direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un'azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari facenti parte del condominio (cfr., tra le altre, Cass. 12 gennaio 1994, n. 246, in Arch. loc., 1994, 297; Cass. 28 ottobre 1993, n. 10719, in Foro it., 1994, I, 2179; Cass. 14 luglio 1988, n. 4606, in Giur. it. 1989, I, 1, 255, con nota di F. BASILE).

Le pronunce di cui sopra attribuiscono rilievo preminente alla constatazione che il mancato pagamento degli oneri condominiali da parte del conduttore costituisce causa di risoluzione del contratto di locazione; ciò significa manifestatamente che, se il locatore può agire per l'inadempimento del conduttore, egli e non quest'ultimo, è obbligato in via diretta alla corresponsione all'amministratore del condominio delle somme dovute; decisamente minoritaria è, invece, la ricostruzione di un'obbligazione del conduttore di pagare direttamente all'amministratore la quota degli oneri accessori, e, di converso, di attribuire all'inquilino in legittimazione passiva rispetto all'azione giudiziaria esercitata dall'amministratore per la riscossione dei contributi dei condomini morosi, o la configurazione nel segno della solidarietà delle obbligazioni verso il condominio del locatorecondomino e dell'inquilino (a parte qualche isolata posizione della dottrina, v., tra gli altri, S. SANTANGELO, Modificazione del rapporto di locazione-condominio alla luce della legge n. 392/78, in Arch. loc. 1989, 625, tra le decisioni di merito si segnalano Pret. Verona 17 settembre 1986, ivi 1987, 577; Pret. Grosseto 10 gennaio 1986, annotata criticamente da A. GIRALDI, ivi 1986, 513, e Trib. Milano 11 febbraio 1980, ivi 1980, 405).

Quindi, anche se relativamente alle spese del servizio comune di riscaldamento compete al conduttore il diritto di voto, in luogo del condomino-locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione ex art. 10 di cui sopra, il mancato pagamento degli oneri condominiali da parte dello stesso conduttore - che ha soltanto l'obbligo di tenere indenne il locatore di quanto da costui pagato per i servizi comuni fruiti da chi ha avuto in godimento la cosa principale - rileva soltanto per il locatore, che potrà agire per la risoluzione del contratto per inadempimento ai sensi dell'art. 5 della legge n. 392/78 a causa del mancato rimborso degli oneri accessori a suo carico (cfr., altresì, Cass. 13 gennaio 1995, n. 384, in Foro it., 1995, I, 2864; Cass. 3 febbraio 1994, n. 1104, in Arch. loc., 1994, 559; Cass. 27 novembre 1989, n. 5160, ivi 1990, 166; in senso conforme, tra i giudici di merito, cfr., ex multis, Pret. Roma 1 marzo 1983, in Nuovo dir., 1983, 317, con nota di G. MELIADO).

In tutti questi casi, è preliminare la risoluzione della questione in ordine alla natura del diritto di partecipazione del conduttore, per affrontare poi le problematiche connesse alla sua convocazione, agli effetti dell'omesso avviso e quindi all'impugnabilità delle relative delibere.

Sommariamente, si rammenta che le opinioni divergono tra chi reputa sussistere l'obbligo di convocazione da parte dell'amministratore che sia stato tempestivamente edotto dalla locazione, e chi pone invece a carico del locatore l'obbligo di rituale convocazione dell'inquilino.

Seguendo la prima tesi, che ha trovato pochi consensi in giurisprudenza e dottrina, stante la completa equiparazione del conduttore al condomino operata dall'art. 10 della legge 392/78 - salvo sempre l'onere del locatore di effettuare all'amministratore le necessarie segnalazioni in ordine all'esistenza del rapporto di locazione - deve quindi concludersi che l'omesso avviso al conduttore vizia la delibera, al pari dell'omessa convocazione di un condomino, e rende la delibera stessa impugnabile al di fuori del termine di decadenza ex art. 1137 c.c. in quanto radicalmente nulla (cfr., tra le sentenze di merito, Trib. Forlì 20 marzo 1987, in Foro romagnolo, 1987, 167, nonché Trib. Roma 4 febbraio 1986, in Rass. equo canone, 1986, 152).

Seguendo la seconda tesi, decisamente maggioritaria, la mancata convocazione produrrebbe, invece, i suoi effetti esclusivamente nel rapporto interno tra proprietario e conduttore; si pensi, tanto per fare un esempio, alla domanda promossa dal locatore per il rimborso delle spese concernenti il servizio di riscaldamento, cui resiste il conduttore adducendo la mancata convocazione, da parte del proprietario, all'assemblea condominiale che ha avuto per oggetto la delibera su tali spese (il mero omesso avviso non esclude l'obbligo del conduttore di pagare il corrispettivo per un servizio di riscaldamento di cui ha comunque beneficiato,Page 42 ma il conduttore potrebbe sottrarsi del tutto o in parte a tale pagamento se dimostra che le modalità di gestione del relativo servizio adottate con la delibera viziata gli abbiano determinato una ridotta utilità del servizio stesso).

In tal senso, è orientata la prevalente giurisprudenza, secondo cui l'art. 10 della legge 392/78 non ha comportato modificazioni al disposto dell'art. 66, terzo comma, disp. att. c.c., che disciplina la comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea ai soli «condomini», con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non al conduttore dell'appartamento, restando solo il primo a farsi parte diligente, per informare il secondo dell'avviso di convocazione ricevuto dall'Amministratore onde consentirgli di partecipare alle delibere previste dal citato art. 10, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possa farsi ricadere sul «condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione» (così Cass. 22 aprile 1992, n. 4802, in Arch. loc., 1992, 659; in quella di merito, si segnalano Trib. Milano 6 giugno 1988, in Giur. it., 1989, I, 2, 328, con nota di F. BASILE, e App. Genova 22 luglio 1985, in Foro it., 1986, I, 3137; in dottrina, v. R.G. BALZANI, Non è l'amministratore a dover invitare gli inquilini alle assemblee, in Arch. loc., 1987, 19).

Detta interpretazione, del resto, trova anche conforto nelle disposizioni del codice civile, che disciplinano, da un lato, la materia condominiale negli edifici, e, dall'altro, il contratto di locazione di immobili urbani; nell'ambito del condominio, poi, l'amministratore agisce in forza di un mandato con rappresentanza ricevuto dai singoli condomini, mentre, nell'ambito del contratto di locazione, il locatore ed il conduttore contraggono reciproci diritti ed obblighi, nel contesto di un rapporto che ha effetto solo inter partes, senza alcun riflesso rispetto ai terzi estranei a tale rapporto, quali il condominio e gli altri condomini.

Orbene, tale «estraneità» affievolisce (fino a quasi scomparire) per quanto concerne l'osservanza, da parte del conduttore, del regolamento condominiale; in altri termini, se il rapporto tra l'inquilino ed il condominio - stando all'interpretazione maggioritaria - viene, di regola, mediato dal locatore con riferimento al pagamento degli oneri condominiali, alle relazioni con l'amministratore ed all'avviso di convocazione all'assemblea (salva la possibilità per il conduttore di impugnare quelle deliberazioni viziate per cui ha diritto di votare, cfr. Cass. 18 agosto 1993, n. 8755, in Foro it, 1994, I, 2180), il medesimo rapporto diventa diretto relativamente al rispetto delle clausole regolamentari, comportando un fascio di problematiche connesse che appare opportuno analizzare partitamente.

@2. Posizione del conduttore.

È oramai ius receptum che il conduttore, il quale subentra nel godimento dell'immobile nelle stesse posizioni del locatore, è soggetto alle stesse limitazioni e, in particolare, è tenuto all'osservanza del regolamento condominiale.

Al riguardo, va premesso che, per giurisprudenza costante, nell'ambito dei regolamenti condominiali, occorre distinguere le clausole con contenuto tipicamente regolamentare, dirette a disciplinare la conservazione, l'uso ed il...

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